Se la carne non viene salvata, allora né il Signore ci ha redenti col suo sangue, né il calice dell'Eucaristia è la comunione del suo sangue, né il pane che spezziamo è la comunione del suo corpo. Il sangue infatti non viene se non dalle vene e dalla carne e da tutta la sostanza dell'uomo nella quale veramente si è incarnato il Verbo di Dio. Ci ha redenti con il suo sangue, come dice anche il suo Apostolo: in lui abbiamo la redenzione e la remissione dei peccati per mezzo del suo sangue (cfr. Ef 1, 7).
Noi siamo sue membra, ma siamo nutriti dalle cose create, che egli stesso mette a nostra disposizione, facendo sorgere il suo sole e cadere la pioggia come vuole. Questo calice, che viene dalla creazione, egli ha dichiarato che è il suo sangue, con cui alimenta il nostro sangue. Così pure questo pane, che viene dalla creazione, egli ha assicurato che è il suo corpo con cui nutre i nostri corpi.
Il vino mescolato nel calice e il pane confezionato ricevono la parola di Dio e diventano Eucaristia, cioè corpo e sangue di Cristo. Da essi è alimentata e prende consistenza la sostanza della nostra carne. E allora come possono alcuni affermare che la carne non è capace di ricevere il dono di Dio, cioè la vita eterna, quando viene nutrita dal sangue e dal corpo di Cristo, al quale appartiene come parte delle sue membra? Lo dice l'Apostolo nella lettera agli Efesini: Siamo membra del suo corpo, della sua carne e delle sue ossa (cfr. Ef 5, 30), e queste cose non le dice di un uomo spirituale e invisibile — uno spirito infatti non ha né ossa né carne (cfr. Lc 24, 39) — ma di un uomo vero, che consta di carne, nervi e ossa, e che viene alimentato dal calice che è il sangue di Cristo e sostenuto dal pane, che è il corpo di Cristo.
Il tralcio della vite, piantato in terra, porta frutto a suo tempo, e il grano di frumento caduto nella terra, e in esso dissolto, risorge moltiplicato per virtù dello Spirito di Dio, che abbraccia ogni cosa. Tutto questo poi dalla sapienza è messo a disposizione dell'uomo, e, ricevendo la parola di Dio, diventa Eucaristia, cioè corpo e sangue di Cristo. Così anche i nostri corpi, nutriti dall'Eucaristia, deposti nella terra e andati in dissoluzione, risorgeranno a suo tempo, perché il Verbo dona loro la risurrezione, a gloria di Dio Padre. Egli circonda di immortalità questo corpo mortale, e largisce gratuitamente l'incorruzione alla carne corruttibile. In questa maniera la forza di Dio si manifesta pienamente nella debolezza degli uomini.
Dal Trattato «Contro le eresie» di sant'Ireneo, vescovo
Vergine Santa,
ai cui piedi ci conduce
la nostra affannosa incertezza
nella ricerca e nel conseguimento
del vero e del bene,
per invocarti col dolce titolo
di Madre del Buon Consiglio,
vieni, te ne preghiamo, in nostro soccorso,
mentre, per le vie del mondo,
le tenebre dell'errore e del male
congiurano alla nostra rovina,
fuorviando le menti e i cuori.
Tu, sede della sapienza e stella del mare,
dà lume ai dubbiosi e agli erranti,
affinché i falsi beni non li seducano;
rendili saldi contro le forze ostili e corruttrici
delle passioni e del peccato.
Ottieni per noi, o Madre del Buon Consiglio,
dal tuo Divin Figliuolo, l'amore della virtù
e, negli incerti e difficili passi,
la forza di abbracciare
ciò che conviene alla nostra salvezza.
Se la tua mano ci sorregge,
cammineremo incolumi per i sentieri segnatici
dalla vita e dalle parole del Redentore Gesù;
e dopo aver seguito liberi e sicuri,
pur nelle lotte terrene,
sotto la tua materna stella,
il Sole della Verità e della Giustizia,
godremo con Te nel porto della salute
la piena ed eterna pace.
Amen
(papa Pio XII)
PREGHIAMOLA PER TUTTI I GIOVANI E IN MODO PARTICOLARE PER QUELLI CHE SI SENTONO CHIAMATI AL SACERDOZIO O ALLA VITA RELIGIOSA
Al seguito di Pietro farà il suo approdo a Roma e per i romani scriverà il suo vangelo. Il suo simbolo, il leone, è il simbolo della
Fortezza.
