...NEPPURE IL NOME FU VUOTO
DI UN PARTICOLARE SIGNIFICATO...
Madre Margherita Tanlongo
CENNI BIOGRAFICI
Madre M. Margherita Tanlongo nacque a Roma il 14 dicembre 1883 da Pietro e Maria Santovetti , genitori profondamente pii che la formarono per tempo alla pietà e alla pratica delle virtù cristiane.
Fu educata ed istruita nel Collegio di S. Dorotea della Beata Paola Frassinetti, in Roma.
Sentì presto l'attrattiva per la vita religiosa ma volle consacrarsi a Dio fra le Suore Oblate del Sacro Cuore di Gesù, perché aspirava a testimoniare a Cristo il suo amore nella vita di austera povertà della nascente Congregazione.
All'età di 21 anni, dopo avere finalmente ricevuto il consenso del papà, il 6 gennaio 1905 cominciò la sua vita religiosa nella povera casetta in Grottaferrata (Roma), ove dalla Fondatrice Madre Teresa Casini venne formata alle virtù religiose, necessarie per realizzare la speciale vocazione pro Sacerdozio, cui Dio la chiamava.
Nell'Opera dei Piccoli Amici di Gesù si prodigò con dedizione e ardore per conseguire la finalità di favorire le vocazioni sacerdotali, ed esultava di riconoscenza al Signore per quelli che raggiungevano l'alta meta di: « grandi Amici di Gesù », diventavano, cioè, Sacerdoti.
Eletta Superiora Generale il 19 agosto 1937, subito dopo la venerata Fondatrice, ella eseguì e completò il carisma della Madre Casini, promuovendo e organizzando le Opere in favore del Clero, che sostenne con impegno e amore nei ventisei anni in cui diresse l’Istituto.
Durante questo periodo fondò varie Case nell'Italia e negli Stati Uniti d'America, rendendosi ovunque presente di persona e con lo scritto per tener desto l'ideale della sua Famiglia Religiosa.
Nell'agosto del 1963, non potendo continuare a governare l'Istituto, a causa dell'età e della malferma salute, fu sostituita, per decisione capitolare, da madre Rosina Luisi.
Allora dall'Autorità Ecclesiastica le fu dato il titolo di «Superiora Generale Emerita».
Pur non avendo più autorità ufficiale, rimase sempre il cuore vivo dell’Istituto, la fonte cui si attingeva l'autentico spirito della Madre Casini, la consigliera discreta e riservata, il modello a portata di mano cui ispirarsi.
Il 13 febbraio 1964 Sua Santità Paolo VI, tramite l'Eminentissimo Card. Luigi Traglia — Suo Vicario per la Diocesi di Roma — le conferì l'onorificenza « Pro Ecclesia et Pontifice » —che Ella accettò con umiltà, attribuendo all'Istituto un tale onore.
Con la preghiera e la sofferenza suggellò la sua lunga e laboriosa giornata all'alba del 3 maggio 1971, realizzando in pieno la sua aspirazione: « Per Te, o mio Dio, per la tua gloria, per i tuoi Sacerdoti, io tua Oblata, voglio essere nella Chiesa un sacrificio perenne».
ANNUNCIO DELLA MORTE
Viva il Sacro Cuore di Gesù!
Roma, 8-5-1971
Carissime Figlie,
il Signore ha voluto che toccasse a me dare a tutto l'Istituto il triste annunzio: la Madre Margherita, veneratissima e carissima a tutte le Suore Oblate ed a tutti coloro che l'hanno conosciuta, in primo luogo i Sacerdoti, è morta!...
Negli ultimi giorni della sua preziosa esistenza, quando le ero vicina, seduta accanto al suo letto, provavo la sensazione di trovarmi, presso uno di quei santi di cui avevo letto la vita e il cui transito sereno e dolce mi era rimasto impresso nella mente. E credo di essermi trovata davvero accanto ad una santa, che si accingeva a lasciare la terra, per tornare alla casa del Padre.
Si è spenta come si spegne una lampada, con gli stessi crepitii che si avvertono, quando si è consumata l'ultima goccia d'olio che la alimentava; e nel suo respiro, divenuto oltremodo affannoso, ha potuto sussurrare: «Ormai tutto è consumato!».
Giovane avvenente, nobile, ricca, colta, di fronte ad un avvenire che le si presentava radioso di promesse, abbandonò tutto, entrò tra le « Vittime del Sacro Cuore di Gesù », nel piccolo e povero monastero di Grottaferrata. Ed ha vissuto davvero la vita di Vittima; ha consumato l'olocausto col suo Sposo Crocifisso, perpetuando nella Chiesa il Sacrificio della salvezza. Ha vissuto con Cristo il Sacerdozio mistico, il Sacerdozio d'amore, concentrando la dinamicità della sua esistenza verso il bene del Sacerdozio gerarchico.
La santità del Sacerdozio, le vocazioni sacerdotali, l'assistenza alle Comunità Parrocchiali, l'aiuto ai Sacerdoti e ai Seminaristi poveri, le case di soggiorno e di riposo messe a loro disposizione, erano per Lei il «polo» verso il quale convergevano il suo grande cuore e l'attività delle sue singolari risorse.
Tutta qui la sintesi di 87 anni di vita! « Essenzialità » nota a Dio solo, ma i cui riflessi sono stati colti da chi le è vissuto accanto. Infatti le frasi, uscite più dal suo cuore che dalle sue labbra, sono stati sprazzi di luce, che hanno permesso a chiunque l’avvicinasse e in modo particolare a noi sue figlie di conoscere la santità nascosta di questa Donna, degna di essere posta accanto alla Madre Teresa.
