Umile ed alta

più che creatura

Immacolata, Vergine bella

i nostra vita tu sei la stella.

Fra le tempeste,

deh, guida il cuore

di chi t'invoca Madre d'amore.

Siam peccatori, ma figli tuoi,

Immacolata, prega per noi.

Tu che nel cielo siedi Regina

su noi pietosa

lo sguardo inchina.

Pel Bimbo-Dio che stringi al petto

deh, non privarci del tuo affetto.

Siam peccatori, ma figli tuoi,

Immacolata, prega per noi.

NOVENA

DELL’IMMACOLATA

PER I SACERDOTI

7 Dicembre 9° Giorno

«MARIA, DONNA VESTITA DI SOLE»

DALL’APOCALISSE DI GIOVANNI (12,1-6)

Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. 6La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni.

DAGLI SCRITTI DI SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE, SACERDOTE MARTIRE

Colei che, esaltata al di sopra di tutte le creature terrestri e celesti, è divenuta la madre di Dio e regna ormai eternamente in Paradiso. Ella è la Regina del cielo e della terra, è la Mediatrice di noi tutti, attraverso le sue mani scorre sulla terra ogni grazia. Che cosa dobbiamo augurarti, dunque, o illustrissima e dolcissima Signora? Ebbene, o Regina, noi ti auguriamo con tutto il cuore e con tutta l’anima di prendere possesso al più presto possibile e in modo totale dei nostri cuori e dei cuori di tutti e di ciascuno senza eccezione, regna su tutti noi e in tutti noi regna non solo durante questo nostro pellegrinaggio terreno, ma anche nei secoli dei secoli, in eterno! L’Immacolata: ecco il nostro ideale. Avvicinarsi a Lei, renderci simili a Lei, permettere che Ella prenda possesso del nostro cuore e di tutto il nostro essere, che Ella viva e operi in noi e per mezzo nostro, che Ella stessa ami Dio con il nostro cuore, che noi apparteniamo a Lei senza alcuna restrizione. Che la Sua vita si radichi sempre più in noi, di giorno in giorno, di ora in ora, di momento in momento, e ciò senza alcuna limitazione.

PREGHIAMO

O Maria, sapere che Tu, che sei nostra Madre e che sei totalmente libera dal peccato ci dà grande conforto. Sapere che su di te il male non ha potere, ci riempie di speranza e di fortezza nella lotta quotidiana che noi dobbiamo sostenere contro le minacce del maligno. Ma in questa lotta non siamo soli, non siamo orfani, perché Gesù, prima di morire sulla croce, ci ha dato Te come Madre. Noi dunque, pur essendo peccatori, siamo tuoi figli, figli dell'Immacolata, chiamati a quella santità che in Te risplende per grazia di Dio fin dall'inizio. Animati da questa speranza, noi oggi invochiamo la tua materna protezione per noi, per le nostre famiglie, per il mondo intero ma in modo speciale per tutti i Sacerdoti. La potenza dell'amore di Dio, che ti ha preservata dal peccato originale, per tua intercessione li liberi da ogni schiavitù spirituale e materiale. Fa' che in essi, tuoi figli prediletti, la grazia prevalga sull'orgoglio e possano diventare misericordiosi come è misericordioso il nostro Padre celeste, che sappiano andare controcorrente, sappiano spogliarsi, abbassarsi, donarsi, ascoltare, fare silenzio, per lasciare spazio alla bellezza di Dio, fonte della vera gioia. O Madre nostra Immacolata, prega per noi!

Giaculatoria: O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te. (Ripetere 10 volte)

AUTOBIOGRAFIA

DI MADRE TERESA

SCRITTA DIETRO RICHIESTA

DI DON GIUSEPPE PERRONE

(suo ultimo direttore spirituale)

(trascritta secondo l'originale,

senza correzioni di forma)

P. Abate un giorno mi chiamò e mi disse che Egli aveva deciso di farmi subito entrare dalle Sepolte Vive, ed assicurandomi che quello era il luogo ove Iddio mi voleva. Io acconsentii subito, desiderando contentare Iddio.

Tornata in casa parlai nuovamente in famiglia, e senza nominare P. Abate dissi che la mia risoluzione era presa. In casa ricominciò talmente forte la burrasca che si arrivò a darmi i soli avanzi della tavola per cibo. Credevano con ciò rimuovermi, ma il pensiero che quella era la volontà di Dio mi sosteneva.

Andai con mia madre in Roma per conoscere il Monastero. Scesero tutte le religiose e con il loro velo calato sul volto, aprirono la clausura, mi fecero entrare e mi trattennero con loro uno spazio di tempo e combinammo anche la mia entrata che fu stabilita il 1° febbraio 1885: mancavano 8 giorni. Ritornata in famiglia ragguagliai di tutto la nonna, furono fatti i preparativi per la mia partenza.

Avendomi detto il p. Ab. che Iddio mi voleva in quella religione non ne dubitai e quindi cortesemente fui a salutare tutte quelle persone e famiglie che la nonna mi indicò. La vigilia della mia partenza fui dal p. Ab. a confessarmi, lo ringraziai di ciò che per l’anima mia aveva fatto, indi mi congedai da lui. La mia intenzione era per sempre. Iddio dispose diversamente.

Il primo febbraio prima di partire ascoltai la S. Messa e promisi al Signore di dedicarmi a servirlo nella nuova vita in cui mi chiamava a santificarmi per glorificarlo.

Dopo la S. Messa e Com. partii per Roma accompagnata dai miei e alle ore 4 pom. entrai definitivamente (credevo per non più uscirne che morta) dalle Sepolte Vive. Nel momento che stavo aspettando l’apertura delle porte della clausura delle Sepolte Vive, nel mio interno si sollevò una fiera lotta fra il consacrarmi a Dio e l’affetto dei miei, specialmente di mia sorella, ma in particolare per mio fratello; intesi il cuore chiudersi, mi sembrò di dover scendere veramente in un sepolcro, sentivo che la mia natura si opponeva energicamente, dimenticai in un momento l’amore e le grazie che il Signore aveva fatte all’anima mia, le pene del Cuore Trafitto di Gesù, le mie risoluzioni, in una parola la lotta strinse sì fattamente l’animo mio che intesi la volontà vacillare; in quel mentre si aprirono le due porte della clausura e senza volgere uno sguardo ai miei, specie a mio fratello, mi slanciai dentro e dietro me furono chiuse e incatenacciate le porte, allora tutto finì, nel mio animo rivenne la luce, la calma, l’amore.

Fui condotta in coro e ai piedi di Gesù rinnovai i miei propositi di santificazione, abbandonandomi al suo Cuore trafitto. Il Signore versò nel mio animo abbondanti consolazioni. Sortita dal coro, c’incamminammo per andare al noviziato; fatto qualche passo e mentre stavo per salire il primo gradino della scala che conduceva al noviziato, intesi nel mio interno la voce a me ben nota che mi disse: “Tu sei qui venuta per apprendere e non per restare”: queste parole mi sorpresero, però mi lasciarono calma. Temendo di qualche inganno rinnovai dentro di me il proposito di non uscire più da quel santo luogo e di tendere davvero alla mia santificazione, indi volta alla maestra che mi accompagnava le dissi risoluta: “Madre, fin da ora mi metto tutta nelle sue mani, faccia di me quel che vuole, purché mi faccia santa”.

La maestra mi condusse direttamente alla cella a me destinata. Vi era un povero letto senza lendiere né materasso, una croce, un teschio di morto, un tavolo tutto tarlato, una vecchia sedia, questo era tutto il corredo. Con uno sguardo abbracciai tutto e intesi la grande povertà che avevo abbracciata. Mi intesi felice, ringraziai il Cuor di Gesù. La maestra mi consegnò le regole, mi disse di leggerle e andò via chiudendo la porta. Mi trovai sola, andai ai piedi della croce, mi posi in ginocchio, ringraziai il Signore e lasciai il mio animo effondersi in Dio. Quando mi rialzai lessi le due sentenze che ai lati della croce stavano appese, in una vi era: “Sedebit solitarius et tacebit” nell’altra: “Quia levavit se super se”. Di queste domandai la traduzione un giorno alla maestra, ma non mi appagò (se ricordo, lei me la fece). Indi presi le Regole e le lessi tutte; confesso che ne capii ben poco, risolsi però di osservarle esattamente e farmele spiegare. Tornata finalmente la maestra, mi domandò cosa pensavo e io risposi: “Ad osservare bene la regola”.

Così cominciai la mia vita religiosa fra le Sepolte Vive. I primi giorni li trascorsi pienamente felici. La Madre abbadessa mandò a dirmi che se volevo scrivere al P. Abate l’avessi fatto pure, e anche era disposta a domandare a Mgr Accoramboni il permesso per confessarmi dal p. Ab. se lo desideravo. Ringraziai la maestra e le domandai se le probande e novizie potevano avere un altro confessore. Mi rispose che, le monache, ognuna aveva il suo, ma le novizie e probande no, perché dovevano servirsi del confessore della comunità e andare da questo due volte la settimana. Inteso ciò risposi che volevo osservare l’uso che si teneva per le novizie.

Passati alcuni giorni nella pace e tranquillità del mio spirito, una notte mi sveglio e veggo all’angolo della camera un essere che avvolto in una luce rossastra, mordendosi le mani con sguardo torbido, mi guardava e con una voce minacciosa mi disse: “Me la pagherai”; ebbi una grande paura ma pure alzatami sul letto presi l’acqua santa, la gettai facendo il segno della croce e invocai la Madonna. Quest’essere sparì ma io non potetti più dormire. L’animo rimase agitato. La mattina essendo giorno di confessione (ricordo che era il mercoledì), andai in confessionale (era questa la prima volta). Dopo confessata raccontai ciò che nella notte mi era accaduto, il confessore si mise a ridere e mi disse: “Qui ci vogliono giovani forti, robuste e campagnole per fare questa vita, non già signorine delicate come voi”; indi si mise a declamare a mezza voce dei lunghi versi.

Non so spiegare come mi trovai male e meravigliata. Uscii dal confessionale che non mi rendevo conto. In ricreazione domandai alla maestra, presente l’altra probanda, chi era quel confessore e perché declamava invece di compiere il suo ufficio. La maestra mi rispose che era un buon sacerdote, che da vent’anni era confessore della Comunità, ma amava la poesia ecc. La probanda rise e aggiunse: “Sorella, faccia come fo io, si porti il lapis e la carta ed egli le detterà le sue poesie e le vorrà bene”; io risposi recisa: “No, non lo fo”, mi sentivo disgustata; la maestra se ne avvide e cambiò discorso.

Mi sono estesa sopra questo punto per dimostrare come il Signore mi venne in aiuto. La Madre abbadessa malgrado i miei ringraziamenti ottenne da Mgr Accoramboni la licenza per farmi confessare dal p. Ab. ed io, non essendoci stata la mia volontà, accettai come un aiuto che Iddio mi mandava non potendo servirmi del confessore della comunità.

Iddio veramente era buono con me, eppure Egli sapeva che un giorno l’avrei offeso! Questo pensiero mi fa tanta pena: “Voi lo vedete, o mio Dio, deh dimenticate tutto perché ora, col vostro aiuto, rimedierò con amarvi tanto”.

Dopo quella notte che vidi quell’essere, l’animo rimase agitato e poi caddi in angustie ed abbattimenti, dal mio spirito sparì la luce, mi sembrava di trovarmi chiusa in una prigione, tutto mi soffocava, la mia volontà ricalcitrava alla regola, all’ordine, alla mia mente ritornavano pensieri di mondo, l’immaginazione vagava fuori del monastero ed il mio cuore soffrì orribilmente sembrandomi un gran disamore aver lasciato mio fratello che mi amava tanto ecc. e tutto si schierava alla mia immaginazione in una maniera tetra che metteva nel mio cuore la disperazione.

Dopo qualche notte tornò quell’essere in cella, mi svegliai, lo vidi vicino a me, egli digrignava i denti ripetendomi le suddette parole e si appressò per strozzarmi, fui spaventata, non ebbi altra forza che invocare la Madonna replicatamente, perché l’acqua santa non potevo prenderla, quell’essere me lo impediva, al nome della Madonna cominciò a fremere e dileguarsi. Questa nuova sua visita lasciò l’anima mia in preda ad un sentimento di disperazione, le mie idee erano sconvolte del tutto.

Non ardivo parlare alla maestra; non avevo il conforto di andare in Coro perché le probande e novizie andavano solo in coro per gli atti Comuni, fuori di questi tempi non era permesso, quindi l’anima mia era oppressa. Il Signore venne in mio aiuto, fui chiamata in parlatorio dove trovai il p. Ab., gli palesai lo stato dell’anima mia, le visite di quell’essere che mi aveva tutta scombussolata ecc. Egli dette dei mezzi per rianimare il mio animo abbattuto, mi incoraggiò e mi esortò a nulla temere ecc. riguardo a quell’essere, mi rispose: “Disprezzalo perché è un cane alla catena, non può mordere. Iddio non lo permetterà”: indi aggiunse che ogni sera e anche più volte al giorno aspergessi tutta la cella ed il letto di acqua santa. Queste ed altre cose mi disse che mi confortarono lo spirito.

Durai con queste pene interne ancora per un poco di giorni e poi ritornò in me la calma, l’amore, la consolazione e così sono sempre restata fino al giorno che dovetti sortire dalle Sepolte Vive.

Quell’essere per allora non tornò più, ma come in seguito si vedrà, venne altre volte a tormentarmi. La natura aveva fatta la sua parte, la debolezza della volontà di fronte al patire si era manifestata. Ecco cosa ero!

NOVENA

DELL’IMMACOLATA

PER I SACERDOTI

6 Dicembre 8° Giorno

«MARIA, MADRE NOSTRA»

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI (19,25-27)

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé.

DAGLI SCRITTI DI SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE, SACERDOTE MARTIRE

Scoccò pure l'ora del Suo ingresso nel mondo. Ella nacque nel nascondimento, nel silenzio, in una povera casetta di un villaggio della Palestina. Neppure i libri sacri parlano molto di Lei. In essi La vediamo nell'annunciazione, allorché Ella divenne Madre di Dio. Seguiamo il Suo viaggio a Betlemme, dove ammiriamo la nascita di Suo Figlio, Figlio di Dio e figlio dell'uomo, in una grotta poverella. Quindi la fuga, piena di ansie, in Egitto. La dura vita in un paese straniero e infine il ritorno in Palestina. Il premuroso ritrovamento del piccolo Gesù smarrito nel tempio [...]. L'arresto, la passione e il cammino verso il Calvario. Maria riappare e accompagna Gesù al luogo dell'esecuzione ed è accanto a Lui nel momento del trapasso e stringe al petto il Suo corpo gelido, deposto dalla croce.