Marco, ebreo di origine, con ogni probabilità nasce fuori dalla Palestina e da una famiglia benestante. Quasi certamente non ha conosciuto di persona Gesù, ma attinge le notizie sulla vita del Signore da uno dei testimoni più sicuri e attendibili: San Pietro, il principe degli apostoli che Marco accompagnerà nei suoi viaggi missionari in Oriente e a Roma.
San Marco, ti preghiamo per tutti i Sacerdoti, perché abbiano in cuore il fervore missionario che animò te e parlino del Signore ai loro fratelli con il tuo stesso ardore. Amen
TRA TANTI SACERDOTI SANTI: ANTONIO PALLADINO
Cerignola (Foggia), 11 novembre 1881 - 15 maggio 1926
Una giovane vita spesa nell’ardore apostolico per i fedeli della sua parrocchia e nelle molteplici fondazioni.
Leggendo una breve biografia si resta stupiti per il numero di attività e associazioni, sorte e curate per opera del parroco don Antonio Palladino.
Nacque a Cerignola (Foggia) l’11 novembre 1881, ad undici anni entrò nel Seminario diocesano, passando poi nel Pontificio Seminario di S. Apollinare di Roma; conseguì la laurea in teologia nel 1903; fu ordinato sacerdote il 6 gennaio 1905 ad Ascoli Satriano.
Nel seminario insegnò filosofia e storia della Chiesa e fu pure vice rettore e amministratore; il vescovo gli affidò l’incarico di fondare il ricreatorio festivo “Don Bosco” a Cerignola, che fu frequentato da centinaia di ragazzi.
Nel 1909 fu nominato primo parroco della chiesa di S. Domenico a Cerignola e in questa funzione svolse un denso apostolato, ricco di fervore e iniziative, promovendo il culto eucaristico, la devozione al Sacro Cuore di Gesù e la vita associativa.
Sembra incredibile ma istituì una quarantina di associazioni con molti iscritti; fece apostolato nei rioni più indifferenti alla religione, fu vicino ai poveri ed ammalati, promosse l’Azione Cattolica e le vocazioni religiose.
Fu l’ideatore di una comunità di suore (le “Vittime Eucaristiche”) per sostenere le parrocchie con la preghiera e l’adorazione, ma l’Istituzione non fu approvata dalla Santa Sede.
Nel 1917 divenne Terziario Domenicano e nello stesso anno fondò la Fraternità Laica Domenicana, che raggiunse il numero di 400 iscritti.
Nel 1923 gettò il seme della futura Congregazione delle “Domenicane del SS. Sacramento” che divenne il cuore della parrocchia, inoltre edificò la Cappella del S. Cuore in un rione di ostici alla religione e la Casa dell’Immacolata per le giovani operaie; con molti sacrifici ed umiliazioni, provvide alla costruzione della chiesa della Madonna del Buon Consiglio e dell’annessa opera, che purtroppo non vide ultimata.
Fra l’altro fondò il Bollettino parrocchiale “La fiaccola” e la Cassa Rurale S. Domenico (1922). Verso la fine del 1924 si ammalò di un male inesorabile, le sue condizioni peggiorarono gradualmente, tanto che la parrocchia fu affidata ad un vicario il 25 febbraio 1926; cosciente della gravità del male, s’immolò come vittima al volere di Dio, affidando alle collaboratrici l’opera della Congregazione, fra le quali vi erano le sorelle Tarcisia e Maria Angela Vasciaveo, che ardevano dello stesso fervore eucaristico del fondatore.
Restò fedele fino alla fine al suo programma sacerdotale: “Tutte le anime a me affidate, tutte alla fine le condurrò a Te e la mia vita non sarà che un olocausto per Te”.
Morì santamente a Cerignola il 15 maggio 1926 a soli 44 anni; un anno dopo, il 19 ottobre 1927 la Congregazione delle Suore Domenicane del SS. Sacramento, si costituì e fu approvata dalle autorità ecclesiastiche.
La Santa Sede ha dato il 18 agosto 1994 il nulla osta per l’inchiesta e processo diocesano, nell’ambito della Causa per la sua beatificazione.
Dal 10 dicembre 2010 è stato proclamato Venerabile.