Ecco le più ripetute: « Vi raccomando!... ti raccomando!... ». Ma che cosa? Tutto quello che aveva di più prezioso nel cuore; tutto quello che era stato l'unico e solo ideale della sua vita, l'unica e sola realtà della sua esistenza offerta e donata senza riserva: « Vi raccomando!... ti raccomando!... ». Ciò che le era stato sempre tanto caro; ciò che, aveva sempre cercato di infondere nelle anime nei lunghi anni della sua vita; ciò che avrebbe voluto partecipare a tutto il mondo, come emanazione di un desiderio nascosto e intensamente coltivato!... «Vi raccomando!... ti raccomando!... » Ma alla fine, che cosa? « Il Sacro Cuore di Gesù! lo Spirito dell'Istituto!... i Sacerdoti!... le Opere dell’Istituto! ».
Lo Spirito dell'Istituto aveva assorbito tutta l'anima sua fino a trasformarla in pura trasparenza di esso.
Figlie mie, l'esempio è luminoso! Ella è per noi come un faro che ci addita la via; seguiamola mettendo i nostri piedi sulle sue orme, anche se dovranno insanguinarsi. Siamo generose nella nostra offerta totale; alimentiamo la nostra lampada con l'olio purissimo dell'amore e consumiamo il nostro sacrificio fino a poter dire come Lei: « Tutto è consumato ». Sentiamoci responsabili; non lasciamo cadere nel vuoto il ricco patrimonio spirituale lasciatoci dalle sante Consorelle che ci hanno preceduto. Tremiamo al solo pensiero di poter avere la triste possibilità di non apprezzare, come si deve, il carisma ricevuto, conservato e trasmesso da queste anime eroiche.
Per ovviare a tanto male, una cosa sola è necessaria: purificare in noi tutto ciò che si oppone alla realizzazione della vocazione di Oblata, come le riserve personali nella donazione, le sfumature della carità, quando essa richiede la rinunzia ai nostri punti di vista; l'umiltà nell'obbedienza e nell'osservanza della Regola. Gesù dice « Se il grano di frumento non muore, non porta frutto » e se la morte è sempre amara, i frutti tuttavia sono preziosi.
Figlie mie, che il nostro sacrificio sia perenne. La Madre Margherita, in uno dei suoi ultimi pensieri, dice: « Per Te, mio Dio, per la tua gloria, per i tuoi Sacerdoti, io tua Oblata, voglio essere nella Chiesa di Dio un sacrificio perenne. Che le pene, le angosce, i dubbi, i dolori fisici si succedano senza interruzione nella mia vita, come sgorga perenne l'acqua dalla fonte ».
E con ciò termino; ma non finirei di ripetere: «Ti raccomando; vi raccomando!... ». Le ultime parole che i nostri cari pronunziano prima di lasciarci sono preziose.
Con affetto vi abbraccio.
Madre Agnese Bifaro
Superiora Generale
TESTAMENTO D'AMORE
Roma, 2-2-1964
TESTAMENTO DI AMORE
Carissime figlie, sento che la mia vita volge al termine, ma prima che i miei occhi si chiudano per sempre alla luce, voglio in primo luogo domandarvi perdono dei cattivi esempi che vi ho dato, sia come suddita che come Superiora e di tutto vi domando scusa, mentre vi ringrazio della bontà e della pazienza che avete avuto con me, specialmente in questi ultimi anni, nei quali il Signore ha voluto togliermi dall'attività perché Lo seguissi nel silenzio e nel sacrificio.
Io Lo benedico e Lo ringrazio, perché Egli ha tutti i diritti sulle sue creature e soprattutto sulle sue Oblate. Egli ci dà la vita e noi, Oblate, gliela ridoniamo generosamente, perché ne faccia liberamente quello che vuole.
Nel libretto dello « Spirito dell'Istituto » che vi consegnai, un po' aggiornato, qualche anno fa, troverete tutto quello di cui deve essere ripiena la nostra anima, per rispondere alla grande vocazione di « Oblata », cioè di anima offerta a Dio in spirito di riparazione e di amore per il bene e la santificazione dei suoi Sacerdoti. Si tratta dello «Spirito » uscito dal cuore ardente della nostra venera¬ta Madre Teresa, dalla sua anima generosa che non ha mai contato i sacrifici compiuti.
Leggete attentamente quel libretto e che esso sia sempre il cibo sostanzioso della vostra vita di Oblata. Dall'approfondimento di questa spiritualità scaturisce la nostra missione.
Bisogna che tutte siamo consapevoli della grandezza dello scopo dei nostri Collegi dei Piccoli Amici di Gesù, istituiti per favorire la manifestazione della vocazione sacerdotale. Essi non sono semplicemente luoghi di educazione, dove i bambini vengono accolti, educati ed istruiti, con lo scopo di prepararli alla vita e renderli un giorno buoni ed onesti cittadini, ma noi i nostri Collegi dobbiamo riguardarli come qualche cosa di grande e di altamente sublime, che si distacca dagli altri Istituti di educazione appunto per il suo scopo speciale. Figlie mie, non è certamente nostra possibilità e nostro compito infondere la vocazione al Sacerdozio nelle anime dei piccoli: questo è dono di Dio e solo a Lui spetta la scelta. Ma la chiamata di Dio, molte volte resta sconosciuta o viene soffocata, disprezzata, dissipata... Oggi troppe famiglie non sono più quelle di una volta; molte madri non conoscono più la grandezza di un tale dono, né lontanamente desiderano la vocazione al Sacerdozio per i loro figli, anzi non si preoccupano neppure di custodire la loro onestà e purezza; quando hanno dato loro la vita naturale, si preoccupano soltanto che questa si sviluppi forte e robusta, credendo così di aver assolto il loro compito.