PREGHIAMO

O Maria, oggi vogliamo dirti: Madre, donaci il tuo sguardo! Il tuo sguardo ci porta a Dio, il tuo sguardo è un dono del Padre buono, che ci attende ad ogni svolta del nostro cammino, è un dono di Gesù Cristo in croce, che carica su di sé le nostre sofferenze, le nostre fatiche, il nostro peccato. E per incontrare questo Padre pieno di amore, oggi ti diciamo: Madre, dona il tuo sguardo a noi e in modo particolare ai Sacerdoti, soprattutto a quelli che si sentono soli e smarriti! Amen.

Giaculatoria: O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te. (Ripetere 10 volte)

DELL'IMMACOLATA

NOVENA

PER I SACERDOTI

5 Dicembre VII Giorno

«MEDIATRICE DI TUTTE LE GRAZIE»

 DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI (2,1-11)

Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le anfore»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

DAGLI SCRITTI DI SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE, SACERDOTE MARTIRE

Lei non è solo concepita, ma Concezione e per di più Immacolata. Questo nome contiene molti altri misteri che nel tempo saranno svelati. Esso indica, infatti, che l’Immacolata Concezione appartiene in certo qual modo all’essenza dell’Immacolata. Questo nome deve esserle caro, poiché indica la prima grazia ricevuta nel primo istante della sua esistenza, e il primo dono è sempre il più gradito. Questo nome, poi, si è realizzato lungo tutta la sua vita, poiché ella è stata sempre senza peccato. Perciò fu altresì piena di grazia e Dio fu con lei, sempre e con lei, fino al punto che ella divenne la madre del Figlio di Dio. Così il nome di “Immacolata Concezione” spetta di diritto a lei e solamente a lei [...] La creatura totalmente piena di amore, di divinità è l’Immacolata, senza la benché minima macchia di peccato, colei che non deviò mai nessuna cosa dalla volontà divina.

PREGHIAMO

Signore, Tu hai lasciato in mezzo a noi tua Madre, perché ci accompagnasse. Che abbia cura dei tuoi Sacerdoti e li protegga nel loro cammino, li faccia discepoli come Lei lo è stata, e missionari come anche Lei lo è stata. Che insegni loro a uscire per le strade e da se stessi. Che Lei, con la sua mansuetudine e con la sua pace, indichi il cammino a loro e a noi. Amen

Giaculatoria: O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te. (Ripetere 10 volte)

AUTOBIOGRAFIA

DI MADRE TERESA

SCRITTA DIETRO RICHIESTA

DI DON GIUSEPPE PERRONE

(suo ultimo direttore spirituale)

(trascritta secondo l'originale,

senza correzioni di forma)

Io intanto proseguivo la mia vita e sempre più l’anima mia si riconcentrava nel Signore, il mio cuore passava dei giorni ricolmi di consolazione, che però erano sempre avvolte nel dolore del Cuore di Gesù.

Un giorno Gesù si manifestò ancora all’anima mia, ed intesi che nuovamente mi chiese di consolarlo, io allora gli mostrai la mia pochezza, gli domandai confidentemente cosa potevo e come potevo fare per consolarlo, ed Egli mi rispose: “Desidero una riunione di sacerdoti (intesi preti e non religiosi) i quali uniti con uno stesso vincolo di carità e scopo si offrano insieme a me vittima di olocausto e di espiazione al mio Divin Padre per quei fra il Clero infedeli alla loro sublime vocazione”.

Ne parlai al p. Ab., questi semplicemente mi disse: “Scrivi ogni cosa”; ed io obbedii. Quando il p. Ab. cambiò, seppi da uno dei suoi monaci che prese tutti i miei scritti, li stracciò e bruciò che erano tutte sciocchezze (questo accrebbe in me il timore di essere stata ingannata). Questo accadde dopo che il p. Ab. ci lasciò definitivamente.

Il desiderio del Cuor di Gesù rimase impresso nel mio cuore, né il tempo l’ha cancellato. Io comprendo bene che ogni Sacerdote è per ufficio un riparatore con G.C.; poiché Egli deve essere: un altro Cristo. Ma a me (dico semplicemente il mio sentimento) è sempre sembrato e ritenuto che una lega di Sacerdoti che al compito loro unissero in ispecial modo essere vittime espiatorie per i loro disviati confratelli, non sarebbe ciò incompatibile con il loro carattere di riparatori, ed il Cuor di Gesù nei suoi desideri verrebbe appagato e sulle anime verserebbe le sue grazie di misericordia che molte volte son ritenute appunto perché tali grazie sono accordate a prezzo di sacrifici, immolazioni ed espiazioni.

Oh se in ogni Diocesi vi fosse una anche piccola lega di sacerdoti secondo i desideri del Cuore trafitto di Gesù, certo che tante anime sacerdotali o non svierebbero oppure ritornerebbero sopra il loro cammino! Nel mio cuore è rimasta sempre la convinzione che i desideri del Divin Cuore trafitto saranno appagati. Come, quando o da chi, non lo so, né ambisco saperlo.

Riprendo il filo interrotto della narrazione. Intanto l’anima mia si sentiva penata per il Signore né sapeva consolarlo e appagare i suoi desideri. La mia pena era prodotta nel vedere la mia incapacità, spesso offrivo il mio cuore a Gesù e lo pregavo a venire a nascondere la Sua in esso, raddoppiavo le mie penitenze e sopra ogni cosa mi sentivo di esercitarmi nell’obbedienza e abbassarmi avanti le creature, quindi in famiglia presi l’assunto della cucina, aiutavo e lavavo le stoviglie ecc. Tutto mi sembrava poco riflesso al desiderio di consolare il Cuore trafitto di Gesù.

In questo tempo il p. Ab. mi ordinò di disegnare un cuore come l’anima mia l’aveva visto, ed io obbedii. Dopo qualche settimana il p. Ab. mi consegnò un involto in cui era disegnato in acquerello un cuore con la spina; mi domandò se andava bene: io risposi che il cuore andava bene, eccetto la spina non stava al suo posto e gli indicai dove doveva stare, finalmente dopo più di una copia ci riuscirono, e allora mi lasciò il disegno.

NOVENA

DELL’IMMACOLATA

PER I SACERDOTI

4 Dicembre 6° Giorno

«CUSTODIVA TUTTE QUESTE COSE NEL SUO CUORE»

 DAL VANGELO SECONDO LUCA (2,41-52)

 I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.

Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

DAGLI SCRITTI DI SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE, SACERDOTE MARTIRE

Qualunque cosa noi facciamo, fosse anche l’atto più eroico, in grado di sconvolgere le basi di ogni male esistente sulla terra, ha qualche valore unicamente se, facendo tale atto, la nostra volontà si mette in armonia con la volontà dell’Immacolata e, attraverso lei, con la volontà di Dio. Una cosa soltanto, quindi, vale a dire la fusione della nostra volontà con la sua, ha un certo valore, anzi un valore totale. Questa è l’essenza dell’amore che ci deve trasformare, attraverso l’Immacolata, in Dio, che deve bruciare noi e, per mezzo nostro, incendiare il mondo e distruggere, consumare in esso ogni forma di male. Preoccupiamoci di appartenere ogni giorno di più a lei, di lasciarci condurre da lei in modo sempre più perfetto, in modo sempre più sereno, con fiducia e confidenza sempre maggiori, attraverso tutto ciò che ella permette, sia in noi che attorno a noi e in confronto a noi, sicché possiamo diventare in tal modo uno strumento più perfetto nelle sue mani immacolate.

PREGHIAMO

Gesù, Maria e Giuseppe, in voi contempliamo lo splendore dell'amore vero, a voi con fiducia ci rivolgiamo. Donateci Sacerdoti santi e illuminati che ci aiutino a rendere anche le nostre famiglie luoghi di comunione e cenacoli di preghiera, autentiche scuole del Vangelo e piccole Chiese domestiche. Santa Famiglia di Nazareth, per il ministero di Sacerdoti premurosi lo Spirito Santo infonda nei nostri cuori la forza per perdonarci a vicenda e mai più nelle famiglie si faccia esperienza di violenza, chiusura e divisione: chiunque è stato ferito o scandalizzato conosca presto consolazione e guarigione. Gesù, Maria e Giuseppe, ascoltate, esaudite la nostra supplica. Amen.

Giaculatoria: O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te. (Ripetere 10 volte)

AUTOBIOGRAFIA

DI MADRE TERESA

SCRITTA DIETRO RICHIESTA

DI DON GIUSEPPE PERRONE

(suo ultimo direttore spirituale)

(trascritta secondo l'originale,

senza correzioni di forma)

Una domenica tornai in Chiesa per assistere alla Messa cantata e come il solito mi posi a pregare avanti al Sacrnto.

All’anima mia si manifestò il Signore. Egli stava in uno stato di pena e sul suo volto si vedeva una profonda mestizia, che mi rimase e ancora è impressa nel mio animo. Il suo Cuore era trafitto da una spina e nel fondo del mio animo intesi la voce a me nota che mi chiedeva di consolarlo. Il mio primo slancio fu di offrirmi, nel mentre che l’animo mio si formò una pena tanto profonda, che tuttora in me, nel segreto del mio cuore, forma un martirio di dolore e di amore. Il tempo che questo durò non lo ricordo, perché tutti i miei sensi erano riconcentrati in quest’oggetto di amore e questo amore lo vedevo addolorato.

Quando Gesù si ritirò dalla vista dell’anima mia io mi riscossi e le persone sortirono dalla Chiesa, la Messa era terminata, ed io pure sortii.

Il mio pensiero era occupato dalla pena e mestizia del Cuor di Gesù.

Mia madre si avvide della mia preoccupazione, mi sgridò ma il mio pensiero non si poteva distogliere da ciò che mi era accaduto e che mi dava tanta pena. Nel pomeriggio tornai in Chiesa e passai tutto il dopopranzo ai piedi del Sacrnto. Io sentivo una pena così profonda che non trovavo altro modo di lenirla che con tornare replicate volte a offrirmi a patire tanto tanto per consolare il Cuor di Gesù. Altre offerte non facevo ma mi offrivo tutta intera e con tutto il cuore pregavo il Divin Redentore di ridurmi come Lui voleva purché al suo Cuore fosse tolta quella spina. Passai tutto il tempo in questo stato di offerta e di pena, né mi accorsi dell’ora tarda e della venuta di mia sorella.

L’indomani ne parlai al p. Ab., questi nulla mi disse, mi concesse le penitenze che gli domandai per offrirle al Cuore di Gesù e prima di darmi la benedizione mi disse di riferirgli sempre con semplicità tutto. Ed io obbedii perché temevo di essere illusa; questo per me era un vero timore.

Passò alcun tempo dopo questo fatto, quando una sera stando come al solito avanti il SS.mo all’anima mia si presentò nuovamente il Signore come la prima volta. La voce non si fece sentire nel mio cuore, ma Egli mi guardò, il suo sguardo mesto e addolorato penetrò nel più intimo del mio spirito.

Queste viste mi producevano l’effetto di segregarmi sempre più dalle creature, sentivo il bisogno di starmene con Dio, raccolta in Lui in un continuo atto di sacrificarmi per consolare il Cuore traf. di Gesù.

Un giorno il p. Ab. mi domandò (all’improvviso) quale era la causa della spina che trafiggeva il C. di G. ed io gli risposi di non saperlo, allora mi ordinò di domandarlo al Signore e detto questo mi lasciò subito. Passò altro tempo senza più nulla accadermi, e io seguitavo a pregare e a far penitenza.

Un giorno il Signore si manifestò nuovamente all’anima mia, e mostrandomi il suo trafitto Cuore mi richiese di prendere parte alle sue pene e di consolarlo. Restai tanto impressionata della grande mestizia del suo volto che non mi ricordai di fargli la domanda voluta dal p. Ab. e mentre offrivo il cuore a patire e gli donavo tutta la mia vita pur di poterlo consolare, mi sovvenne dell’ordine ricevuto e domandai al Signore la causa della spina, ed Egli mi rispose: “Questa spina è conficcata nel mio cuore da quei Sacerdoti che dimentichi del loro carattere offendono, con le loro infedeltà, il mio Celeste Padre”. Indi dopo un poco soggiunse: “Il Sacerdote mi è caro come la pupilla degli occhi, esso è parte delle mie viscere ed è come il canale per cui passano le grazie per le anime; le sue infedeltà mi trafiggono in modo particolare, perché si riverberano sopra le anime”.

Tutto questo passò dentro di me in un modo che non so spiegare, perché l’anima mia vedeva, udiva, ma io non parlavo né pensavo, tutta io ero concentrata in Dio. L’animo mio questa volta rimase come annientato dal dolore e dall’apprendere una cosa che mai avrei supposto avendo sempre avuto, e come ancora l’ho, un vero sentimento di stima e di rispetto per il Sacerdote; e quindi questo mi sorprese e addolorò.

L’indomani ne parlai al p. Ab. Egli mi tranquillizzò sul timore che avevo di essere ingannata, mi accordò delle penitenze che gli richiesi e subito mi lasciò. 

NOVENA

DELL’IMMACOLATA

PER I SACERDOTI

3 dicembre – 5° giorno

«I GIORNI DELLA PURIFICAZIONE»

DAL VANGELO SECONDO LUCA (2,22-35)

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

DAGLI SCRITTI DI SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE, SACERDOTE MARTIRE

La Vergine Immacolata è l’opera più perfetta e la più santa, poiché Dio, come afferma san Bonaventura, può creare un mondo più grande e più perfetto, ma non può elevare nessuna creatura a una dignità più elevata di quella a cui ha elevato Maria. L’Immacolata è il limite ultimo tra Dio e la creazione. Ella è un’immagine fedele della perfezione di Dio, della sua santità. Poiché la Madonna ha superato con la sua perfezione tutti gli angeli e i santi, perciò anche la sua volontà è unita e immedesimata, nel modo più stretto, nella volontà di Dio. Ella vive e opera unicamente in Dio e per mezzo di Dio.

PREGHIAMO

Beatissima Vergine, tu ci conosci e noi sappiamo che ci vuoi molto bene. Madre nostra, custodisci tutti i tuoi Sacerdoti con tenerezza e dona loro la tua forza e tanta consolazione. Sono tuoi figli: li poniamo sotto la tua protezione. Non lasciarli soli nel momento del dolore e della prova. E soprattutto, Madre dolcissima, mostra a loro Gesù perché possano insegnarci a fare sempre e solo quello che Lui ci dirà. Amen.

Giaculatoria: O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te. (Ripetere 10 volte)

"Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata una abitazione eterna nel cielo"

(Dal Canone dei defunti)

Ieri pomeriggio, 1 dicembre 2021, abbiamo appreso con dolore il ritorno alla casa del Padre di don Emilio Tamburrino, parroco della parrocchia di san Pietro Apostolo in Parete(CE) per ben 26 anni.

Don Emilio era nato a Trentola Ducenta, sempre in provincia di Caserta, il 21/11/1962. Aveva frequentato il corso elementare presso il collegio maschile, nato dal cuore di don Carmine Sabatino, grande sacerdote paretano, denominato “Vivaio dello Spirito Santo”, nel quale le suore Oblate del Sacro Cuore di Gesù, in collaborazione con il sacerdote don Peppino Falco, nipote di don Carmine, curavano la formazione religiosa dei bambini.