Autore: Antonio Borrelli
O GESU,
SACERDOTE ETERNO
Suscita in molti giovani che si aprono alla vita il desiderio santo di farsi sacerdoti per il bene delle anime.
Infondi in tutti coloro, che chiami al Tuo Ministero, un desiderio ardente di santità e di apostolato.
Che i Tuoi Sacerdoti siano Angeli di purezza, amanti della povertà, efficaci nella parola e nelle opere. Cosi sia.
Fa più rumore un albero che cade o una foresta che cresce? Spesso è il negativo a far notizia: ma io ti voglio proporre un fatto, una storia positiva e confortante che ci fa capire che il bene è superiore al male ed è più profondamente radicato nell'uomo. Ci dimostra che non bisogna tanto dar importanza al rumore dell'albero che cade, quanto rimanere incantati di fronte al silenzio della foresta che cresce. Eccoti, allora, la storia di Marco.
Marco è poco più di un ragazzo. Si trova in carcere da un paio d'anni. Deve scontare una condanna di 28 anni. Disperato, per tre volte ha tentato, senza successo, di togliersi la vita Tempo fa gli capita fra le mani una copia della rivista Città Nuova. La sfoglia distrattamente, senza interesse. Gli occhi si posano su di una pagina che racconta un'esperienza imperniata sull'amore reciproco, sul perdono. Comincia a leggere e il suo interesse aumenta man mano che va avanti nella lettura. Giunto al termine, sfoglia il giornale alla ricerca di un'avventura simile, la trova e legge d'un fiato. E‟ impressionato, quasi incredulo che ci siano persone che vivono così. Riesce a procurarsi un altro numero della rivista e trova nuove esperienze; stavolta legge qualcosa di più. In breve nasce in lui un desiderio: provare a vivere ciò che ha letto. “Il male lo conosco - dice fra sè - perché non provare il bene?” Prova ad amare cominciando dai suoi compagni di cella, dagli agenti di custodia, dal personale del carcere e vede che funziona!
Si impegna - così racconta - a vivere la Parola di Vita (una frase del vangelo, commentata appunto per essere vissuta) e fa alcune belle esperienze che lo incoraggiano a proseguire.
Mesi fa venne trasferito in un carcere del sud, più vicino alla famiglia, che, essendo povera, non poteva venirlo a trovare. Vi rimase tre mesi. Pochi giorni dopo l'arrivo nel nuovo penitenziario si accorge che tra i detenuti c'è il suo nemico, uno che aveva giurato di ammazzarlo il giorno che l'avesse incontrato. Ha paura e pensa di chiedere immediatamente il trasferimento; poi riflette; sa di avere iniziato una nuova vita, col proposito di amare tutti, anche i nemici, dunque... così decide di restare. Pochi giorni dopo si imbatte proprio nel suo nemico; sono soli... Marco ha paura, ma trova il coraggio di dirgli: “Ho sbagliato nei tuoi confronti, se vuoi picchiami, sfogati pure, ammazzami se credi... sappi però che io ho iniziato una nuova vita...” E gli racconta l'esperienza di quegli ultimi mesi. L'altro rimane sbigottito, senza parole; la sua ira si placa, fa qualche domanda; al termine c'è il perdono e... nasce un'amicizia.
Ora Marco è tornato al vecchio carcere. Ha chiesto agli amici di Città Nuova di mandare il giornale al suo nuovo amico che ha deciso di provare pure lui questa esperienza. Giorni fa Marco diceva: “Se tu sapessi che libertà sento ora dentro di me! E‟ meraviglioso: sono dietro le sbarre, eppure mi sento un uomo libero, libero di amare tutti, di amare sempre, sono felice di vivere”.
Grazie, Marco, per avermi fatto capire ancora una volta che amare è vita, è libertà.
PREGHIAMO PER TUTTI QUEI SACERDOTI CHE, DOPO AVER TRADITO IL SIGNORE, RIMANGONO PRIGIONIERI DEL LORO RIMORSO E NON TROVANO IL CORAGGIO DI TORNARE DA COLUI CHE LI AMA E LI ATTENDE.
Noi ti adoriamo, o Cuore sacerdotale di Gesù, e ti benediciamo che, per mezzo dei tuoi Sacerdoti, ci consacri e ci amministri ogni giorno il Corpo e il Sangue tuo santissimo.