E la voce di Dio chi l'ascolta? E il seme prezioso chi lo cura?... Riflettendo su ciò, la nostra carissima Madre Teresa disse: «Noi sostituiremo le mamme e metteremo queste piccole anime in un ambiente dove un tanto dono non vada perduto e, conservando intorno a questi cari piccoli tutta la dolcezza dell'ambiente familiare, prepareremo il terreno affinché il prezioso seme possa germogliare ed, a suo tempo, dar frutti ». Questa è la preziosa eredità ricevuta dalla nostra venerata Fondatrice, il cui pensiero noi dobbiamo tradurre in pratica. Ora, nella speranza che vogliate raccogliere, insieme a quello della Madre Teresa, anche il mio pensiero, comprenderlo, amarlo e farlo vostro, intendo parlare dell'Opera delle Parrocchie, che tanto bene si unisce a quelle attività che l'Istituto ha voluto e vuol compiere a favore del Clero.
Voi sapete quanto mi stia a cuore quest’Opera ora più che mai, visto il gran bene che può fare ai Sacerdoti e la soddisfazione ed il compiacimento dei Superiori Ecclesiastici (espressione della divina volontà), che apprezzano ed approvano questo umile, nascosto, ma efficacissimo lavoro a beneficio dei Sacerdoti specialmente quelli in cura di anime, ai quali si dà la possibilità di fare una vita comunitaria, che porta loro grandissimi vantaggi.
Pensate che onore è per noi, fare per loro quello che la Madonna faceva per Gesù e quello che facevano le pie donne al seguito del Maestro divino nelle sue corse apostoliche. Esse mettevano a disposizione di Gesù e del gruppo dei discepoli le loro fatiche, il loro denaro, la loro ospitalità, a Cafarnao, a Betania, al Cenacolo, sempre fedeli a Lui fino a seguirlo per la via della Croce, insieme a Maria Santissima. Si tratta di azioni semplici, umili, nascoste le nostre, ma quale valore non acquistano davanti a Dio «queste attività», quando consideriamo a chi sono dirette!... I Sacerdoti sono la pupilla degli occhi di Dio, l'alto amore in cui si assommano tutti i divini amori per le anime. Pensate: queste anime privilegiate, predilette, ma pur sempre creature umane hanno bisogno di tante cose, di tutte quelle piccole cose, di cui è composta la vita. E dove e a chi potranno rivolgersi, dopo aver fatto il sacrificio di tutto?...
Gesù disse un giorno alla Madre nostra: « Dammi dei Sacerdoti santi » ed allora io penso che, avendo ereditato il suo spirito ed il suo pensiero, tutto quello che da parte nostra può cooperare alla loro santificazione, dobbiamo sentire il dovere di farlo, costi quel che costi. E credete forse che il nostro lavoro nelle Case del Clero e soprattutto nelle Parrocchie, non sia uno dei mezzi più efficienti per cooperare alla santificazione sacerdotale? Voi immaginate uno o due Sacerdoti, soli, senza una mano amica che sovvenga a tante piccole e grandi necessità della loro vita quotidiana, come faranno a compiere serenamente tutti i doveri e gli impegni del loro sacrosanto ministero?...
Ah! se ci fosse ancora la Madre Teresa!... Se oggi vedesse tanti frutti di bene; se potesse constatare che l'Autorità Ecclesiastica si dimostra così favorevole a quest'Opera e tanto la incoraggia, quanto si rallegrerebbe il suo cuore? Io ho seguito il suo pensiero, perché sono sicura che nella sua grande e generosa mente era già presente l’idea di questa assistenza sacerdotale, sebbene la sua attuazione fosse ancora sospesa in attesa dell'ora voluta da Dio. Ricordiamoci che stiamo a Roma, città eterna, dove le cose nuove si accolgono sempre con diffidenza, ma, a fatti compiuti, quest'assistenza ai sacerdoti si è dimostrata veramente utile e benefica.
Vorrei, mie carissime figlie, che la nostra venerata Ma¬dre vi facesse sempre più comprendere che è un vero onore, un autentico aiuto che possiamo dare alla Chiesa, una missione particolare, derivata dallo stesso spirito dell'Istituto che deve intuire le necessità, i bisogni, i desideri del Sacerdote, come una madre che intuisce i bisogni del proprio figlio senza che questi glieli confidi.
Il compianto Card. Rufini, Arcivescovo di Palermo, diceva in un suo discorso che le anime che assistono direttamente i Sacerdoti, sono come le radici del Sacerdote stesso. Le radici stanno nascoste ma danno vita alla pianta, perché è dalla radice che le arriva la linfa. Il vostro lavoro umile e nascosto ha, possiamo dire, la funzione della radice; con il vostro lavoro date vita al Sacerdote: preparate il cibo, lavate la biancheria, avete la manutenzione della casa, lo assistete in tutte le sue necessità, quindi possiamo considerare che il Sacerdote è l'albero e voi potete essere come le radici che gli danno la vita.
Quale onore maggiore di questo?... Pensate che Egli è un prediletto di Dio, scelto ed eletto da Dio stesso, per farne un altro Cristo (Sacerdos, alter Christus) e che vi può essere di più grande e di più elevato?... E allora mi sembra doveroso da parte nostra, di custodirli come un tesoro e mettere vicino a Lui quanto di migliore, di più puro e di più santo si trova su questa terra. E che cosa vi può essere di più puro e di più santo di creature consacrate a Dio con i voti religiosi? E quale creatura più adatta di una Oblata che, per lo spirito della propria vocazione, deve offrirsi pienamente a Dio per cooperare alla santificazione dei Sacerdoti?...