Si era preparato all’ordinazione sacerdotale presso il Pontificio Seminario Campano Interregionale di Posillipo.

Ordinato Sacerdote il 06/12/1986 era stato viceparroco molto benvoluto nella parrocchia di S.Maria Assunta a Lusciano.

Era diventato parroco della parrocchia di san Pietro Apostolo di Parete alla morte di don Antonio Basco nel 1995.

Dopo essere risultato positivo al coronavirus alla metà del mese di novembre era stato ricoverato presso l’ospedale Cotugno di Napoli e per la sua guarigione si era messa in atto una catena di preghiera che ha coinvolto numerosi fedeli, non solo della sua parrocchia, ma anche di altre chiese dell’area. La sua pur forte fibra, a causa di altri problemi di salute, purtroppo non ha retto.

Era una persona cordiale, sorridente, attiva, di modi spicci e senza peli sulla lingua.

La nostra casa, cioè il “Vivaio dello Spirito Santo” era la sua seconda casa. Ci visitava quasi ogni giorno; il suo vocione si sentiva da lontano; spesso pranzava con noi; in estate ci portava ceste di frutta fresca raccolta nella sua campagna; in mancanza di sacerdoti disponibili celebrava la Messa per noi suore e per gli alunni della nostra scuola; ci aiutava con i suoi consigli e anche con la sua disponibilità.

Noi gli volevamo un gran bene e glielo dimostravamo in tanti modi.

Ci mancherà tantissimo ma siamo certe che ora la sua vita è custodita nello scrigno della Vita.

A Dio, don Emilio.

AUTOBIOGRAFIA

DI MADRE TERESA

SCRITTA DIETRO RICHIESTA

DI DON GIUSEPPE PERRONE

(suo ultimo direttore spirituale)

(trascritta secondo l'originale,

senza correzioni di forma)

Il pensiero di Dio un poco per volta mi si faceva più frequentemente, e certe volte mi sorprendevano degli slanci d’amore così forte che si palesavano anche al di fuori, come anche una volta m’accadde in Chiesa che presa da un amore forte, mi trovai in Sacrestia avanti al p. Ab. che per fortuna si trovò lì e stavo parlandogli di amare Iddio ecc. Dopo mi vergognai tanto.

Intanto internamente mi sentivo un impulso continuo verso l’obbedienza; comprendevo sempre più chiaramente che il sacrificio più accetto a Dio era quello della volontà e quindi chiesi ed ottenni il voto di obbedienza, che mi fu permesso a tempo determinato; dopo qualche altro mese emisi gli altri due voti.

In questo frattempo domandai di essere accettata nella Congregazione delle Zelatrici del Cuore di Gesù. Questa mia domanda fu molto combattuta e discussa a causa:

1: la vita mondana fatta in Roma;

2: che questa vita seguitava non in me nell’apparenza, ma in famiglia.

Infatti nonno, che era della stessa indole di mia madre e dello zio, spesso dava serate e feste da ballo. Il p. Ab. mi permetteva stante la condizione mia di figlia di famiglia, di assistere per un poco di tempo ma non dovevo prendere parte al ballo, ed io restavo un poco e poi con la scusa della salute mi ritiravo in camera e mi mettevo a pregare. Le Zelatrici naturalmente questo non lo sapevano, erano quindi giustificate le loro opposizioni. Il p. Ab. però spiegò ogni cosa e fui accettata e dopo uno o due mesi mi furono assegnate delle cariche.

Con questa aggregazione ebbi più libertà di fare del bene e, permettendomi la nonna di seguire tutte le pratiche della Congregazione, due volte la settimana andavo dagli infermi più poveri e più abbandonati ed oltre ad aiutarli materialmente, nettavo loro la casa e facevo ad essi tutti quei servigi necessari.

Altra pratica che a me piaceva tanto era quella di preparare l’inferma per ricevere il S. Viatico o Comunione di devozione. Oltre a preparare l’ammalata si adornava la camera e si nettavano tutti i luoghi dove doveva passare il SS.mo Sacramento. Non era questo soltanto, perché come Zelatrici si doveva andare con torcia accesa in mano, velo nero e medaglia dietro il Sacramento immediatamente dopo il Sacerdote e dire delle preghiere ad alta voce (allora il Viatico si portava non in privato come ora). Io ero tanto contenta di andare dietro al Signore, di preparargli le anime, che ero sempre una delle prime, qualunque fosse stata l’ora, salvo un ordine contrario della nonna che subito accettavo, e sottomettevo il mio desiderio.

Fu in questo turno di tempo che mi presi l’incarico di rivestire alcune fanciulle, fornendole di due cambi di ogni indumento personale. Lasciandomi la nonna questa libertà (perché anch’essa amava i poveri) questi non partivano mai dalla nostra porta senza averli forniti di ciò che era loro più necessario, o vitto o biancheria.

Intanto passava il tempo. Il p. Ab. ogni tanto mi parlava della vita religiosa, ma io rispondevo, che non sentivo di consacrarmi a Dio negli Istituti esistenti, perché sentivo che non erano conformi ai miei sentimenti. Per lo più egli mi rispondeva che io dicevo così perché non conoscevo i monasteri e poi mi faceva delle domande sopra i miei sentimenti ed io semplicemente gli dicevo ciò che sentivo, senza mai supporre che un giorno sarebbe sorto questo Istituto. Oh, ne ero ben lungi!

Un giorno p. Abate mi chiamò e nuovamente mi domandò se volevo farmi religiosa. A questa domanda inaspettata pensai che Iddio questo voleva da me e quindi risposi che avrei fatto ciò che lui voleva. Allora mi parlò delle Sepolte Vive e conchiuse col dirmi: “Avverti i tuoi parenti perché dovrai entrare lì”.

Io obbedii. Ciò che accadde in famiglia non so descriverlo, tutti, eccetto la nonna, si opposero fortemente e crebbe l’opposizione quando seppero che avevo scelto le Sepolte Vive (non dissi in famiglia nulla del p. Ab.). Lasciai passare tutta quella burrasca, specie di mia madre e di mia sorella Adele, poi parlai seriamente con la nonna, questa non si oppose, solo mi fece notare che con una salute come la mia (perché seguitavo a stare sempre malaticcia) non era possibile che l’avessi potuto durare in una vita così austera com’era quella scelta, discutemmo un poco, poi fu conchiuso che quando sarebbe giunta l’ora, prima di entrare, sarei con la mamma andata a vedere e conoscere il Monastero.

Pian piano gli animi si calmarono perché credettero che col tempo avrei cambiato sentimento. Dopo questa decisione del p. Ab. sulla mia entrata, non mi preoccupai d’altro e proseguii tranquillamente la mia vita solita.

NOVENA

DELL'IMMACOLATA

PER I SACERDOTI

2 dicembre – 4° giorno

«LA VERGINE CONCEPIRÀ UN FIGLIO»

 DAL VANGELO SECONDO MATTEO (1,18-25)

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù.

DAGLI SCRITTI DI SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE SACERDOTE, MARTIRE

La Vergine Immacolata, la più perfetta tra le creature, è stata elevata al di sopra di ogni creatura. Il Figlio di Dio, infatti, discese dal Padre per mezzo dello Spirito Santo, prese dimora in lei, si incarnò in lei ed ella divenne la Madre di Dio, la Madre dell’Uomo-Dio, la Madre di Gesù. Qualsiasi manifestazione di amore delle creature non giunge al cospetto di Dio se prima l’Immacolata non l’ha purificata dalle imperfezioni, se Gesù non l’ha elevata a un valore infinito e, perciò, non l’ha resa degna della maestà del Padre celeste. L’unione tra lo Spirito santo e la Vergine Immacolata è così stretta che lo Spirito Santo, che ha compenetrato profondamente l’anima dell’Immacolata, non esercita alcun influsso sulle anime se non per mezzo di lei. Ella è divenuta la mediatrice di tutte le grazie, proprio per questo ella è veramente la Madre di ogni grazia divina. Per questo ancora ella è la Regina degli angeli e dei santi, è l’aiuto dei cristiani, è il rifugio dei peccatori.

PREGHIAMO

Maria Santissima, Regina incomparabile, tu che il Cristo crocifisso ci ha dato per Madre, metti nel numero benedetto dei tuoi figli i tuoi Sacerdoti; accoglili sotto la tua protezione; soccorrili in tutte le loro necessità, spirituali e temporali, soprattutto nell'ora della loro morte. Benedicili e, per mezzo della tua potente intercessione, rafforzali nella loro debolezza, affinché, servendoti fedelmente in questa vita, possano lodarti, amarti e renderti grazie nei cieli, per tutta l'eternità. Così sia! Amen.

Giaculatoria: O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te. (Ripetere 10 volte)

GIOVANNI BATTISTA

E

IL SACERDOTE

riflessione di dicembre 2021

 L'Avvento è il tempo liturgico che precede, come preparazione, la festa di Natale. Siccome la venuta di Cristo fu annunciata dai profeti, preparata dal Precursore e compiuta dalla Vergine Maria, le figure centrali dell'Avvento sono tre : Isaia, Giovanni Battista e Maria. La terza domenica di Avvento è dominata dalla figura di Giovanni Battista, l’austero precursore di Gesù profetizzato da Isaia, come «voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (Marco 3,3)

L’evangelista Luca ce lo presenta così: «Le folle interrogavano Giovanni, dicendo: “Che cosa dobbiamo fare?”. Rispondeva loro: “Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”. Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: “Maestro, che cosa dobbiamo fare?”. Ed egli disse loro: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”. Lo interrogavano anche alcuni soldati: “E noi, che cosa dobbiamo fare?”. Rispose loro: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe”. Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile”. Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo». (Luca 3,10-18)

“Cosa dobbiamo fare?”, richiedono le folle a Giovanni e la risposta ad esse è di iniziare a vivere una vita che abbia al centro la condivisione e la solidarietà verso i più bisognosi; dando da mangiare a chi non ne ha e di che vestirsi, a chi ne è sprovvisto.

Ai pubblicani che pongono lo stesso interrogativo, egli risponde “non esigete nulla più di quanto vi è stato fissato”. È noto che essi erano odiati e temuti, perché detenevano l’appalto della riscossione delle imposte per l’autorità romana, maggiorandola indebitamente a spese dei poveri, a proprio vantaggio. La richiesta del Battista è che chi esercita il potere non approfitti della propria posizione a scapito di chi è più debole.

Anche ai soldati, che domandano cosa devono fare, Giovanni risponde di non maltrattare nessuno, di non estorcere e di accontentarsi delle paghe senza inutili ribellioni o ammutinamenti.

Allora «Preparate la via del Signore» è un comando che ci invita a guardare alla nostra propria vita, a raddrizzare i suoi sentieri; non si tratta più di aprire una via nel deserto ma nella vita di ciascuno di noi, che deve convertirsi, cioè orientare la propria vita al Signore Gesù che viene.

«Preparate la via del Signore» significa anche che come Giovanni Battista prepara la via del Signore invitando la gente a convertirsi, esortandola con l’esempio e con la parola a cambiar vita, altrettanto è chiesto di fare ad ogni cristiano e in modo particolare al Sacerdote: invitare il popolo, di cui è pastore, a volgere lo sguardo del cuore e la propria vita di ogni giorno verso il Signore Gesù.

Non c’è conversione personale che non divenga anche invito rivolto agli altri: l’esperienza propria spinge a renderne partecipi tutti, perché ciò che è bello deve essere condiviso. Tutto questo però nasce soltanto dall’incontro con il Signore, dalla preghiera che deve essere il filo conduttore di tutta la nostra esistenza, perché come diceva papa Benedetto XVI nell’Udienza generale del 29 giugno 2009, «La preghiera non è tempo perso, non è rubare spazio alle attività, anche a quelle apostoliche, ma è esattamente il contrario: solo se siamo capaci di avere una vita di preghiera fedele, costante, fiduciosa, sarà Dio stesso a darci capacità e forza per vivere in modo felice e sereno, superare le difficoltà e testimoniarlo con coraggio».

Preghiamo perché il Signore ci doni numerosi Sacerdoti che, come Giovanni Battista, ci indichino la via della vita e ci accompagnino con l’esempio e la parola incontro al Signore che viene.

NOVENA

DELL’IMMACOLATA

PER I SACERDOTI

1 dicembre – 3° giorno

«L'ANIMA MIA MAGNIFICA IL SIGNORE»

 DAL VANGELO SECONDO LUCA (1,46-55)

Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva.

D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre».

DAGLI SCRITTI DI SAN MASSIMILIANO KOLBE, SACERDOTE E MARTIRE

L’Immacolata è l’apice delle perfezioni del creato, Madre di Dio, la più divinizzata tra le creature. Lo scopo della creazione, lo scopo dell’uomo è lo sforzo sempre maggiore di rendersi simile al Creatore, la divinizzazione sempre più perfetta [...] Noi imitiamo le persone buone, virtuose, sante, ma nessuna di esse è senza imperfezioni; solo lei, senza macchia di peccato fin dal primo istante della sua esistenza, non ha conosciuto nessuna caduta, nemmeno la più leggera. Imitare lei, dunque, avvicinarsi a lei, offrirsi in proprietà a lei, divenire lei, ecco il vertice della perfezione dell’uomo.

PREGHIAMO

O Maria, la luce della tua fede diradi le tenebre dello spirito dei tuoi Sacerdoti; la tua profonda umiltà si sostituisca al loro orgoglio; la tua sublime contemplazione ponga freno alle loro distrazioni; la tua visione ininterrotta di Dio riempia la loro mente della sua presenza; l’incendio di carità del tuo cuore dilati e infiammi il loro cuore, fa’ che io non abbiano altra anima che la tua per lodare e glorificare il Signore; e altro cuore che il tuo per amare Dio con puro e ardente amore, come te. Amen.

Giaculatoria: O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te. (Ripetere 10 volte)

NOVENA

DELL’IMMACOLATA

PER I SACERDOTI

30 novembre – 2° giorno

«BENEDETTA TU FRA LE DONNE»

DAL VANGELO SECONDO LUCA (1,39-45)

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.

Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

DAGLI SCRITTI DI SAN MASSIMILIANO KOLBE,

SACERDOTE E MARTIRE

“Fin dall’eternità, Dio aveva previsto una creatura che in nessuna cosa, nemmeno la più piccola, si sarebbe allontanata da Lui, che non avrebbe dissipato nessuna grazia, che non si sarebbe appropriata di nessuna cosa ricevuta da Lui: Maria di Nazareth.

Egli, poi, non permise che Ella fosse contaminata dalla macchia del peccato originale: fu concepita senza peccato, concepita immacolatamente.