E ti preghiamo: degnati di moltiplicare, benedire, conservare e santificare i tuoi eletti. Amen
Nasce in Francia nel 1908, da una famiglia benestante caduta in miseria, che si trasferisce a Sassuolo; quanto i genitori non gli possono dare in agiatezza e neppure a volte nel minimo indispensabile, abbondantemente glielo procurano in onestà, fede e amor del prossimo.
Mamma muore di tubercolosi quando lui ha appena 12 anni e nel giro di qualche anno resterà solo al mondo perché muore anche il papà e l’unica sorella, che si è fatta suora. Anche lui si ammala di tubercolosi e sembra che, a salvarlo da morte certa, sia proprio la Madonna, cui si è affidato alla morte di mamma, nel momento in cui soffriva maggiormente la solitudine.
Profondamente religioso come gli hanno insegnato i genitori, a 17 anni si affida alla direzione spirituale del suo parroco, che ha la felice intuizione di inserirlo nella vita attiva della parrocchia, chiedendogli di fare il sacrestano, il segretario parrocchiale, il catechista e il tuttofare della chiesa. In queste mansioni non solo si trova perfettamente a suo agio, ma si ritaglia da subito uno spazio tutto suo, che il parroco incoraggia e sostiene.
All’epoca in cui neppure si sa cosa sia la Caritas parrocchiale, in un locale suo a fianco della chiesa, una sorta di centro d’ascolto in anticipo sui tempi, distribuisce sostegno, viveri e occasioni di lavoro a centinaia di diseredati. Davanti a questo improvvisato ufficio si formano ben presto code di poveri, zingari, meridionali, immigrati, ex carcerati, drogati, disoccupati, persone in cerca di un alloggio, provenienti anche da altre parrocchie.
Alfonso aiuta tutti, senza chiedere provenienza, dichiarazione dei redditi o credo religioso; “Sono tutti figli di Dio”, risponde invariabilmente a chi, con la puzza sotto il naso, gli fa notare che tra i richiedenti ci sono anche atei, comunisti e finti poveri. E quando proprio non può far niente per qualcuno, perché non ha la risposta giusta al loro bisogno, ha sempre a disposizione un sorriso, una parola buona, una stretta di mano, che per quella gente, bisognosa soprattutto di tenerezza, equivale a un po’ di pioggia nell’aridità di un deserto.
Un fiume di carità passa attraverso le sue mani, perché si è acquistato autorevolezza, stima e considerazione in tutto il circondario. Davanti alle sue richieste si spalancano le porte, si aprono i portafogli, si effettuano assunzioni. Si calcola, sicuramente per difetto, che in una quindicina d’anni passi nelle sue mani una somma equivalente al mezzo miliardo di lire dell’epoca, cifra da capogiro che permette di farsi un’idea della fiducia che in lui la gente ripone, al punto da elevarlo al rango di “banchiere di Dio”.
Un giorno gli capita anche di vincere alla Sisal: pagati alcuni debiti dei suoi poveri, subito utilizza il rimanente per costruire una cappella alla Madonna. Che è il suo vero unico amore, naturalmente dopo Gesù come si affretta a precisare, ed alla quale ricorre con fiducia illimitata, proprio come ad una mamma.
Nel 1972 il vescovo gli propone il sacerdozio ed a lui sembra di toccare il cielo con un dito. Le solite malelingue lo dipingono come un “graziato dal vescovo” e ritengono la sua ordinazione quasi una “promozione sul campo” per meriti acquisiti in tanti anni di servizio parrocchiale.
Si sbagliano e ben lo dimostrano 26 anni di ministero umile, silenzioso, nascosto, perlopiù in confessionale, continuando ad ascoltare la gente, ma adesso in grado anche di donare la misericordia di Dio. Dicono che gli riesca di leggere nei cuori, di capire i tormenti degli altri semplicemente guardandoli negli occhi, ma forse altro non è che per la sensibilità maturata in anni di contatto con la sofferenza. Tenero, paziente e misericordioso con tutti, avvicinandolo si ha l’impressione di entrare direttamente in contatto con Dio, tanta è la gioia e la serenità che trasmette.
Si spegne il 25 ottobre 1999 e una decina di anni dopo, il 4 novembre 2010, si apre il processo diocesano della sua causa di beatificazione e canonizzazione, concluso l’8 dicembre 2011.