Una sola cosa mi fa pentire e sentire rimorso e ve lo confesso sinceramente. Sappiamo che la parola incoraggia, ma l'esempio trascina. E questo io non ve l'ho dato , ma avrei potuto darvelo. Avrei dovuto passare qualche tempo in Parrocchia e lavorare con voi, ma... voi mi perdonerete. Oggi non mi è più possibile farlo, ma lo penso sempre con nostalgia e desiderio, che ormai affido alla preghiera ed al sacrificio con la speranza che tutte voi, carissime figlie, vogliate raccogliere e far vostro il mio pensiero, derivato e raccolto dal pensiero stesso della cara Madre, in modo che tutto quello che riguarda il bene dei Sacerdoti, trovi sempre in noi forza e buona volontà per raggiungere il nostro grande ideale.
La mia povera vita, sento che volge al termine. Pregate molto per me, perdonatemi di tutto, accettate queste mie ultime raccomandazioni come un piccolo testamento di amore, di quell'amore che mai non muore, perché poggiato su Dio e su gli alti doveri che ci impone la nostra grande vocazione. Vi raccomando: amatela molto questa grande vocazione, che è un grande dono di Dio. Vi raccomando il nostro amato Istituto: mantenetelo sempre orientato verso il Sacerdozio, affinché Gesù, attraverso la nostra umile cooperazione fatta di preghiera, di sacrifici e di azione, voglia dare alla Chiesa Sacerdoti santi.
Grazie di tutto il bene che mi avete fatto, grazie di tutto il bene che mi avete voluto e che, vi assicuro, vi ho sempre ricambiato col più sincero e santo affetto. Siate tutte e sempre di Gesù e... arrivederci in Paradiso.
vostra aff.ma Madre M. Margherita Tanlongo
Superiora Generale Emerita
Oblata del S. C. di G.
TELEGRAMMA DEL CARDINALE ANGELO DELL'ACQUA
Roma, 3 maggio 1971
VICARIATO DI ROMA N. 10.290/71
Reverenda Madre Generale, apprendo con viva emozione la dolorosa notizia del pio transito della Rev. Madre Margherita Tanlongo, Superiora Generale « Emerita » di codesto Istituto delle Suore Oblate del S. Cuore.
Al profondo cordoglio delle Sue figlie spirituali, mi consenta, Rev. Madre, di associarmi vivamente, unendo alle loro fervide preghiere anche le mie, per implorare dalla bontà del Signore la luce ed il riposo eterno per l'Anima eletta della compianta Religiosa.
Ad essa, dopo che a Dio, l'Istituto va debitore della stabilità, della sua carica di alta spiritualità, della sua inconfondibile fisionomia e del suo consolante sviluppo. Fu, infatti, Madre Margherita, così vicina per tanti anni alla Serva di Dio, Madre Teresa Casini, a trasfondere nella cara Congregazione lo spirito genuino della Fondatrice, che è quello di sincero e filiale attaccamento alla Chiesa, e di generosa devota assistenza al Clero.
Per questo, la Diocesi di Roma, con animo commosso e sinceramente grato, affida, insieme con me, alla paterna clemenza del Signore l'anima dell'esemplare Religiosa, che tanto si distinse per il suo zelo nel promuovere le sante vocazioni sacerdotali, e nell'assicurare decorosa sistemazione a tanti sacerdoti vecchi e bisognosi.
Invocando sul diletto Istituto il conforto di una speciale benedizione del Signore, mi confermo con sensi di religioso ossequio.
Angelo Card. Dell'Acqua
Rev.da Madre Suor Agnese Bifaro
Superiora Generale delle Suore Oblate del S. Cuore
Via del Casaletto ROMA
DISCORSO del Rev. Mons. Cosimo Petino
Non ho titoli speciali per parlare in quest'ora in cui, forse, un austero silenzio esprimerebbe meglio la comune commozione, se non quelli che mi derivano dall'essere stato in lunga consuetudine di rapporti con la Madre Margherita Tanlongo, intorno alla cui salma siamo raccolti in devota preghiera.
Madre Margherita non è più tra noi.
Poco prima dell'alba di ieri, 3 Maggio, ci ha lasciati.
S. Agostino direbbe, come scrisse a proposito di sua madre Monica: « Anima illa religiosa et pia corpore soluta est ». (Conf. IX, 11, 3).
Aveva 87 anni, 4 mesi, 19 giorni.
Quanti di noi hanno potuto vederla, per l'ultima volta, sul letto di morte, composto con delicata premura dalle sue Consorelle, hanno forse pensato a ciò che S. Girolamo scrisse ad Eustochio per celebrare la Madre Paola: « Il pallore della morte non poté per nulla alterare e cambiare il suo volto, che anzi, appena morta, comparve adorno d'una certa grazia e maestà, che avresti creduto ch'ella dormisse » (cf. lettere di S. Girolamo, II, p. 590).
La grazia e la maestà (con questa parola vogliamo intendere una signorilità di pensieri e di modi, una dignità di portamento e di linguaggio), la grazia e la maestà di Madre Margherita non passeranno facilmente dalla nostra memoria; susciteranno ricordi sereni e benefici, stimoleranno pensieri alti e dignitosi. Considereremo come un dono singolare della Provvidenza averla conosciuta ed essere stati « sub umbra alarum », protetti e difesi dalla sua maternità, una maternità paziente e lieta, disinvolta e forte nello stesso tempo.