A Santa Bernadette, che più volte a Lourdes l’aveva interrogata, la Vergine Immacolata rispose: “Io sono l’Immacolata Concezione”. Con queste parole ella affermò chiaramente di essere stata non soltanto concepita senza peccato, ma anzi di essere la stessa Immacolata Concezione: così come altro è un oggetto bianco e altro la sua bianchezza, altro è un oggetto perfetto e altro la sua perfezione”.

PREGHIAMO

Maria, donna dell’ascolto e della decisione, illumina la mente e il cuore dei tuoi Sacerdoti, perché sappiano obbedire alla Parola del tuo Figlio Gesù, senza tentennamenti; dona loro il coraggio della decisione, di non lasciarsi trascinare dalle logiche del mondo. Maria, donna dell’azione, fa’ che le loro mani e i loro piedi si muovano “in fretta” verso gli altri, per portare la carità e l’amore del tuo Figlio Gesù, per portare, come te, nel mondo la luce del Vangelo. Amen.

Giaculatoria: O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te. (Ripetere 10 volte)

NOVENA

DELL’IMMACOLATA

PER I SACERDOTI

29 novembre – 1° giorno

«TI SALUTO, O PIENA DI GRAZIA»

 Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. . Amen

DAL VANGELO SECONDO LUCA (1,26-38)

Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.

DAGLI SCRITTI DI SAN MASSIMILIANO KOLBE,

SACERDOTE E MARTIRE

L’immacolata non ebbe mai macchia di peccato, il che vuol dire che il suo amore fu sempre totale e senza alcun difetto. Amò Dio con tutto il proprio essere e l’amore la unì con Dio in modo così perfetto fin dal primo istante di vita che, nel giorno dell’annunciazione, l’angelo potè rivolgersi a lei dicendo: “Piena di grazia, il Signore è con te” (Lc 1,28). Ella, dunque, è creatura di Dio, proprietà di Dio, somiglianza di Dio, immagine di Dio, figlia di Dio, nel modo più perfetto possibile a un essere meramente umano.

PREGHIAMO

Aiuta, o Madre, la fede dei tuoi Sacerdoti! Apri il loro ascolto alla Parola, perché riconoscano la voce di Dio. Sveglia in loro il desiderio di Dio. Aiutali a lasciarsi toccare dal suo amore, aiutali ad affidarsi pienamente a lui, a credere nella sua bontà, soprattutto nei momenti di tribolazione e di croce, quando la fede è chiamata a maturare. Semina nel loro cuore la gioia del Risorto, perché con l’esempio della loro vita ci ricordino che chi crede non è mai solo e ci insegnino a guardare il nostro prossimo con gli occhi di Gesù. Amen

Giaculatoria: O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te. (Ripetere 10 volte)

Il significato dell’espressione “avvento” è “visitatio”, che vuol dire semplicemente e propriamente “visita”; in questo caso si tratta di una visita di Dio: Egli entra nella mia vita e vuole rivolgersi a me.

Tutti facciamo esperienza, nell’esistenza quotidiana, di avere poco tempo per il Signore e poco tempo pure per noi. Si finisce per essere assorbiti dal “fare”.

Non è forse vero che spesso è proprio l’attività a possederci, la società con i suoi molteplici interessi a monopolizzare la nostra attenzione?

Non è forse vero che si dedica molto tempo al divertimento e a svaghi di vario genere? A volte le cose ci “travolgono”.

L’Avvento, questo tempo liturgico forte che stiamo iniziando, ci invita a sostare in silenzio per capire una Presenza. E’ un invito a comprendere che i singoli eventi della giornata sono cenni che Dio ci rivolge, segni dell’attenzione che ha per ognuno di noi. Quanto spesso Dio ci fa percepire qualcosa del suo amore! Tenere, per così dire, un “diario interiore” di questo amore sarebbe un compito bello e salutare per la nostra vita!

L’Avvento ci invita e ci stimola a contemplare il Signore presente.

La certezza della sua presenza non dovrebbe aiutarci a vedere il mondo con occhi diversi?

Non dovrebbe aiutarci a considerare tutta la nostra esistenza come “visita”, come un modo in cui Egli può venire a noi e diventarci vicino, in ogni situazione?

Dall'omelia del santo padre BENEDETTO XVI Basilica Vaticana

Sabato, 28 novembre 2009

AUTOBIOGRAFIA

DI MADRE TERESA

SCRITTA

DIETRO RICHIESTA

DI DON GIUSEPPE PERRONE

(suo ultimo direttore spirituale)

(trascritta secondo l'originale,

senza correzioni di forma)

Il mio carattere così superbo, autorevole e reciso, sembrava morto in me. Credo che il Signore lo teneva a bada conoscendo la mia debolezza.

Nell’ottobre del medesimo anno caddi malata gravemente, ed il dottore disse in famiglia che malgrado tutte le cure che mi prodigavano, io non avrei vissuto più di tre mesi. La malattia si prolungò e solo nella primavera potetti entrare in convalescenza.

Durante questo tempo fui visitata due o tre volte da p. Ab. Egli mi donò il Teotimo ed i Trattenimenti di S. Francesco di Sales. Il Teotimo lo cominciai a leggere ma non ci capivo niente e lo lasciai, ritenni e lessi i Trattenimenti. Mia madre mi comprò l’Imitazione di G.C. Questi tre libri sono stati sempre nelle mie mani e specialmente l’Imitazione.

Durante la lunga malattia, l’unica mia pena era di non poter ricevere il Signore e essere priva di fargli visite: fuori di questo stavo tranquilla e il mio cuore spesso andava in spirito ai piedi dell’Altare. Non era però tutta virtù questa, perché essendo in famiglia la più benvoluta, le cure ed attenzioni erano molte e quindi non esercitavo una grande virtù, molto più che nel mio cuore non mancavano consolazioni.

Mio Dio, fin dall’infanzia mi avete circondato di amore e non contento disponevate il cuore dei miei cari ad amarmi così particolarmente da non farmi sentire né la privazione dei beni, né il mio stato fisico sì macilento: questi tratti della vostra bontà mi arrivavano al cuore, e solo un amore generoso e senza limiti può riparare l’ingratitudine verso un Dio così buono.

Rimessa in salute ripresi la mia vita primiera e quindi tornai a ricevere ogni giorno il Signore, questo mi si rese più possibile perché vicino a noi s’erano stabilite le Suore di S. Maria dell’Orto e così senza portarmi in Parrocchia mi recavo mattina e sera nella loro Cappella avendo il SS.mo Sacramento.

Dopo la malattia la mia preghiera cambiò.

Ai piedi del Sacrnto sentivo che l’anima mia s’intratteneva con una gran fede a parlare con il Signore. Sentivo internamente come una voce che mi penetrava ed io ascoltavo, rispondevo e risolvevo.

Questa voce mi parlava spesso sull’amore di Gesù, mi indicava l’esercizio della virtù specie sopra l’obbedienza.

Altre volte sentivo invece dentro il mio cuore che Iddio voleva tutta la mia volontà, ed io risolvevo di nulla negare a Dio, e per solito dopo la Comunione ne facevo al mio Signore un dono totale. Per solito le mie espressioni erano queste: “Gesù mio, ti dono tutta la mia volontà, prendine la chiave e fanne ciò che vuoi”: e nel dire questo, mi ricordo che lo dicevo con tanta verità e convinzione che mi sembrava e ne avevo l’impressione che il Signore accettava e ne diveniva l’assoluto padrone.

Dio mio, questa volontà che con tanto slancio vi davo e che protestavo di non voler riprendere, questa volontà l’ho ripresa per offendervi, per non servirvi! Eppure (ed è questo che più mi fa stupire) Voi sapevate come avrei ripreso il dono che allora vi facevo, l’accettavate e versavate le vostre grazie, il vostro amore nell’anima mia, come se questa vi sarebbe restata sempre fedele! Questo tratto del vostro amore mi confonde e mi strazia il cuore. Mi confonde nel vedere la mia ingratitudine, di fronte a tanta bontà, mi strazia il cuore nel vedere come finora nulla ho fatto per espiare tanta mia sconoscenza.

Mio Dio, io sento che una sola espiazione di amore posso e devo offrirvi. Sì, mio Dio, il mio amore per voi non avrà più limiti e quest’amore distruggerà la mia natura, mi sproprierà di tutto ciò che è in me, mi spingerà alla penitenza e così darò a voi un tributo di espiazione e questa espiazione guidata dall’amore unita ai meriti di Gesù nostro divino riparatore, voglio che ad ogni istante ascenda a voi. Ah, mio Dio! Datemi un cuore grande grande, che sappia amarvi e possa amarvi tutto il tempo che non vi ho amato.

Passò qualche tempo così, quando un giorno trovandomi come il solito avanti il SS.mo Sacrnto, tutto sparì avanti all’anima mia ed il Cuore di Gesù si presentò al mio spirito nella sua bellezza divina.

Egli nulla disse al mio cuore, ma mi guardò amorosamente e quello sguardo penetrò nel fondo del mio animo, e l’anima mia intese il bisogno di riposarsi in Dio (questo mi accadde anche qualche altra volta).

Dopo questo io non potevo più né pensare né parlare col Signore nel tempo dell’orazione. Sentivo che l’anima mia stava come riposata in Dio immersa in un dolce silenzio e come in un dormiveglia in cui sentivo che la mia volontà amava Dio.

L’effetto che io risentivo da questo era un gran desiderio di patire e patire tanto, mi sembrava che amare e non patire non poteva andare, e quindi chiedevo a Dio dei patimenti, li chiedevo però senza conoscerli e ne chiedevo tanti. Dico che chiedevo dei patimenti senza conoscerli, perché io non pativo nulla; tentazioni, contrarietà non le avevo e quindi chiedevo senza capire quello che chiedevo.

Domandavo al p. Ab. delle mortificazioni esterne e mi fu concesso di non bere mai, neppure a pranzo nei venerdì, di portare tutto il giorno la catenella, e la disciplina a sangue, ed ebbi il permesso di alzarmi la notte. Come più l’anima mia si accostava a Dio tanto più in me cresceva l’amore e il desiderio di sacrificarmi per la salvezza delle anime.

Questo desiderio mi cresceva gradatamente nell’animo e pian piano andavo unendo le mie preghiere a quelle del C. di Gesù nell’Eucaristia e ne facevo lui il depositario dandogli tutte le preghiere, penitenze e opere per i poveri peccatori. Io sentivo come una attrazione per sacrificarmi, spropriarmi di tutto per queste anime e quando ricevevo Gesù l’unico mio pensiero erano i peccatori e mi offrivo con semplicità ed amore a Gesù per la conversione di questi e soprattutto gli facevo dono di tutta la mia volontà con atti di abbandono.

SUPPLICA ALLA MADONNA

DELLA MEDAGLIA MIRACOLOSA

 Da recitare il 27 novembre, festa della Medaglia Miracolosa, in ogni 27 del mese e in ogni urgente necessità. L’orario indicato è quello delle 17.00, ma se non è possibile si può recitare in qualsiasi altro momento.

Nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

O Vergine Immacolata, noi sappiamo che sempre ed ovunque sei disposta ad esaudire le preghiere dei tuoi figli esuli in questa valle di lacrime, ma sappiamo pure che vi sono giorni in cui ti compiaci di spargere più abbondantemente i tesori delle tue grazie. Ebbene, o Madre, eccoci qui prostrati davanti a te, proprio in quello stesso giorno benedetto, da te prescelto per la manifestazione della tua Medaglia.

Noi veniamo a te, ripieni di immensa gratitudine ed illimitata fiducia, in questo giorno a te così caro, per ringraziarti del gran dono che ci hai fatto dandoci la tua immagine, affinché fosse per noi attestato d’affetto e pegno di protezione. Noi ti promettiamo che: la santa Medaglia sarà il segno della tua presenza presso di noi, sarà il nostro libro su cui impareremo a conoscere, seguendo il tuo consiglio, quanto ci hai amato e ciò che noi dobbiamo fare, perché non siano inutili tanti sacrifici tuoi e del tuo divin Figlio.

Sì, il tuo Cuore trafitto, rappresentato sulla Medaglia, poggerà sempre sul nostro cuore e lo farà palpitare all’unìsono col tuo, lo accenderà d’amore per Gesù e lo fortificherà, per portar ogni giorno la nostra croce dietro di Lui.

Ave Maria… O Maria concepita senza peccato prega per noi che ricorriamo a te.

Questa è l’ora, o Maria, della tua bontà inesauribile, della tua misericordia trionfante, l’ora in cui facesti sgorgare per mezzo della tua Medaglia, quel torrente di grazie e di prodigi che inondò la terra. Fa, o Madre, che quest’ora, che ricorda la dolce commozione del tuo Cuore, la quale ti spinse a portarci il rimedio di tanti mali, sia anche l’ora nostra: l’ora della nostra sincera conversione, e l’ora del pieno esaudimento dei nostri voti.

Tu, che hai promesso che grandi sarebbero state le grazie per chi le avesse domandate con fiducia, volgi benigno il tuo sguardo su di noi. Confessiamo di non meritare le tue grazie. Ma a chi ricorreremo, o Maria, se non a te, che sei la Madre nostra, nelle cui mani Dio ha posto tutte le sue grazie? Abbi, dunque, pietà di noi. Te lo domandiamo per la tua Immacolata Concezione e per l’amore che ti spinse a darci la tua preziosa Medaglia.

Ave, Maria… O Maria concepita senza peccato prega per noi che ricorriamo a te.

O Consolatrice degli afflitti, che già ti inteneristi sulle nostre miserie, guarda ai mali da cui siamo oppressi. Fai che la tua Medaglia sparga su di noi e su tutti i nostri cari i suoi raggi benefici: guarisca i nostri ammalati, dia la pace alle nostre famiglie, ci scampi da ogni pericolo. Porti la tua Medaglia conforto a chi soffre, consolazione a chi piange, luce e forza a tutti.

Ma specialmente permetti, o Maria, che, in quest’ora solenne, ti domandiamo la conversione dei peccatori, particolarmente di quelli che sono più bisognosi della tua misericordia. Ricordati che anch’essi sono tuoi figli, per i quali hai sofferto, pregato e pianto. Salva tutti i tuoi figli per poterti un giorno ringraziare e lodare eternamente in Cielo. Amen.

Salve Regina.. O Maria concepita senza peccato prega per noi che ricorriamo a te. Amen

AUTOBIOGRAFIA

DI MADRE TERESA

SCRITTA

DIETRO RICHIESTA

DI DON GIUSEPPE PERRONE

(suo ultimo direttore spirituale)

(trascritta secondo l'originale,

senza correzioni di forma)

Tornata dal p. Abate, io speravo che mi desse subito la Comunione giornaliera, ma prudentemente pensò di attendere. Certo che di me non si poteva fidare. La privazione della Comunione l’intesi più che la sgridata che mi fece la volta avanti.