Il 23 novembre 2020 papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto con cui don Giorgio Ugolini veniva dichiarato Venerabile.
Autore: Gianpiero Pettiti
ECCO COME LA MISERICORDIA
RAGGIUNGE IL PECCATORE
Assisto spesso anime di agonizzanti ed ottengo loro la fiducia nella divina Misericordia ed imploro da Dio la magnanimità della grazia divina che vince sempre. La Misericordia di Dio talvolta raggiunge il peccatore all'ultimo momento, in modo singolare e misterioso. All'esterno a noi sembra che tutto sia perduto, ma non è così; l'anima illuminata dal raggio di una vigorosa ultima grazia divina, si rivolge a Dio all'ultimo momento con un tale impeto d'amore che, in un attimo, ottiene da Dio il perdono delle colpe e delle pene. All'esterno però non ci dà alcun segno né di pentimento né di contrizione, poiché essi non reagiscono più alle cose esterne. Oh, quanto imperscrutabile è la divina Misericordia! Ma, orrore! Ci sono anche delle anime che respingono volontariamente e consapevolmente tale grazia e la disprezzano.
Sia pure durante l'agonia, Iddio misericordioso dà all'anima un lucido momento interiore, in cui, se l'anima vuole, ha la possibilità di tornare a Dio. Però talvolta nelle anime c'è un'ostinazione così grande, che scelgono consapevolmente l'inferno, rendendo vane tutte le preghiere che altre anime innalzano per loro a Dio e gli stessi sforzi di Dio...
Diario di Suor Faustina
Preghiamo per tutte le anime che rifiutano la misericordia di dio fino all'ultimo momento e si autocondannano all'inferno. Preghiamo che tra di esse non ci siano anime di sacerdoti.
Era l’alba di un nuovo giorno quando Gesù per la terza volta si presenta agli Apostoli. Questi, alquanto sbandati per non avere in mezzo a loro Cristo Gesù, decidono di tornare al consueto lavoro; Pietro va a pescare, gli altri lo seguono. L’ozio è sempre il padre dei vizi, il lavoro permette all’uomo la realizzazione del suo essere umano. Avevano lasciato tutto per seguire Gesù, ma ora la solitudine li avvolge e la ripresa dell’antico lavoro appare l’unica alternativa.
Era l’alba quando, dopo aver lavorato tutta la notte inutilmente, si presenta Gesù sulla riva e chiede loro qualcosa da mangiare. "Non abbiamo pescato alcun pesce", dicono!, ma quando Gesù li invita a gettare le reti sulla destra, quasi per incanto, la rete si riempì di pesci. Gli Apostoli erano ancora tristi e delusi, soprattutto Pietro che aveva pianto amaramente per avere rinnegato il suo Signore; ma, all’invito dello sconosciuto, quasi per incanto, obbediscono ed ecco la pesca miracolosa: 153 grossi pesci da riempire la barca e le reti non si squarciarono.
Ed ecco una luce nuova irrompe: Giovanni riconosce nello sconosciuto, fermo sulla spiaggia, il loro amato Maestro. L’episodio è ricco di pathos. Giovanni si rivolge a Pietro dicendo ‘E’ il Signore!’ Gioia e stupore s’intrecciano: la presenza del Signore risorto trasforma ogni cosa; il buio è vinto, il lavoro inutile di una notte insonne lascia il posto ad un nuovo slancio di amore per la certezza che Lui, il Maestro risorto, è in mezzo a loro. Entrare di nuovo in relazione con Gesù risorto è la chiave della vera felicità e della piena realizzazione umana: è una realizzazione in chiave di amore.
Pace a voi!
Oggi, Cristo risuscitato saluta i discepoli, di nuovo, con il desiderio della pace: «Pace a voi!» (Lc 24,36). Dissipa così le paure ed i presentimenti che gli Apostoli hanno accumulato durante i giorni di passione e di solitudine.