Il lungo arco di vita di Madre Margherita non può essere racchiuso in poche parole. E' un arco che sorge qui a Roma, dove nacque nel 1883 da Pietro e Maria Santovetti, e si conclude qui a Roma. Porta i segni inconfondibili dello spirito romano, particolarmente quello che Tacito chiama « la cosa più difficile e più rara, il senso del limite » (cf. La vita di Agricola, IV).
Madre Margherita fu una donna di equilibrio, in cui le ragioni del suo cuore non prevalsero mai su quelle del ragionamento e queste, a loro volta, furono temperate di quella indulgente comprensione della debolezza umana che sa evitare le asprezze polemiche, i richiami astiosi, le umiliazioni sconsiderate di chi sbaglia. Fu appunto il suo equilibrio che le permise di camminare sempre « inoffenso pede », cioè senza inciampare e far danni a se stessa e agli altri.
E si che non ebbe una vita facile! Già l'entrare in Religione nel 1905 significò per lei un passo contrastato da impedimenti vari. L'anno seguente emise i voti religiosi, e anche questa prima tappa ebbe le sue ombre, perché l'Istituto, allora in fasce, sentiva forse troppo pesante la mano dell'Abate Pellegrini, uomo stimato, certamente, di buone intenzioni e retto, ma non altrettanto duttile.
I primi anni di vita religiosa li trascorse a Grottaferrata. Lì ritorneranno le sue spoglie mortali, per pio e giustificato desiderio dei suoi familiari, particolarmente della sorella Dolores e del fratello Vincenzo, ai quali esprimiamo la nostra commossa e affettuosa solidarietà nel dolore.
Quando poi l'Istituto cominciò a fare i primi passi e aprì una casa a Roma — il noto Castelletto Medici — nel 1914, Suor Margherita ritornò nella Città natale con un incarico: Maestra delle educande e Vice Superiora. La prova che diede dovette essere apprezzata perché, due anni dopo, le fu conferito un incarico di maggiore responsabilità, il quale era legato con l'avvenire dell'Istituto: fu nominata, cioè, Maestra delle Novizie. Era l'incarico su misura. « La donna adatta — direbbero gli inglesi — per il posto adatto! ».
Di fine intelligenza, coltivata negli studi compiuti presso le Suore Dorotee (delle quali conservò sempre un amabile grato ricordo); di squisita educazione ricevuta dalla sua famiglia, legata alla migliore tradizione; di delicato tatto e acuta penetrazione degli stati d'animo, Suor Margherita aveva quell'insieme di doti umane, che danno prestigio e s'impongono subito all'ammirazione degli altri. In più, alla scuola della Fondatrice la Serva di Dio M. Teresa Casini, aveva acquistato quell'idea seria dell'ascetica cristiana, che garantisce dai facili sbandamenti. Potremmo dirla « una Maestra di Novizie. completa », senza, per questo, cadere in una ampollosa classificazione.
Ho accennato alla Serva di Dio Teresa Casini. I rapporti tra la Fondatrice e Suor Margherita meritano un Capitolo a parte, tanto è denso, e fors'anche complesso. Non erano due temperamenti uguali. Ma la diversità fu risolta in una sintesi superiore, sostenuta dalla virtù singolare della Fondatrice, cui rispondeva l'umile, e talora tormentata, docilità della Tanlongo. La quale - e su questo la storia futura non potrà che concordare —non solo ebbe ammirazione profonda per la Fondatrice, ma ne assimilò lo spirito, ne gustò l'orditura armonica, ne intuì gli sviluppi e le potenzialità, tanto da poter essere considerata « parens altera », colei che ha portato a maturazione piena i semi dell'Istituto lasciati dalla Madre Casini.
Come Maestra delle Novizie, Suor Margherita, trasse quell'esperienza delle anime giovanili, spesso esuberanti senza malizia, che la rese, in seguito, capace di fare interventi proficui e di dire parole indovinate a salvare persone che camminavano sul filo dell'inquietudine, incerte della loro vocazione. Tale esperienza le giovò anche negli inca¬richi successivi, come quando diresse a Barrea l'Asilo e, con l'Asilo, si avvicinò a molte ragazze; quando riprese la direzione dell'educandato femminile a Roma; quando si aprì il Collegio maschile, chiamato dei Piccoli Amici di Gesù, divenendone maestra.
A questo punto, la Provvidenza volle che gli, orizzonti di Suor Margherita si allargassero. Non era mai uscita dall'Italia. «Anche se a Roma non si può vivere senza respirare aria universale» — come osservava acutamente Teodoro Mommsen — la conoscenza di altri paesi è sempre proficua, anzi necessaria per respirare aria universale realmente, e non soltanto dietro un'immagine gradita, solleticante e, per ciò stesso pericolosa.
Nel 1926 l'Istituto correva rischi notevoli di varia natura, non esclusi quelli finanziari. Suor Margherita, con altre Consorelle, intraprese il viaggio negli Stati Uniti, dove la generosità degli Italo-Americani, sostenuta dalla benevolenza dei Vescovi, diede modo di superare il momento critico. Questo fu il primo viaggio. Ne compì poi altri due, precisamente nel 1929 e nel 1953, in diverse condizioni di spirito e soprattutto con diverse finalità.
- Raccogliendo le varie relazioni e il suo diario di bordo — anche se la parola è alquanto ambiziosa — è possibile capire ciò che i viaggi negli Stati Uniti rappresentarono nella vita di Suor Margherita. I suoi schemi mentali ne uscirono come arricchiti e, in parte, rinnovati; il suo buon umore, che scandiva i discorsi con eleganti trovate, trovò un terreno fertile, che la rese conversatrice piacevole e ricercata. A questi viaggi risalgono le prime idee di una fondazione negli Stati Uniti; e tutti sappiamo le spese straordinarie che ne sono seguite.