Passato circa un mese e dietro le mie replicate istanze mi concesse la Com. ogni giorno. Non so esprimere la mia gioia, basta dire che non mi rivolsi più al p. Ab., mi sembrava superfluo andarmi a confessarmi, avevo ogni giorno il Signore, questo mi bastava, era tutto per me, e quindi passai del tempo senza confessarmi. P. Ab. notava che la Comunione la facevo, vedeva che da altri non andavo in confessionale, volle venire al chiaro della cosa, ed interpellatami una volta in proposito, gli risposi: “Cosa vengo a fare a confessarmi? Ora fo la Com. ogni giorno, peccati non li commetto”: questa o simile fu la mia risposta, ma Egli mi ordinò di andare ogni 8 giorni a prendere l’assoluzione.

Quando mi detti al Signore il primo impulso che dette al mio cuore fu l’obbedienza. Io intesi potentemente il bisogno di obbedire e di mettere l’anima mia in mano al Ministro di Dio, e quindi la seconda volta che mi confessai, affidai l’anima al p. Ab. e gli promisi di obbedirgli sempre (fu semplice promessa). Io amavo obbedire, ma non volevo che mi dessero le ragioni degli ordini perché pensavo (come penso anche adesso) che a me stava a obbedire, al p. Ab. a riflettere. Mi proposi anche di obbedire in tutto alla nonna, e le obbedivo puntualmente sottomettendo il mio giudizio e nulla facevo senza sentire il parere della nonna. Questa era una donna pia, di retto criterio e giudizio. Sentivo nel mio cuore che il Signore voleva da me questa obbedienza, ed io seguivo semplicemente questo impulso.

Sin dalla mia infanzia, come ho scritto, mi sentivo invitata a pregare; con darmi a Dio l’impulso fu più vivo, ed io lo seguii. Cominciai a udire ogni mattina la S. Messa, ma essendo di rito greco poco la capivo. Non lasciavo mai la visita al SS.mo Sacrnto. Il p. Ab. m’insegnò a fare la meditazione e a quest’effetto mi donò un libro col titolo: La scuola di Gesù appassionato di un P. Passionista; mi donò anche un libretto per fare l’Ora Santa e m’indicò il modo di farla.

Per la meditazione seguii il modo insegnatomi. Sul principio mi ci trovai bene e passavo delle ore a meditare un solo punto della Passione di Gesù, il mio cuore s’inteneriva e cominciai a sentire desiderio di fare qualche penitenza per unirmi alla passione di Gesù C. Io allora non conoscevo alcun istrumento di penitenza quindi ne formai uno da me. Presi della latta e la tagliai in finissime strisce, indi avvolsi queste a delle corde già preparate, per mettere alla vita e alle braccia. Mi rammentai dell’obbedienza promessa al p. Ab. e allora, fatto un involto con lettera di accompagno, lo mandai al p. Ab. La lettera a un dipresso era così concepita: “Quando una giovane di questo mondo si sposa, se vede che lo sposo soffre e se essa lo ama davvero prende parte delle sue sofferenze. Io so che Gesù ha sofferto tanto per me, voglio fare qualche cosa anch’io per lui come lo facevano i santi”, quindi lo pregavo di osservare ciò che gli mandavo e nel medesimo tempo lo pregavo di darmi il permesso di adoperarle, poi aggiunsi che nelle ore pom. sarei andata in Sacrestia per prendere la risposta. Questa fu la prima lettera che scrissi al p. Ab.

Nelle ore pom. egli venne, ma invece di quelle corde mi portò una catenella ed una disciplina di corda, permettendomi di portare la prima per mezz’ora e adoperare la seconda per un Pater. Mi servii anche del libretto per l’Ora santa, ma i pensieri che mi venivano non li sviluppavo tutti, perché temevo che poi non ne avrei avuti più, perciò ne lasciavo sempre qualcuno addietro per un’altra volta.

Mio Dio, quanta pazienza avete avuto con me! Quanto mi avete amato! E ripensando al mio passato sento nel mio cuore un bisogno di amarvi tanto da farvi dimenticare la mia ingratitudine, le mie offese, i miei peccati!

Poco tempo durai a pregare in questo modo, perché presto mi trovai a non trovarmi più con quel metodo, la mia mente si stancava, e spesso scordavo il punto che mi ero prefissa di meditare; l’anima mia si riposava meglio nel Sacramento, e quello che maggiormente mi colpiva era l’amore di G.C., questo occupava il mio pensiero, e sentivo che avrei fatto qualunque cosa per mostrare a Gesù il mio amore. Il mio animo nuotava in continue consolazioni e non trovavo miglior modo di corrispondere che con mortificare la mia carne, quindi chiesi di fare 100 genuflessioni in onore di Gesù Sacramentato (queste genuflessioni poi sono arrivate fino a 1.000 e qualche volta di più, dividendole in tre volte durante il giorno) poi chiesi di digiunare il che mi fu concesso, ma non sempre, portavo la cat. tutta la mattinata e facevo la discipl. 3 volte la settimana.

Semplicemente:

senza illusioni.

La mistica cristiana consiste non nella straordinarietà, nelle estasi, nelle visioni ma nel continuo scambio dell'esistenza creaturale con il Creatore, così che la creatura diviene sempre più permeabile a Lui, veramente a Lui unita in santa sponsalità e maternità.

Papa Benedetto XVI

AUTOBIOGRAFIA

DI MADRE TERESA

SCRITTA

DIETRO RICHIESTA

DI DON GIUSEPPE PERRONE

(suo ultimo direttore spirituale)

(trascritta secondo l'originale,

senza correzioni di forma)

Tornata dal p. Abate, io speravo che mi desse subito la Comunione giornaliera, ma prudentemente pensò di attendere. Certo che di me non si poteva fidare. La privazione della Comunione l’intesi più che la sgridata che mi fece la volta avanti.

Passato circa un mese e dietro le mie replicate istanze mi concesse la Com. ogni giorno. Non so esprimere la mia gioia, basta dire che non mi rivolsi più dal p. Ab., mi sembrava superfluo andarmi a confessarmi, avevo ogni giorno il Signore, questo mi bastava, era tutto per me, e quindi passai del tempo senza confessarmi. P. Ab. notava che la Comunione la facevo, vedeva che da altri non andavo in confessionale, volle venire al chiaro della cosa, ed interpellatami una volta in proposito, gli risposi: “Cosa vengo a fare a confessarmi? Ora fo la Com. ogni giorno, peccati non li commetto”: questa o simile fu la mia risposta, ma Egli mi ordinò di andare ogni 8 giorni a prendere l’assoluzione.

Quando mi detti al Signore il primo impulso che dette al mio cuore fu l’obbedienza. Io intesi potentemente il bisogno di obbedire e di mettere l’anima mia in mano al Ministro di Dio, e quindi la seconda volta che mi confessai, affidai l’anima al p. Ab. e gli promisi di obbedirgli sempre (fu semplice promessa).

Io amavo obbedire, ma non volevo che mi dessero le ragioni degli ordini perché pensavo (come penso anche adesso) che a me stava a obbedire, al p. Ab. a riflettere. Mi proposi anche di obbedire in tutto alla nonna, e gli obbedivo puntualmente sottomettendo il mio giudizio e nulla facevo senza sentire il parere della nonna. Questa era una donna pia, di retto criterio e giudizio. Sentivo nel mio cuore che il Signore voleva da me questa obbedienza, ed io seguivo semplicemente questo impulso.

Sin dalla mia infanzia, come ho scritto, mi sentivo invitata a pregare; con darmi a Dio l’impulso fu più vivo, ed io lo seguii. Cominciai a udire ogni mattina la S. Messa, ma essendo di rito greco poco la capivo. Non lasciavo mai la visita al SS.mo Sacrnto. Il p. Ab. m’insegnò a fare la meditazione e a quest’effetto mi donò un libro col titolo: La scuola di Gesù appassionato di un P. Passionista; mi donò anche un libretto per fare l’Ora Santa e m’indicò il modo di farla. Per la meditazione seguii il modo insegnatomi. Sul principio mi ci trovai bene e passavo delle ore a meditare un solo punto della Passione di Gesù, il mio cuore s’inteneriva e cominciai a sentire desiderio di fare qualche penitenza per unirmi alla passione di Gesù C.

Io allora non conoscevo alcun istrumento di penitenza quindi ne formai uno da me. Presi della latta e la tagliai in finissime strisce, indi avvolsi queste a delle corde già preparate, per mettere alla vita e alle braccia. Mi rammentai dell’obbedienza promessa al p. Ab. e allora, fatto un involto con lettera di accompagno, lo mandai al p. Ab. La lettera a un dipresso era così concepita: “Quando una giovane di questo mondo sposa, se vede che lo sposo soffre e se essa lo ama davvero prende parte delle sue sofferenze. Io so che Gesù ha sofferto tanto per me, voglio fare qualche cosa anch’io per lui come lo facevano i santi”, quindi lo pregavo di osservare ciò che gli mandavo e nel medesimo tempo lo pregavo di darmi il permesso di adoperarle, poi aggiunsi che nelle ore pom. sarei andata in Sacrestia per prendere la risposta.

Questa fu la prima lettera che scrissi al p. Ab. Nelle ore pom. egli venne, ma invece di quelle corde mi portò una catenella ed una disciplina di corda, permettendomi di portare la prima per mezz’ora e adoperare la seconda per un Pater. Mi servii anche del libretto per l’Ora santa, ma i pensieri che mi venivano non li sviluppavo tutti, perché temevo che poi non ne avrei avuti più, perciò ne lasciavo sempre qualcuno addietro per un’altra volta.

Mio Dio, quanta pazienza avete avuto con me! Quanto mi avete amato! E ripensando al mio passato sento nel mio cuore un bisogno di amarvi tanto da farvi dimenticare la mia ingratitudine, le mie offese, i miei peccati!

Poco tempo durai a pregare in questo modo, perché presto mi trovai a non trovarmi più con quel metodo, la mia mente si stancava, e spesso scordavo il punto che mi ero prefissa di meditare; l’anima mia si riposava meglio nel Sacrnto, e quello che maggiormente mi colpiva era l’amore di G.C., questo occupava il mio pensiero, e sentivo che avrei fatto qualunque cosa per mostrare a Gesù il mio amore.

Il mio animo nuotava in continue consolazioni e non trovavo miglior modo di corrispondere che con mortificare la mia carne, quindi chiesi di fare 100 genuflessioni in onore di Gesù Sacrnto (queste genuflessioni poi sono arrivate fino a 1.000 e qualche volta di più, dividendole in tre volte durante il giorno) poi chiesi di digiunare il che mi fu concesso, ma non sempre, portavo la cat. tutta la mattinata e facevo la discipl. 3 volte la settimana.

In me cresceva il desiderio di Dio e approfittando della condiscendenza della nonna passavo il dopopranzo in Chiesa, mi mettevo vicino ad una colonna, e lì mezzo all’oscuro e nascosta, stavo ore e ore in ginocchio avanti al Sacramento. Oh! lo amavo tanto Gesù e sentivo che lui pure mi amava tanto! Mio Dio, ricordo quei tempi e ricordo che il mio cuore ogni giorno più si sentiva preso di voi, ricordo gli slanci amorosi che a voi facevo. Mio Dio, che rimproveri sono per l’anima mia questi ricordi! Sì, mio divin Redentore, finché vivrò vi voglio amare tanto da espiare con l’amore la mia ingratitudine. I

l mondo era del tutto sparito in me, né alcun pensiero di esso tornava, l’anima mia si trovava finalmente nel suo centro, io non cercavo altro. Mia madre non si dava pace, essa non vedeva di buon occhio la mia risoluzione e quindi fortemente mi sgridava perché io non mi adornavo, perché andavo in Chiesa ecc. Ed un giorno giunse a maledirmi, cosa che io intesi fortemente. Mia sorella anche mi perseguitava, abituata a stare sempre insieme nei passeggi, divertimenti ecc. ora non voleva accomodarsi alla mia determinazione e quindi mi nascondeva gli abiti e i cappelli e faceva altre cose, che anche la nonna si disgustava con essa. Tanto mia madre quanto mia sorella mi volevano un gran bene e loro ritenevano che facendo quella vita di Chiesa sarei morta.

AUMENTA LA NOSTRA FEDE

sIGNORE,

DACCI SACERDOTI SANTI.

E

AUTOBIOGRAFIA

DI MADRE TERESA

SCRITTA

DIETRO RICHIESTA

DI DON GIUSEPPE PERRONE

(suo ultimo direttore spirituale)

(trascritta secondo l'originale,

senza correzioni di forma)

A 18 anni, quando Iddio stava preparando il colpo che doveva costringermi a farla finita col mondo, cominciai a temere di avere la vocazione.

Io spesso pregavo Iddio che mi avesse dato la vocazione, io temevo di averla e in me succedeva un contrasto; ero stanca del mondo, eppure temevo di darmi a Dio: forse il mio cuore cominciava attaccarsi al mondo? Oppure comprendevo che se dovevo darmi a Dio dovevo farlo davvero? Qui non so che dire, so solo che apparentemente fuggivo da tutto ciò che potesse ricordarmi la vocazione religiosa, ma pregavo anche il Signore di allontanarmela, ma poi rifuggivo di rientrare in me.

In questo periodo ultimo della mia vita mondana amiche non ne avevo, avevo delle compagne ma da queste non ammettevo discorsi disonesti o che mi avessero fatto conoscere i misteri della vita; mi pareva che era un avvilirmi troppo e ne sentivo ripugnanza.

Il carattere che in questo tempo si manifestò in me fu autoritario e reciso, nel medesimo tempo ero compassionevole verso i poveri e specie per la servitù. Nelle mie lotte interne, la mia soddisfazione era di soccorrere i poveri e davo loro cibo, abiti, biancheria, infine tutto ciò che mi veniva per le mani; detti coperte da letto, fodere di materassi, davo tutto senza curarmi se era servibile o se era cosa che a me piaceva.

Dei danari che mia madre lasciava a mia disposizione per me non tenevo nulla, ma li donavo tutti ai poveri, specie ad uno che stava sulla porta della Chiesa di S. Andrea delle Fratte qui in Roma, né contavo ciò che davo, ero contenta, felice quando, riempita la mia mano di spiccioli, li versavo nel cappello del povero e godevo nel sentire le benedizioni che mi mandava e mi raccomandavo alle loro orazioni, sapendo bene il bisogno che ne avevo. Queste elemosine le facevo in modo che nessuno si accorgesse e quando per la strada davo il danaro procuravo con qualche scusa restare addietro gli altri.

Come si è visto, mia madre spendeva più del dovere e quando i nonni e lo zio Rayner tornarono dalla Russia (causa la guerra) i nostri beni paterni erano rovinati, ed infatti non avendo pagato le tasse da qualche anno, fu tutto messo in vendita. Lo zio Arturo rimediò ma poté fare ben poco. In questa catastrofe riconobbi la mano di Dio e risolsi subito di darmi interamente a Dio, darmi senza riserva, cosa che feci subito. M’imposi di digiunare ogni sabato in onore della Madonna, le feci dono di un unico gingillo d’oro, che consisteva in un fermaglio in forma di chiave, metà oro e metà cesellato in argento e promisi di ascoltare ogni giorno la S. Messa. Infatti cominciai subito; la Madonna fece accomodare quel poco di beni rimastoci, ed io troncai tutto col mondo.