Nel 1937, il 3 Aprile, la Madre Casini, Fondatrice e prima Superiora Generale morì. A chi potevano essere affidate le sorti di un'Opera che ancora non aveva trovato e raggiunto la sua maturità e che attendeva appunto un'altra mano saggia e sicura, pronta e decisa?
Il 18 Agosto 1937 Suor Margherita Tanlongo fu eletta Superiora Generale; divenne « Madre Margherita »: appellativo che non le sarà più tolto, e giustamente. Per 26 anni consecutivi fu a capo dell'Istituto, dandogli, per così dire, la fisionomia definitiva, e assicurandogli quella struttura organica che potrà subire ritocchi e adattamenti, come è nelle vicende umane, ma non subirà alterazioni sostanziali. Anche questo lungo periodo di governo dovrebbe essere oggetto di un capitolo a parte. Ce ne asteniamo volutamente, rinviandolo ad altra circostanza. Possiamo solo dire che esso è stato sommamente utile all'Istituto, anche se nell'ultimo periodo una certa stanchezza e lentezza dovuta, spesso, a fattori estranei e non eliminabili, ha rallentato il ritmo di sviluppo. Il periodo di pausa è appena una frangia, e quasi trascurabile, dinanzi alla forza interiore che la Madre Margherita ha cercato di dare alle sue figlie, convinta com'era che ogni progresso esterno è sempre condizionato da quella che in psicologia si chiama « carica ideale » e che noi, più modestamente ma più chiaramente, chiameremo « amore alla propria vocazione ». Nella fedeltà alla propria vocazione, infatti, si radicano i nobili pensieri, i santi desideri, le impegnative decisioni, gli sforzi eroici. Fuori di essa ci sono solo parole vane e fuochi di paglia.
Quando avvertì che le forze più non reggevano al peso di un governo che esigeva, oltre tutto, contatti immediati e continui con le Suore delle varie Case, cedette ad altri la Autorità e si ritirò a vita di preghiera, rispettosa di chi aveva la responsabilità giuridica e morale dell'Istituto.
Dal 1963, al '71 la Madre Margherita visse in silenzioso riserbo, in cosciente posizione di libertà degli altri, in vivo ossequio alle mutate condizioni. Però è bene dire — e ciò torna a onore di tutto l'Istituto — che pur non avendo più autorità ufficiale, rimase sempre, Madre Margherita, il cuore vivo dell'Istituto, la fonte cui si attingeva l'autentico spirito della Madre Casini, la consigliera discreta e riservata, il modello a portata di mano cui ispirarsi.
Perché — ed è questo che mi preme di mettere in risalto, al disopra di qualsiasi cenno biografico, sia pure interessante — la Madre Margherita è stata un modello di religiosa e di Superiora. Dicendo « modello » non vogliamo abbandonarci a interessate adulazioni, che sarebbero, oltre tutto, un cattivo servizio alla storia e alla Chiesa. Aveva i suoi limiti, e ne era consapevole, soprattutto riguardo ai problemi nuovi che s'impongono alla vita religiosa e a tutta la Chiesa. Rimane, tuttavia, un modello, nel senso che si sforzò di realizzare — e ci riuscì — un tipo di religiosa e di superiora attenta e docile alla voce dello Spirito Santo, e cercò, con ansia ardita, mai soffocata, la via della perfezione.
Madre Margherita fu una buona religiosa. Le Consorelle possono darne testimonianza. Visse contenta della propria vocazione: una contentezza semplice, quasi infantile, che aveva i trasalimenti casti delle anime pure, innamorate di Cristo. Senza aver letto mai Metodio di Olimpia nella sua opera più vasta, « Banchetto delle 10 vergini », Madre Margherita potrebbe ripetere a Cristo: « Per te, mio Re, ho abbandonato il letto delle nozze mortali e la casa piena d'oro, sono venuta con vesti immacolate per entrare con te nei talami eterni. Ho dimenticato la mia patria, perché desideravo la tua grazia, o Verbo. Ho dimenticato i cori delle Vergini mie coetanee, l'orgoglio di mia madre e della mia razza: perché tu, o Cristo, sei tutto per me. Mi conservo pura per te, e con la lampada accesa ti vengo incontro, o sposo ». (Cf. Preghiere dei primi cristiani: p. 63-64)
Madre Margherita fu una buona Superiora. L'autorità può dare il capogiro: esempi non mancano. Conservarsi umili nel potere, anche e soprattutto quando esso esige inflessibile rigore per salvare i principi e garantire il bene della Comunità, non è semplice. Come non è semplice il praticare la giustizia. Essa si può ledere in tanti modi, più di quanto comportano le classificazioni date dai moralisti. Ebbene, Madre Margherita, se l'affetto non mi fa velo, fece sentire nel suo governo queste due note di timbro soave: l'umiltà e la giustizia. E sono le note della vera grandezza d'animo!
Mancherei io stesso ad un dovere di giustizia se passassi sotto silenzio o non dessi il debito rilievo a ciò che io considero l'espressione più bella e degna di lode di Madre Margherita. Mi riferisco all'amore per i Sacerdoti. Qui veramente «verba desunt»: non trovo le parole opportune. I suoi gesti di carità attendono chi li narri a comune edificazione. Ogni volta che sentiva parlare dei Sacerdoti, il suo occhio si avvivava di improvvisa luminosità come ad un richiamo dall'alto, che trascendeva il tempo e lo spazio. Ogni volta che al suo orecchio giungevano voci di sofferenze fisiche e morali dei Sacerdoti, si faceva più attenta, nel timore quasi di non cogliere tutta l'intensità di ciò che la parola conteneva.