Datami a Dio e ritornata la calma nel mio animo fu tutt’uno. Una lunga malattia preparò il mio animo per la mia conversione definitiva. Allora ero entrata nei 18 anni. Ecco brevemente la mia vita mondana, vita di lotta con la grazia che infine ha trionfato. Redentore mio divino, Voi a Voi mi avete attirato con le funi del vostro amore, ed io anziché apprezzare questo amore l’ho disprezzato. Quanto ciò mi confonde, mi annienta! Ecco di che sono capace!

Durante la mia malattia i monaci basiliani elessero il nuovo abate nella persona di D. Arsenio Pellegrini. Ristabilita che fui, ma tuttora convalescente, ottenni dalla nonna il permesso di andare in Chiesa e feci chiamare il P. Abate per confessarmi. Mia intenzione era di affidarmi alla sua direzione, però questa prima volta non gli palesai la mia intenzione, e quindi semplicemente mi confessai.

Egli, consapevole della vita mondana da me fatta, e forse credendo che ancora la facevo, mi fece una buona e forte sgridata per vario tempo, trattandomi in un modo tanto brusco e con le parole così grosse che alla mia superbia non piacevano punto, e credo che se non ero più che decisa e se la Madonna non mi aiutava, non sarei più tornata dal p. Abate. Comunque sia, presi in bene la lavata di capo, e quando col medesimo tono brusco mi disse conchiudendo “Avete capito? Voi dovete farvi santa”, io risposi risoluta e recisa: “Lo so e mi ci farò”. Ed egli allora bruscamente replicò: “Sì, vi ci farete con questa vita che fate!”. Io per tutta risposta dissi: “Lo vedrà” e andai senz’altro via dal confessionale.

Dopo 8 giorni tornai a confessarmi ed il p. Abate fu questa volta molto buono con me, come del resto per l’anima mia, lo è stato sempre.

Importanza della preghiera!

Abbiamo abbandonato la preghiera e dimentichiamo che solo la preghiera è il sangue che può irrorare il cuore della Chiesa.

Robert card. Sarah

AUTOBIOGRAFIA

DI MADRE TERESA

SCRITTA

DIETRO RICHIESTA

DI DON GIUSEPPE PERRONE

(suo ultimo direttore spirituale)

(trascritta secondo l'originale,

senza correzioni di forma)

In questo periodo di anni nessuno mi conduceva in Chiesa né per ricevere i Sacramenti, né per la Messa, e la domenica erano inquietudini perché io volevo sentir Messa e nessuno mi ascoltava.

Il mio cuore non era ancora guasto e quindi non potendo andare in Chiesa mi sfogavo a salutare il Signore a guardare con desiderio la porta della Chiesa, quando sortendo m’incontravo a vederla.

Intanto mia madre pensava a divagarmi sempre più e quindi con la famiglia di un colonnello russo ed altri signori si passavano le serate e anche le nottate intere nei balli, teatri, società, ecc., e così la mattina si passava a dormire, il dopopranzo in gite, cavalcate ecc. e la notte come di sopra ho detto.

Sul principio io mi trovavo come un pesce fuor d’acqua, poi cominciai a gustare il mondo, ma il Signore mi mise nel cuore un vuoto tale ed una amarezza inesprimibile in tutti i piaceri, feste, ecc. che cominciai a soffrire internamente pene che non si possono spiegare.

Passava il tempo ed io sentivo sempre più il vuoto del cuore, tutto mi annoiava ed ogni sera, adornata da me o da altri per andare alla festa, io mi chiudevo in camera e vestita com’ero, mi gettavo in ginocchio e piangendo caldamente pregavo il Signore che almeno mi avesse fatto divertire, che avesse in qualche modo riempito il vuoto del mio cuore; di dissipare quell’amarezza. Pregavo la Madonna, mi raccomandavo a papà, promettevo doni, preghiere, ma tutto inutile e durante i divertimenti il mio cuore nuotava nella sofferenza, la più straziante, mentre nell’esterno il sorriso era sulle mie labbra, ma sul mio volto si vedeva la mestizia ed il riso forzato, e tutti si interessavano di me attribuendolo allo stato di mia salute.

Quanto ho sofferto in quegli anni! E dire che non mi aprivo con nessuno!

Tornata in casa a ora tarda, mi chiudevo di nuovo in camera e senza spogliarmi tornavo a mettermi in ginocchio, sfogavo la mia pena col pianto e fra le lagrime domandavo a Dio perché non mi lasciava gustare tanti divertimenti, e senza aspettare la risposta della mia coscienza che reclamava Iddio, mi abbandonavo al pianto, finché stanca e sfinita mi addormentavo, l’indomani le stesse pene, gli stessi pianti e la mia salute intanto deperiva giorno per giorno.

Mia madre, a mia insaputa mi fidanzò con un ufficiale. Quando lo seppi non dissi nulla, lasciai correre, ma dentro di me dissi: “Io non mi assoggetterò mai ad un uomo”. Il mio orgoglio si opponeva, di più sentivo che il mio cuore per sua indole aveva bisogno di un amore forte, solido e più verace di quello di un uomo. Con questo pensiero e convinzione ridevo sulla pretenzione di questo ufficiale, sopra di me; finalmente capì e mi lasciò libera.

Ebbi simpatia per un giovane ma questo sentimento lo tenni in me e quando una morte immatura lo colpì, fui contenta di essermi liberata di quel sentimento che poteva legare il mio cuore ed io non volevo.

Oltre a quel vuoto che nel mio cuore sentivo, disopra accennato, io subivo un altro genere di martirio. Ogni volta che andavo in Chiesa una forza misteriosa mi costringeva fermarmi davanti al Sacrnto e fare un profonda genuflessione. Io non so spiegare il contrasto che sentivo per parte della mia superbia. Le nostre conoscenti mi burlavano, mi criticavano poi, ed io, benché la mia superbia si commovesse tutta, non potevo però non secondare quell’impulso e col ginocchio sino a terra salutavo il Signore. Di più, messa al mio posto per ascoltare la Messa, io non ero più padrona di distrarmi di qua e di là; una forza interna mi costringeva a seguir la Messa e pensare al Signore, e ricordo che un’alzata di occhi per curiosità o per compiacere gli altri, specie la gioventù maschile che si metteva di fronte a noi, mi costava infiniti rimorsi e pene interne.

In questo tempo non lasciai mai il Rosario e le tre Ave alla Madonna come anche nell’incontrare nelle strade l’immagine di Maria interrompevo il discorso e la salutavo nel segreto del mio cuore. Ah, mio Dio, voi venivate dietro al mio cuore, ed il cuor mio, pur volendo essere tutto vostro, perché sentivo bene che voi solo potevate riempire il vuoto del mio cuore, e appagare la sua aspirazione di un amore che non avesse avuto fine, pure vi fuggivo, e anziché gettarmi nel vostro seno, seguivo i piaceri del mondo.

Quando penso a questi tratti di amore di Dio verso l’anima mia, mi sento una pena tanto grande, che quasi direi sorpassa il dolore dei miei peccati, perché questi sono il frutto della mia malizia, quello l’infinito amore di un Dio verso una sua miserabile creatura.

La Madonna anche in quest’anno mi difese in vari pericoli, che certo senza il suo aiuto non so come sarei finita.

GESU' AL SACERDOTE

Per fare di un paese una comunità cristiana, dove possa svilupparsi ciò che vi è di meglio nell'uomo, bisogna porre questo paese in stato di orazione.

Ebbene, i maestri di orazione sono per eccellenza i sacerdoti, e la loro influenza è in rapporto alla loro intimità con me.

Offrimi spesso le sofferenze dei tuoi fratelli sacerdoti: sofferenze dello spirito, del corpo, del cuore; uniscile a quelle della mia Passione e della Croce perché, da tale unione, attingano il loro pieno valore di pacificazione e di corredenzione.

Chiedi a mia Madre di aiutarti in questa missione e pensaci in modo particolare nella celebrazione della Messa, in unione con lei e alla sua materna presenza.

Da: "Meditazioni sul sacerdozio di autori vari"

AUTOBIOGRAFIA

DI MADRE TERESA

SCRITTA DIETRO RICHIESTA

DI DON GIUSEPPE PERRONE

(suo ultimo direttore spirituale)

(trascritta secondo l'originale,

senza correzioni di forma)

La visita che la sera si faceva in Parrocchia, al SS.mo Sacramento per me era sempre corta. Io non sapevo pregare perché nessuno si occupava di questo (non sapendo ciò che passava in me) quindi la mia preghiera consisteva nel dire a Gesù che l’amavo tanto, che volevo sempre amarlo ecc. e quando poi mi sembrava di non essere capace di dire altre cose allora dicevo: “Gesù mio, io intendo dirvi tutto quello che adesso vi dice la Superiora”.

Come ho già detto tutto passava nel segreto del mio cuore. Questo però era superbia perché non volevo che alcuno sapesse niente di me.

Apporto un esempio. Una volta non seppi risolvere un compito di matematica, la maestra mi sgridò e mi impose di pranzare sopra un tavolo in cucina e senza tovaglia. Apparentemente presi bene la penitenza, nel mio interno la mia superbia ed orgoglio si rintese, andai buona a prendere la sedia, ma quando fui sicura che nessuno mi vedesse, temendo di fare la cattiva, mi posi in ginocchio e pregai la Madonna, indi andai in cucina, le lacrime mi stringevano la gola, ma dissi a me stessa: “È una viltà il piangere e poi perché mostrare esternamente di avere intesa la penitenza?”. Non piansi, mangiai tutto come se nulla sentissi, benché dal mio volto si vedeva la violenza che mi facevo, non sapendo mostrare ciò che non sentivo.

Questi sentimenti di superbia erano frequenti in me, e l’obbedire, il sottomettermi mi era ben duro, ma pure lo facevo. Questo tempo, o meglio dire questi anni per me passarono senza offendere gravemente e maliziosamente il Signore. Per altro non era virtù in me, perché nei pericoli non stavo, compagne non ne avevo, libri cattivi non leggevo, e questi anni li passai solo fra la malattia e lo studio, quando potevo.

Mio Dio e Signor mio, veramente allora vi amavo. Oh, fossi allora morta anziché offendervi come poi ho fatto! Quanto rimpiango quegli anni in cui pensavo con semplicità a Voi!

Tornata mia madre dalla Russia ci riprese subito in casa e pensò di prendere come istitutrice una signorina di età, alla quale ci affidò per gli studi. Questa viveva sempre con noi. Mia madre pensava che, studiando in casa ed avendomi tutti i riguardi possibili, avrei potuto appagare il desiderio che avevo di studiare, ma non fu possibile e dopo un anno convenne licenziare l’Istitutrice, che del resto fu un bene non avendo questa punto di religione.

Mia madre volle ancora tentare un’altra prova e fu di prendere un maestro che ci dava quattro volte la settimana la lezione, tre per lo studio, una per il pianoforte, ma questa prova anche fallì, ed allora fu mia sorella, che godeva buona salute, messa in Collegio in Frascati dalle Figlie del Sacro Cuore, e decise di tenermi in Roma durante l’inverno.

Io allora entravo nei 15 anni. Vedendo la mammà che non amavo le vanità, né ambivo gingilli in oro ecc. come tante altre giovanette della mia età, entrò in sospetto che pensassi di rendermi religiosa, e quindi per distogliermi da questo, pensò di farmi conoscere meglio il mondo. Ed ecco che l’anima mia fino allora mantenutasi buona comincia a sdrucciolare. Mio Dio, cosa è il cuore umano!...

Cominciò quindi mia madre a farmi gustare tutti i possibili piaceri, divertimenti, vanità che umanamente parlando alla mia condizione si poteva. Fra le altre cose fece conoscenza di una famiglia e per conseguenza io cominciai a trattare con le figlie della mia età, ma debbo riconoscere che in questo caso la Madonna mi sorvegliava con amore, perché mi accompagnai bensì con queste, ma amicizia e confidenza vera non la volli mai.

Dovendo una volta mammà assentarsi da Roma, mi lasciò da questa famiglia per un 15 o 20 giorni, non ricordo bene. L’apparenza mostrava una famiglia distinta e perbene, né nulla faceva sospettare quella che in realtà era. Una sera fecero un ricevimento, ciò non mi fece impressione essendo abituata, ma allorché vidi che all’ora stabilita entravano dei signori il cui aspetto non mi piaceva, domandai il perché le signore e le signorine tardavano; mi fu risposto che quella serata era sola per signori.

Riunitisi che furono in un discreto numero fui invitata a prendere parte ad un giuoco, dicevano, e mi fecero stendere le mani sopra un tavolo. La Signora di casa cominciò degli scongiuri, io allora cominciai a pregare la Madonna nel segreto del mio cuore. Intanto tutti si agitavano perché lo spirito non rispondeva; allora uno di quei signori, e credo il capo, guardandomi fissamente disse: “Lo spirito non viene perché vi è una che mette ostacolo”. Io a queste parole ebbi tanta paura che mi scostai dal tavolo e andai a sedermi in una poltrona, incominciai il Rosario alla Madonna e piangendo dicevo a mio padre morto: “Papà mio, se voi non eravate morto io non mi trovavo qui né questo mi accadeva: aiutatemi”.

Passò un buon quarto e lo spirito non rispondeva, tutti si agitavano perché volevano quella sera avere un responso. Io intanto pregavo sempre più la Madonna, quei signori si insospettirono, m’imposero di cessare di pregare; non detti loro ascolto. Allora cominciarono nuovi scongiuri con parole più forti ed allora al terzo scongiuro nella camera vicina si intese come se schiantassero tutti i mobili, quei signori ad una voce dissero: “Eccolo, eccolo” e replicarono gli scongiuri.

Non so descrivere il mio stato; e nel mentre raddoppiavo le preghiere alla Madonna, nella poltrona ove stavo seduta si ripeté lo schianto del legname in modo così forte che io fuggii spaventata nel mentre che la stessa cosa accadde nel tavolo di quei signori, i quali alzarono un grido di gioia. Ebbi una grande paura, piangevo, pregavo e chiamavo papà in aiuto.

Né questo fu il solo caso e per brevità tralascio; solo dico che in quella casa, di apparenza distinta, passai tanti pericoli di questo genere che solo la Madonna mi ha difeso.

Ho bisogno di sacerdoti santi, che nelle mani dello Spirito Santo, saranno una grande leva per sollevare il mondo materializzato e sensuale.

Forza, figlia, aiutami. C'è bisogno di una crociata per salvare i sacerdoti cattivi, bisogna santificarli.

(Gesù alla beata Conchita)

SOLENNITA' DI

NOSTRO SIGNORE

GESU' CRISTO

RE DELL'UNIVERSO.

 Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».

Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».

Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?». (Gv 18, 33-38)

AUTOBIOGRAFIA 

DI MADRE TERESA

SCRITTA

DIETRO RICHIESTA

DI DON GIUSEPPE PERRONE

(suo ultimo direttore spirituale)

(trascritta secondo l'originale,

senza correzioni di forma)

Come altrove ho detto, io amavo molto lo studio e la mamma, sia per contentarmi, come anche per provvedere alla mia salute, che con una vita come in casa si faceva, andavo sempre più deperendo, pensò di mettermi in Collegio in Roma dalle Dame del Sacro Cuore. Io fui ben contenta, speravo di ritrovarmi ad una vita più conforme alla mia inclinazione e quindi la prima cosa che feci, appena una di quelle buone Madri mi condusse in Chiesa a dire un’Ave alla Madonna, di eleggere la Vergine SS.ma per mia Madre e pormi sotto la sua protezione. Quel momento è rimasto sempre vivo nel mio cuore.  In Collegio i miei giorni li trascorsi tranquilli e ritrovandomi in una vita calma e regolata lo spirito mio si trovò sollevato da quella interna pena che stando in casa sentivo, e quindi la mia condotta, l’applicazione agli studi era soddisfacente e sin dal primo mese fui decorata “capo di camerata” e rimasi a questo ufficio finché restai in Collegio.

Nella nostra camerata vi erano solo le bambine dagli otto ai 14 anni, e perciò era nominata la camerata delle piccole. Considerate come tali non era a noi permesso di frequentare la Cappella che la sola Domenica per la Messa e qualche rara volta nella settimana. Questo per me fu il più grande sacrificio che in Collegio ebbi ad incontrare.

Rammento che la S. Messa era tutto per me, e cercavo sentirla bene, benché non la capissi. Cercavo mettermi in un posto ove potevo vedere bene il Sacramento ed il Sacerdote e non essere tormentata dalle compagne, alle cui chiacchiere non prendevo parte.

La confessione l’avevamo ogni due mesi ed io rammento che mettevo a tortura il mio cuore per conoscere e ricordare i miei peccati, e spesso mi stranivo con le compagne che venivano a parlarmi.

Riguardo alle confessioni le ho fatte sempre bene e mi sembra che ciò facevo più per il pensiero di Dio che per il castigo. Quante volte ora penso che se avessi avuto un confessore che mi avesse aiutato, non avrei poi, fatta grande, tanto offeso Iddio, perché mi sarei trovata istradata nell’amore di Dio e sin da quell’età l’avrei amato tanto!

Venne il tempo della Prima Comunione ed io fui ammessa. Come altrove ho detto amavo il catechismo perché mi scendevano al cuore quelle verità. Nella nostra camerata questo ci veniva spiegato da una religiosa anziana, ma essendo molto anziana spessissimo non veniva a spiegarlo o se pure veniva non lo faceva, quindi io intesi tutto il bisogno di far bene gli esercizi sia per ascoltare le prediche e specialmente le spiegazioni, come per prepararmi a ricevere Gesù nel mio cuore: mi ricordo che cercavo ogni volta di mettermi in un angolo oscuro per vedere con comodo il Sacerdote e anche per restarmene tranquilla e non essere veduta dalle altre, perché il mio cuore facilmente si commoveva.

Mi preparai per la confessione, non ricordo se fu generale, ricordo però che provai, tanta pena di avere offeso Iddio con i miei peccati che piansi di tutto cuore.

Andai a ricevere il Signore con un gran desiderio, prendendo alla lettera le parole del predicatore, prima di ricevere Gesù feci un sospiro così profondo per farlo venire dai calcagni come egli diceva.

Quando Gesù fu dentro al cuore mi donai tutta a lui ed in questa occasione mi consacrai a lui per la vita religiosa: in quel momento amavo il Signore e lo pregai di manifestarmi la sua volontà. In quella mattina non mi occupai dei miei parenti, il mio pensiero era solo del mio divin Redentore; ricordo queste cose come se fosse oggi.

Mio Dio, unico mio tutto, io allora vi amavo con tutto il mio cuore, nella sua semplicità e quello che vi promettevo lo dicevo con verità, ma mio Dio come poi ho disdetto ogni cosa!

Nel Collegio non ebbi amiche particolari, giocavo con tutte, e volevo bene a tutte, né mai permisi che mi abbracciassero o mi facessero confidenza.

La maestra generale della nostra camerata spesso mi chiamava a sé, mi parlava della vita religiosa, io l’ascoltavo con piacere. Più volte mi condusse al probandato e mi lasciava anche lavorare con queste, io non contraddicevo né dicevo i miei pensieri, ma intanto osservavo e riflettevo, poi dicevo a me stessa che quell’Istituto non era per me, esso non corrispondeva all’ispirazione del mio cuore, io volevo dare a Dio tutto o niente e quell’Istituto era troppo ricco.

Trascorsi 8 mesi così alternati tra malattie, cure e studio. Mia madre interpellò il dottore, il quale gli rispose: “Signora mia, è meglio un somaro vivente che un dottore morto” e tanto bastò che la mamma mi tolse subito dal Collegio. Tornata a Grottaferrata, frequentai di nuovo le Suore della Divina Provvidenza e volendo mia madre andare in Russia per passare la stagione estiva coi suoi genitori, pensò affidarci per quel tempo a queste Suore. Nei mesi che restai con esse l’anima mia si rianimò. Mi fu concessa la Comunione ogni otto giorni ed ogni sera facevamo la visita al SS.mo Sacrnto.

Rammento che quando avevo la fortuna di ricevere Gesù (e mi sembra ancora di vedermi) stringevo nelle mie mani il volto, affinché Gesù non sortisse più da me perché volevo che fosse restato nell’anima mia. Io provavo in quei momenti tanta consolazione e non avrei voluto più muovermi dalla chiesa.

Cominciai da me senza dire niente a nessuno, neppure al confessore col quale non mi aprivo affatto, a fare delle piccole mortificazioni esterne, p. es. intorcinavo alle mie braccia, gambe, vita delle corde in modo da sentirne dolore, onde offrire e soffrire qualche cosa per Gesù.

La mia confidente era la Madonna, in tutte le più piccole cose anche materiali ricorrevo ad essa. Noto un semplice fatto.

Stavo facendo un cuscino da sola per il ritorno di mia madre dalla Russia, mi mancò la lana ed io con la più grande fiducia andai a metterne un campione nelle mani di una statua della Madonna pregandola di pensarci a farmela avere. Una delle Suore se ne avvide e scherzò sopra questo mio atto, ed io, sempre superba, mi vergognai e ripresi il campione. Questa cosa però non mi tolse la fiducia verso la Madonna.

ATTO DI CONSACRAZIONE AL CUORE IMMACOLATO DI MARIA

Secondo San Luigi Grignion di Montfort

Io, (nome), peccatore infedele, rinnovo oggi e ratifico nelle tue mani, O Maria Immacolata, i voti del mio Battesimo. Rinunzio per sempre a Satana, alle sue seduzioni e alle sue opere e mi dò interamente a Gesù Cristo, la Sapienza incarnata, per portare la mia croce dietro a Lui tutti i giorni della mia vita. E affinchè io gli sia più fedele che nel passato, ti scelgo oggi, o Maria, alla presenza di tutta la Corte celeste, per mia Madre e Padrona.

A Te, come uno schiavo, io abbandono e consacro il mio corpo e l'anima mia, i miei beni interni ed esterni e il valore stesso delle mie buone opere passate, presenti e future, lasciandoti un intero e pieno diritto di disporre di me e di tutto ciò che mi appartiene, senza eccezione, a tuo piacimento, alla maggior gloria di Dio nel tempo e nell'eternità.

Amen.

AUTOBIOGRAFIA

DI MADRE TERESA

SCRITTA

DIETRO RICHIESTA

DI DON GIUSEPPE PERRONE

(suo ultimo direttore spirituale)

(trascritta secondo l'originale,

senza correzioni di forma)

Amiche non ne avevo, né io sentivo il bisogno, in famiglia ero amata, privilegiata e questo mi bastava, quindi la mia infanzia l’ho passata felicemente e innocentemente, perché per quanto penso i peccati non li feci per malizia perché non la sentivo, e ricordo che nel Sabato Santo per quanto la gola mi tentasse io non toccavo cibo di latticinio o di grasso né dolci, perché pensavo che la Chiesa ordinava lo stretto magro e non volevo offendere Iddio, questo pensiero dell’offesa di Dio prevaleva in me in quell’età.

Mio padre morì il 19 gennaio 1874. Egli predisse il giorno della sua morte, morì da santo come era vissuto. Io allora avevo nove anni e mesi. Rammento tutto il mio grande dolore, capii bene che con papà avevo perduto tutto e quindi ero inconsolabile sapendo che Egli solo sapeva condurmi per la retta via.

Mio Dio, ecco la mia infanzia passata, quante grazie! Quanto amore! Oh se le avessi apprezzate forse oggi non avrei dovuto rimproverarmi i miei peccati, le mie infedeltà! Mio Dio, il vostro amore per l’anima mia è incomprensibile, quando mio Dio cesserò di offendervi? Quando mio Dio, dimentica di tutto, amerò Voi solo? Quando?

Dopo la morte di mio padre nella mia vita avvenne un grande cambiamento, e di questo l’anima mia ne soffrì. Mia madre educata e compita con molta ricercatezza in tutto, gli mancava però il più necessario, cioè la pietà. Rimasta libera di se stessa a 28 anni, passato il tempo del lutto stretto, con la venuta dalla Russia di suo fratello e mio zio Arturo tutto fu cambiato radicalmente. Mio zio pensò di portarci a Grottaferrata nella casa di nonno Rayner e così ci allontanò definitivamente dai parenti di papà. Dico definitivamente perché appena avvenne la morte di papà fu chiusa e murata la comunicazione fra la nostra casa e quella dello zio, e quindi per me cessarono le visitine a Gesù Sacramentato che tanto mi piacevano, la confessione, Messa ecc.

Mia madre con lo zio cominciarono a frequentare il mondo e tutta la sua vanità e piaceri. Naturalmente io, come primogenita, seguivo sempre mia madre e lo zio. In questa nuova vita non mi ci trovavo, e trovarmi dalla vita passata con mio padre a l’essere ora sbalzata nel mondo, mi arrecò uno stato di sofferenze interne e quindi cominciarono i miei combattimenti, i pericoli, i miei pianti segreti che purtroppo proseguirono per anni.

In Grottaferrata, quando mia madre mi lasciava, frequentavo le Suore della Divina Provvidenza e con esse andavo al passeggio e poi in Parrocchia (non avendo esse il Sacramento in casa) a fare la visita a Gesù Sacramentato. Ai piedi del Signore io stavo tranquilla e il tempo mi sembrava troppo corto. Queste Suore mi portavano anche a confessare, ma al confessore non dicevo niente della pena che provavo per la vita che mammà mi faceva fare, come pure tacevo le consolazioni che provavo ai piedi di Gesù. Tenevo tutto chiuso nel mio cuore.

Oh mio Dio, quanto siete stato buono con l’anima mia, e quante grazie in quel tempo mi facevate, io sentivo tanto di amarvi! Ah! mio Dio, come poi vi sono stata ingrata, fino ad offendervi?

Gesù al Sacerdote

"In fondo, c'è una sola categoria di sacerdoti che mi rattrista profondamente. Sono coloro che, per progressiva deformazione professionale, sono diventati orgogliosi e duri. Volontà di potenza, affermazione del loro “io” hanno progressivamente svuotato la loro anima di quella carità profonda che dovrebbe ispirare tutti i loro atteggiamenti e tutte le loro pratiche.

Quanto male fa un sacerdote duro! Quanto bene fa un sacerdote buono! Ripara per i primi. Sostiene i secondi.

Io perdono molte cose al sacerdote che è buono.

Mi ritiro dal sacerdote che si è indurito.

In lui non c'è posto per me. Ci soffoco.

Il rumore interiore ed esteriore impedisce a molti uomini di ascoltare la mia voce e di comprendere il senso dei miei appelli. È importante perciò che in questo mondo iperattivo e surriscaldato si moltiplichino le zone di silenzio e di calma, dove gli uomini possano ritrovarmi, conversare con me, donarsi a me liberamente".

AUTOBIOGRAFIA

DI MADRE TERESA

SCRITTA

DIETRO RICHIESTA DI

DON GIUSEPPE PERRONE

(suo ultimo direttore spirituale)

(trascritta secondo l'originale,

senza correzioni di forma)

Intanto venne il tempo di confessarmi. Credo che fu nei sei anni e mezzo o al più sette. Mi pare che compresi l’atto, ma confesso che la confessione per me fu, è stata sempre e tutt’ora lo è una grande umiliazione al mio orgoglio, a tutto mi assoggetterei piuttosto che a confessarmi, ma di questo ne parlerò più avanti. Compresi dico l’importanza di questo sacramento e quindi mi preparai accuratamente e da sola.

Stando nella sacrestia dell’oratorio e trovandomi sola mi posi a mirare il Crocifisso che grande e piagato pendeva da una parte. Le piaghe di Gesù mi sembravano vive e mi pareva che ognuna mi rimproverasse i miei peccati, mi sembrò che Gesù mi mirasse e non so dire ciò che nel mio piccolo cuore accadde, io sentivo pena, dolore, amore e cominciai a piangere pregando Gesù a perdonarmi ecc.

Questa impressione non si è mai più cancellata dalla mia mente.

Oh mio Dio! Quanto mi avete amato! Quante grazie avete versato sin dai primi anni sopra l’anima mia! Voi mio Dio ben sapevate che vi avrei offeso con il peccato, eppure la vostra mano sempre sopra di me ha versato le sue grazie e misericordie, mio Dio, come riparerò? Come contraccambierò l’amore che avete sempre avuto a questa povera anima?

Ma torniamo al racconto. Quella sera non potetti confessarmi perché la mia zia si era trattenuta tanto tempo in confessionale e quindi si era fatto tardi, allora tornai nella sala da ricevere, nel vedermi tutti si accorsero che avevo pianto, e come al solito non volendo far sapere quello che passava in me, risposi alla domanda che mi rivolsero che mi doleva la gola: non era bugia perché in quel momento veramente la sentivo inasprita.

Dopo la prima confessione fui mandata a scuola dalle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, ma ben poco la frequentavo, causa lo stato mio di salute. Spesso stavo in letto con bronchite e forti raffreddori, quindi era più il tempo che stavo in casa di quello che frequentavo la scuola, però quel poco di tempo che andavo feci progresso ed appresi presto a leggere, scrivere, conti ecc. Lo studio mi attirava, e non vi fu né vi è stato mai bisogno di eccitarmi a studiare.

Come già ho detto mio padre era molto buono, ma di una bontà retta, quindi Egli stesso conduceva mia madre e me al Duomo per assistere alla Messa cantata, ed alla predica se Quaresima, o altre circostanze. La mattina alle otto mi conduceva con lui nella Cappella dell’Addolorata (che era della nostra famiglia e stava nel Duomo) e, confratelli della congregazione, si recitava l’Ufficio o si ascoltava la Messa; per me questa era una grande consolazione e quindi stavo quieta e raccolta vicino a mio padre, cosa di preciso pensassi non so né ricordo, so però che mi restava un’impressione molto buona e che di tanto in tanto ripensavo durante il giorno alla consolazione provata.