Parecchi anni fa, i giornali portarono notizia di un delitto nel quale era coinvolto un Sacerdote. Madre Margherita non lesse la notizia con quel freddo distacco a cui la nostra insensibilità ci ha, purtroppo, abituati, ma suggellando tenerezza e compassione, se ne fece, come suol dirsi, una croce. Riuscì a mettersi in contatto epistolare con l'interessato, traendo dal suo cuore materno accenti arditi. Gli inviò indumenti, medicinali, viveri, come se fosse un membro di sua famiglia o un membro dell'Istituto. Ma per Madre Margherita era un Sacerdote ferito nell'anima e questo bastava! Ho narrato l'episodio non perché in esso si esaurisce la carità di Madre Margherita, ma perché è rivelatore di uno spirito, di un'educazione, più ancora di una vocazione, fiorita accanto a Madre Teresa e poi sviluppata in forme varie, come richiedevano le circostanze. Ecco i suoi colloqui con i Sacerdoti; le sue lettere ai Sacerdoti piene di rispetto e di meditata riservatezza; le sue attenzioni a quelli ammalati; i suoi progetti, anche se rimasti allo stato informe di pii desideri, per l'assistenza ai Sacerdoti anziani; e soprattutto l'opera delle opere, quella che rimarrà come il monumento di una vita a servizio di un grande ideale: la destinazione delle Suore Oblate all'assistenza alle Parrocchie. Alla realizzazione di quest'opera hanno contribuito, per titoli vari e gradi diversi, molte persone. La riconoscenza va per ogni contributo dato. Ma è certo che l'idea, il seme, e perché no? il primo rischio spetta di diritto a Madre Margherita. Io l'affermo qui con piena scienza, sicuro che nessuno potrà contestarlo.
Per questi motivi, anche se insufficientemente esposti, la morte di Madre Margherita si trasforma in apoteosi e in canto di lode a Dio che ha compiuto cose mirabili in mezzo a noi mediante la sua serva buona e fedele. Come per i funerali di Monica — ed oggi è singolare coincidenza — il figlio Agostino non volle che avvenissero «mestibus lacrimosis gemitìbusque», cioè con pianti e lamenti, che potrebbero indicare mancanza di speranza nella risurrezione, così noi per i funerali di Madre Margherita temperiamo il nostro dolore, anzi lo trasfiguriamo in luce di gloria. (Cf. Conf. IX, 12.1). E facciamo nostra l'esortazione di S. Girolamo a proposito di Paola: «Piuttosto che affliggerci per la perdita di una donna di meriti così cospicui, dobbiamo rendere grazie a Dio per averla avuta, o per dir meglio, perché noi l'abbiamo ancora, giacché ogni cosa è viva dinanzi a Lui e tutto ciò che ritorna a Lui deve essere considerato tra le cose che rimangono con noi» . (Cf. Lettere di S. Girolamo, II, p. 542).
Dunque, Madre Margherita rimane con noi: nella nostra memoria, nel nostro cuore!
SALUTO di Sua Em.za il Card. Luigi Traglia
In questa cerimonia, che è stata definita un'apoteosi mi sia concesso di rivolgervi qualche parola, perché so che la mia parola è attesa e vi riesce gradita.
Veramente, dopo la lettera dell'Eminentis¬simo Cardinal Vicario; dopo la rievocazione fedele, precisa ed affettuosa della nostra M. Margherita, fatta da uno dei primi alunni dell'Istituto, sono inutili le mie parole. Però io penso che voi volete essere confortate dal mio dolore e volete essere sostenute anche dalle mie preghiere.
Qui si potrebbe ripetere ciò che Sant'Ambrogio ha detto di Sant'Agnese: « Neppure il nome fu vuoto di un particolare significato ». Margherita significa: « la perla preziosa », e forse un nome come questo fu dato ad una anima privilegiata come lei. Evidentemente, dopo quello che è stato detto, la mia parola sarà una margherita del campo, che viene a posarsi su questa bara, circondata da tanto affetto e da tante preghiere.
Margherita significa anche: « l'oggetto prezioso che il cristiano deve conquistare a qualsiasi prezzo » e la nostra Serva di Dio andò in cerca di quella margherita e per essa sacrificò tutta la vita. Eccola la « margherita » che ella cercò: unirsi al Cuore di Gesù per consolarlo; unirsi al Cuore di Gesù per soffrire con Lui; unirsi al Cuore di Gesù per salvare le anime. E veramente diede ogni cosa per questa margherita.
Entrò in un Istituto che allora era all'inizio. Lei apparteneva ad una famiglia distintissima; Lei che era anche di buone condizioni economiche diede tutto il suo per unirsi a questo Istituto, che era ancora quasi sconosciuto. Allora le Suore si chiamavano « le Vittime del Sacro Cuore ». Poi il nome fu cambiato in « Oblate del Sacro Cuore di Gesù ».
Madre Margherita fu fedele alla sua vocazione, ma sapeva benissimo che per soffrire col Signore e per offrire a Lui preghiere ed espiazioni, erano necessari i sacrifici. L'ha ricordato tante volte!
Allora Madre Margherita si occupò con grande impegno al bene dei Sacerdoti, per la loro formazione e la loro santificazione, e al successo del loro apostolato. Quale campo! Un campo che è stato sempre indicato dai Padri della Chiesa e dai Santi come un campo assai fecondo e prezioso.
Dicono, tanto S. Vincenzo de' Paoli, quanto S. Francesco di Sales, che tutto dipende dai Sacerdoti, perché la vita santa dei Sacerdoti conquista, trasforma e santifica quanti vengono a contatto con i consacrati a Dio.