Naturalmente la domenica veniente ero sempre pronta ad andare con papà. Dopo questo Ufficio e la S.ta Messa alle 10 tornavamo al Duomo per la Messa grande. Il posto da noi occupato era a un lato del pulpito ove si poteva ben vedere ed udire il predicatore ed anche vedere le cerimonie della Messa cantata, il Vescovo ecc. Tutto questo però poco occupava la mia curiosità, io non trovavo riposo se non quando mi mettevo in modo che senza voltare le spalle al predicatore, ed alla Messa, avessi potuto fermare i miei sguardi sul Ciborio, ed allora mi sentivo come una voce che mi invitava all’orazione, a pensare al Signore, a darmi a Lui; questo mi accadeva e sentivo nel più profondo del cuore, ed allora io combattevo, sentivo la forza dell’invito e non volevo dire di no al Signore, ma io sentivo anche che seguire l’invito voleva dire qualche cosa di più, specie intendevo per l’orazione che nel mio piccolo mi sembrava intendere di dedicarmi interamente a questo, e non avendo io cognizione di orazione mentale neppure alla lontana, ritenevo dunque che dovevo dedicarmi alla preghiera vocale, questo mi pareva impossibile per me, e pensavo anche che darmi al Signore voleva dire lasciare tutto e non un poco, ed allora sentivo che non ce l’avrei fatta a fare questa risoluzione, d’altronde dire di no non volevo ed allora prendevo la via di mezzo e con semplicità dicevo: “Signore, fatemi godere la mia gioventù, in vecchiaia pregherò e prenderò il Rosario”, queste o simili erano le risposte che davo al Signore.

Io ben ricordo che se da una parte mi sentivo combattuta, dall’altra però mi sentivo attratta al Sacramento e non mi sarei mai distaccata. Quante volte ho pensato che se avevo un confessore che avesse pensato a farmi amare il Signore e farmi la meditazione forse tanti peccati non li avrei commessi! E da ciò che è accaduto a me, comprendo sempre più che anche le fanciulle hanno bisogno di chi le guidi.

In questo tempo io stavo negli 8 anni. Queste voci di invito che internamente sentivo, non erano passeggere di tanto in tanto, ma frequenti e specie nella chiesa avanti a Gesù Sacrnto o nel tempo della S. Messa, né erano sempre le stesse parole, perché alle volte sentivo di dover amare tanto Iddio, alle volte di tutto lasciare, far penitenza, ritirarmi sola sola ecc. Tutto questo che passava dentro di me, io non lo dicevo a nessuno, tenevo tutto chiuso dentro di me. Esternamente ero sempre la stessa, inclinata all’ira, subito mi accendevo, ma presto finiva e allora il pentimento subentrava e nel mio cuore rimaneva una pena grande e profonda, ripensavo a Dio, al Crocifisso e allora restavo come annientata.

Alla vanità mi sembra di non esserci andata dietro, veramente non ho mai avuto inclinazione spiegata a questo e quando si doveva dalle sarte provarmi gli abiti non vedevo il momento di liberarmi di quella noia, né mi occupavo se l’abito mi stava bene o no indosso, e questo è stato sempre anche da grande quando mia madre mi portava nei club ecc. Questo in me era né virtù, non la conoscevo, né distacco; questo proveniva dal pensiero che spesso mi veniva alla mente, cioè che tutto erano sciocchezze e mi sembrava che io non ero nata per queste cose.

Questo mio modo di fare riguardo alla vanità mi era causa di forti sgridate dalla mia mamma, che desiderava in me più compitezza e premura nel vestirmi e adornarmi. Ma da questo difetto non ho potuto mai liberarmi. Oltre all’ira il mio carattere era reciso e, detta una cosa, non amavo ripetere.

Mi rammento che nel farmi un vestitino nuovo, io come al solito non me ne occupai né della forma, colore ecc., solo dissi che desideravo una tasca, perché non amavo portare in mano il fazzoletto. Terminato l’abito mi lasciai vestire compitamente, indi andata alla camera di lavoro di mia madre, presi da un cestino le forbici e tagliai l’abito in modo da renderlo inservibile. Venuta mia madre tutta abbigliata e pronta a sortire mi trovò con l’abito così rovinato; mi dette 2 schiaffi e mi domandò perché avevo ciò fatto, risposi semplicemente: “Non vi è la tasca”. Mi fu fatto indossare un altro abito per uscire. Tale era il mio carattere.

GIORNO DELL'EUCARISTIA

GIOVEDI':

DEL SACERDOZIO

E

PREGHIERA A GESÙ EUCARISTIA

Signore Gesù, soltanto l’amore poteva spingerti ad inventare una presenza così umile, così vicina e così quotidiana come la Santa Eucaristia!

Fa’ che l’incontro con Te nel Mistero silenzioso della Tua vicinanza ci entri nella profondità del cuore e brilli nei nostri occhi diventati finestra della Tua bontà.

Fa’, o Signore, che la forza dell’Eucaristia non si spenga con le candele della Chiesa ma continui nella nostra vita quotidiana diventando onestà, lealtà, generosità, attenzione premurosa ai piccoli e agli ultimi.

O Signore, Tu solo hai parole di vita eterna, che diventano luce per il nostro cammino. Rendici amabili con tutti, capaci di amicizia vera e sincera per attirare tanti nel viaggio bello della fede. Grazie, Signore, per il dono immeritato della Santa Eucaristia!

Card. Angelo Comastri

AUTOBIOGRAFIA

DI MADRE TERESA

SCRITTA DIETRO RICHIESTA

DI DON GIUSEPPE PERRONE

(suo ultimo direttore spirituale)

(trascritta secondo l'originale,

senza correzioni di forma)

La Beata Maria Teresa Casini

La Beata Maria Teresa Casini

Don Giuseppe Perrone

Don Giuseppe Perrone

Pro-memoria

Attesto che la presente relazione della propria vita fu scritta dalla M. M.a Teresa Casini f.m. e indirizzata a me in qualità di suo direttore, unicamente per atto di ubbidienza ed in tutta semplicità, senza mai fare alcun “ritorno su se stessa” né mai chiedermi le mie impressioni o il mio parere su quanto mi scriveva. Attesta altresì che tutto quanto trovasi contrassegnato in matita nel manoscritto ed anche qualche cancellatura, fu fatto esclusivamente da me e per mio uso.

Castellaneta, 25 febbraio 1952

Sac. Giuseppe M. Perrone

Viva il Cuore trafitto di Gesù e a sua maggior gloria Roma,

1 febbraio 1921

Tommaso Casini di Frascati e Melania Rayner di Lilla furono i miei genitori. Io nacqui il 27 ottobre dell’anno 1864 alle ore 5 ant. Mio padre mi fece battezzare il 29 ottobre alle 5 pom. e mi pose i nomi di Teresa, Maria, Ludgarda.

Essendo la primogenita dei cinque figli che ebbero, tutte le cure si rivolsero sopra di me, sia perché sempre gracile e debole, come anche perché io sola rimasi in casa; la mia sorella Adele nata due anni dopo di me la nonna Rayner la volle con sé e gli altri due maschi morirono piccoli ed il fratello Alessandro nacque nove anni dopo di me.

Mio padre molto buono e timorato di Dio prese egli stesso la mia educazione morale, quindi spesso mi parlava del Signore, del suo amore, mi conduceva con sé alla Confraternita della Madonna Addolorata, mi faceva fare dei piccoli sacrifici e fioretti e per imprimere nel mio animo il timore dell’offesa di Dio, mi conduceva nella nostra calcara, ove nella caldaia cuocevano le pietre per la calce, e da un’altezza mi faceva vedere gli operai che con uncini gettavano nella fornace le fascine per alimentare sempre il fuoco; l’ora tarda della sera faceva sì che il fuoco, riflettendo sopra gli operai che da quell’altezza sembravano deformi, neri e rossastri, mi impressionava ed allora papà mi parlava del peccato e dell’inferno e la mia piccola mente restava impressionata.

Mio padre era molto buono e dolce con me, ma non permetteva che trascurassi i miei doveri verso Iddio, specie le preghiere del mattino e della sera, Rosario ecc. infine tutto ciò che riguardano i Comandamenti della Chiesa e di ogni buon cristiano e sopra questo punto era irremovibile e se dopo l’avvertimento non cambiavo allora con bontà ma con fermezza mi puniva.

Questi sentimenti ed altri che papà con l’aiuto di Dio imprimeva nel mio piccolo cuore mi penetravano sì fattamente che spesso, verso la sera, lasciavo i miei, ove stavano riuniti, e mi nascondevo nella sala da ricevere e lì all’oscuro e distesa sopra il divano cominciavo a pensare a Dio e alla sua eternità, pensavo a modo di bambina e non riuscendo a comprendere, allora mi figuravo che Iddio era come un campo grande grande, esteso tanto da non vederne mai né il principio, né il fine; mi figuravo altre volte una ruota che stava sempre in movimento girando sopra se stessa senza poter vedere un punto di principio o di fine, ma questi ed altri paragoni che immaginavo non mi appagavano perché non mi sembravano adeguati al gran pensiero che avevo di Dio e dell’eternità.

Spesso pensavo anche alla morte e a questo pensiero sentivo nascere in me un sentimento di pena e di stizza e domandavo a me stessa, perché farmi nascere per morire?, pensavo anche a Dio e al dovere di servirlo, all’inferno, e conchiudevo sempre con restare persuasa che era ben duro andare all’inferno e mai, mai amare Iddio! Questi e simili pensieri occupavano la mia piccola mente, e molte volte facevo dei castelli in aria sul mio avvenire e per lo più finivo per essere Suora; intanto passava il tempo e mia madre mi faceva ricercare e vedendomi preoccupata, né immaginando quali erano le mie preoccupazioni, mi sgridava dicendomi che volevo fare la santa, e simili cose: e così passai i miei primi anni.

Mio padre sempre premuroso e vigilante per il mio bene, ogni sabato mi faceva portare nelle braccia di una delle nostre domestiche, e con lui si andava alla porta di casa ove erano adunati i poveri e dandomi il sacchetto mi faceva distribuire il denaro in elemosina, e da questo il mio animo si formò alla compassione per i poveri, compassione che mi è rimasta sempre viva nell’anima unita al distacco dal danaro. Cercava mio padre rendere sensibile il mio cuore e quindi vigilare attentamente sopra di me. Spesso accadeva che i nostri operai mi portavano dei passerotti, mio padre lasciava per breve tempo mi trastullassi, indi mi parlava al cuore, m’inteneriva ed allora io spontaneamente donavo la libertà a quelle bestioline. Credo di dire queste cose per dimostrare come il Signore si serviva del mio buon padre, per formare il mio cuore. Eppure, mio Dio, come sono stata ingrata verso di voi e come vi ho offeso! Mio Dio, perdonatemi! dimenticate il mio passato, sì mio Dio dimenticatelo.

Di tanto in tanto andavo a fare una visitina a Gesù Sacrnto, nell’oratorio pubblico che in famiglia avevamo e dove si conservava il SS.mo Sacramento (questo oratorio era dello zio); alle volte mi trattenevo breve tempo, altre volte prolungavo la visita, stavo sola nel coretto, cosa facessi in quel tempo non lo ricordo, rammento solo che guardavo il ciborio con desiderio, esso mi produceva un certo senso d’amore e rispetto. Nel tempo della S. Messa, benché piccola, ricordo che amavo starmene in silenzio e guardavo l’altare, e quando mi scansavano e mi obbligavano a sedermi, io non volevo, ma non potevo in chiesa fare capricci, quindi obbedivo sospirando e anche piangendo finché pian piano mi rimettevo al primiero posto. Cresciuta un poco e sapendo leggere seguivo la Messa con il libro, e nelle visite rileggevo la Messa, desideravo tanto di capirla, ma questi miei desideri non li palesavo a nessuno perché non mi piaceva che gli altri sapessero i miei pensieri e desideri, questo però non proveniva da modestia, ma bensì da orgoglio perché non volevo mostrare di aver bisogno di spiegazioni e quindi il sottomettermi poi mi sarebbe stato ben duro, cosa che ho anche presentemente, benché per un principio mi vinco.

Nei giuochi che insieme alle mie cugine superiori di me di qualche anno, innocentemente facevamo, mi mostravo condiscendente purché le parti principali fossero date a me; io non volevo obbedire, sottomettermi, e quindi facevo per lo più parte di capo di casa, di signora che osserva, giudica e dirige, in questo mi sentivo viva e non cedevo in ciò che mi sembrava giusto. Io non ricordo di aver iniziato giuochi perché mi stancavano, sia per la mia debolezza fisica, come anche perché mi sembrava sciocchezza fare cose che non erano vere e quindi presto lasciavo, amavo più di leggere, ed il mio libro preferito era il catechismo e la storia sacra che tanto mi commoveva. Nel catechismo mi impressionavano le prime domande: “Chi ci ha creato?”, “Iddio”, ed io pensavo a Dio e avrei fatta chissà che per intendere Iddio e pensavo, pensavo, mi stancavo e non concludevo niente. L’altra domanda: “Perché ci ha creato?”. “Per conoscerlo, amarlo, ecc...”; e qui mi fermavo a pensare come dovevo amare Iddio ecc. ma i miei pensieri erano sempre da bambina, da questi pensieri ricavavo sempre la conclusione che dovevo amare Iddio e lasciare tutto, essere povera ecc. La storia sacra mi commovevano i capitoli della creazione, del peccato, del sacrificio di Abramo e quest’ultimo insieme a quello di Giuseppe ebreo venduto dai fratelli mi penetrava sino a farmi piangere dirottamente.

Le mie cugine mi hanno più volte detto che spesso nei giuochi restavo appartata e pensierosa, domandata rispondevo “Quando sarò grande farò un monastero e sarò monaca”: e vedendo che queste ridevano, allora dicevo animata e con l’impeto del mio carattere: “Non ci credete? Lo vedrete!”. Questo però io non lo ricordo perché ero molto piccola, e quindi non posso attestare che è vero.

Ricordo anche di avere avuto una grande devozione alla Madonna, il mese di maggio era per me un gran mese, facevo tanti fioretti, ma non tutti li notavo, sempre per la ragione che non volevo farli sapere.

Ogni volta che per la strada mi incontravo con qualche immagine di Maria la salutavo con queste parole: “Vi saluto Maria, salutatemi Gesù da parte mia”, saluto che ancora uso. Queste e altre pratiche facevo ed ho sempre fatto in onore della mia buona Madre Maria. Anche il tempo delle feste natalizie non dimenticavo di fare i fioretti e portavo a Gesù Bambino i dolci migliori privandomene con piacere.

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