E la nostra Madre quale affetto aveva per i Sacerdoti! Specialmente nel periodo della guerra, quando questi giovani Sacerdoti nelle nostre Parrocchie erano privi di ogni cosa, eppure lavoravano con impegno e vero eroismo; la Madre ne fu commossa e volle, nell'ideale dell'Istituto, consacrare una parte di esso proprio all'assistenza dei Sacerdoti nelle Parrocchie.
In fondo si trattava e si tratta di servire, ma il cristianesimo non è forse un servizio? Non è così che il Concilio insiste sopra il nostro ministero che è un'attività oscura? Ma nella vita spirituale quante volte quello che è più importante è proprio ciò che è più oscuro, più nascosto! Io posso dire come queste buone Suore abbiano portato tanto conforto nella stessa vita del Sacerdote. Il loro impegno, la loro vita di preghiera, il loro nascondimento, sono stati degli esempi che hanno edificato i Sacerdoti. E a quanti dei nostri Sacerdoti che soffrivano in quei tempi, è venuto spontaneo questo pensiero: « Ma perché queste buone Religiose lavorano tanto per noi, senza alcuna ricompensa? ». Non è questo un argomento che li spinge ad amare di più le cose spirituali? Oh, quanto bene è stato fatto!
E allora, noi che ci troviamo qui in lacrime davanti a questa bara, noi sentiamo tutto il dolore di aver perduto una « Margherita così preziosa ». Ma proprio perché siamo addolorati, proprio per questo cresce la nostra speranza, perché noi pensiamo che la nostra Serva di Dio abbia già ricevuto dal Sacro Cuore il premio che le aveva promesso. Era il S. Cuore il suo sostegno; il S. Cuore che aveva detto: « Le imprese dei miei devoti avranno successo ».
La buona Madre prima di morire ha visto sviluppare il suo Istituto che oggi ha basi solide. E' proprio vero che quello che si dà a Dio non è perduto ma ritorna a noi moltiplicato.
Il S. Cuore ha promesso ai suoi devoti una morte serena e tranquilla. E chi può sperare una morte come quella della nostra Serva di Dio?! Si è addormentata proprio nel giorno dell'esaltazione della Croce, che fu per lei la compagna e la corona della sua vita. Ed allora noi ci immaginiamo che la Serva di Dio sia alla presenza di Dio e circonfusa di luce, ci guardi e preghi per noi. Prega per la Diocesi di Roma, prega per i suoi Sacerdoti, prega per le buone Suore. E dice poi a voi tutte: « Siate fedeli al vostro ideale ed al mio spirito! Vivete nell'umiltà; vivete nella Carità; vivete nella preghiera! ». Non sono le imprese grandi che valgono davanti al Signore, ma quello che vale dinanzi a Dio è la nostra sofferenza, la nostra pazienza, la nostra preghiera. Questo pensiamo; questo noi crediamo.
« O anima benedetta, presentati alla presenza di Dio e prega per tutti noi! Siamo uniti nella preghiera! Noi preghiamo perché i tuoi grandi desideri si compiano su questa terra, e tu prega per noi affinché noi possiamo seguirti sempre nella via della virtù, nella via del sacrificio, nella via dell'amore! ».
SALUTO di S. Ecc. Mons. Luigi Liverzani Vescovo di Frascati
Voglio anch'io dare l'estremo saluto a questa venerata salma della Madre M. Margherita ed esprimere il sentimento di gratitudine mio e della Diocesi, a Lei che seppe, così bene interporsi presso i suoi stimati genitori: Pietro Tanlongo e Maria Santovetti, per felicemente coronare la loro pia donazione dell'area edificabile, su cui sorge questa Parroc-chia del S. Cuore ed il suo complesso parrocchiale. Ed ammiro i disegni di Dio che in questa Chiesa ha voluto che sostasse questa buona Religiosa.
In questa cittadina Ella trascorse la sua giovinezza in famiglia; qui si offrì a Dio per essere Oblata del Sacro Cuore; qui imparò ad immolarsi per il Sacerdozio ed a lavorare per le sue vocazioni, e qui ancora, le sue Consorelle continuano la loro opera di bene per i Sacerdoti ed i Piccoli Amici di Gesù.
Ammiriamo insieme il piano di Dio e Lo ringraziamo che nel Cimitero di Grottaferrata fa tumulare i resti mortali di sì preziosa esistenza, a cui amiamo impartire l'ultima benedizione della Chiesa che, nella sua meravigliosa liturgia, intreccia alle lacrime e alle preghiere, il canto dell'Alleluia, nella speranza della gloriosa resurrezione dei giusti.
In attesa della risurrezione
14 DICEMBRE 1883 — 3 MAGGIO 1971
Contrasto di inverno e primavera: ma, al di fuori di ciò, due date come tante altre: due giorni come gli altri. In realtà, i due estremi fra i quali si è mossa un'intera esistenza veramente e totalmente « consacrata »: un dono di Dio alla Sua Chiesa, ed a tutti.
Ora Madre Margherita riposa nella tomba dell'Istituto, nel piccolo cimitero di Grottaferrata, insieme alle prime sorelle che vissero con Lei e come Lei i sogni della loro giovinezza, e della giovinezza dell'Istituto nascente.
Quella tomba non è un luogo dove si torna per piangere «come quelli che non hanno speranza », ma un punto di riferimento presso cui sosteremo, per riprendere fiato nella corsa della lunga strada e percorrerla tutta, fino alle soglie dell'eternità, animate dal suo zelo d'amore per la gloria del S. Cuore e la santificazione dei Suoi Eletti.