Lui non è un fantasma, è assolutamente reale, ma, a volte, nella nostra vita, la paura va prendendo forma come se si trattasse dell’unica realtà. A volte è la mancanza di fede e di vita interiore ciò che va cambiando le cose: la paura si trasforma in realtà e Cristo va cancellandosi dalla nostra vita. Invece, la presenza di Cristo nella vita del cristiano allontana i dubbi, illumina la nostra esistenza, specialmente quegli angoli che nessuna spiegazione umana può chiarire. San Gregorio Nazianzeno ci esorta: «Dovremmo vergognarci di prescindere del saluto della pace che il Signore ci lasciò quando stava per uscire da questo mondo. La pace è un nome e una emanazione, che sappiamo procede da Dio, come dice l’Apostolo ai filippesi: `La pace di Dio´; e che è di Dio, ce lo dimostra anche quando dice agli Efesini:`Lui è la nostra pace´».
La risurrezione di Cristo è ciò che da senso a tutte le vicissitudine e sentimenti, è quello che ci aiuta a ricuperare la calma e a rassenerarci nelle tenebre della nostra vita. Le altre piccole luci che troviamo nella vita solo hanno senso in questa Luce.
«Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei salmi...Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture» (Lc 24,44-45), come già aveva fatto con i discepoli di Emmaus. Il Signore vuole aprire anche a noi il senso delle Scritture per la nostra vita; desidera trasformare il nostro povero cuore in un cuore che sia, anch’esso ardente, come il Suo: con la spiegazione della Scrittura e la frazione del Pane, l’Eucaristia. In altre parole: la missione del cristiano è osservare come la sua storia Lui vuole convertirla in una storia di salvezza.
Rev. D. Joan Carles MONTSERRAT
Passando per il parco di Paneveggio, mi accorgo che ogni visitatore è invitato al massimo rispetto della natura, delle piante, dei boschi, della strada, degli animali. Un richiamo continuo all'amore dell'ambiente. Fra tutti questi richiami uno mi colpisce in modo particolare: “Chi ama e rispetta l'ambiente in cui vive sarà ricambiato dal benessere che l'ambiente, rispettato, donerà”. “Allora - mi sono detto - è per questo che Dio mi comanda: ama il prossimo tuo come te stesso”. Se vuoi bene a te stesso, devi amare il tuo prossimo. Sii contento della gioia degli altri. La gioia, il benessere degli altri, la loro pace sono per te. Il prossimo è il tuo ambiente da rispettare, amare e godere. Anche Giovanni della croce è da considerare uno dei primi ambientalisti: “Dove non c'è amore - egli dice - metti amore e troverai amore”. L'odio, il cattivo rapporto, l'egoismo provocano il veleno che tutti respirano finchè tutto non sarà risanato dall'amore. Ogni volta che io perdono concorro a purificare l'aria che respiriamo. L'aria sarà perfettamente respirabile quando ciascuno darà all'altro il perdono, la misericordia, l'amore che Dio gli dona in sovrabbondanza. Amatevi gli uni gli altri perché l'amore è da Dio.
Una volta ho sperimentato sulla mia pelle quanto è importante avere misericordia con gli altri come l'abbiamo con noi stessi. Ero caduto in un errore grave, che tutti avevano potuto constatare; perciò non potevo avere l'ardire e la spudoratezza di cercare scuse presso gli altri: il mio sbaglio era troppo evidente. Però, nonostante fossi ben consapevole della mia colpevolezza, col pensiero riuscivo a scovare mille argomenti per assolvermi almeno in parte, o comunque attenuare la mia responsabilità. Ho pensato: “Straordinaria è la misericordia, notevole la comprensione che ho nei miei confronti. Ecco la misura di misericordia - mi sono detto - da usare per amare e non giudicare il mio prossimo. Gesù infatti mi comanda: amalo come te stesso”.
Padre andrea Panont o.c.d.
L’ANGELO DELLA RISURREZIONE E IL SACERDOTE
RIFELESSIONE DI APRILE 2023
“Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Magdala e l’altra Maria andarono a visitare la tomba. Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. L’angelo disse alle donne: Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risorto dai morti, ed ecco vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto” (Mt 28, 1-7)
La risurrezione di Gesù è stata l’esplosione di un amore incontenibile.
Un angelo del Signore scende dal cielo, apre la tomba vuota, dalla quale annuncia il primo vangelo: “È risorto”, rifacendosi alle parole stesse di Gesù, “come aveva detto” e invita le donne: “Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risorto dai morti, ed ecco vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto” (Mt 28, 1-7).
La gioia della Risurrezione è la trasfigurazione dell’esistenza. È il calore di una fiamma divina, di una verità inestinguibile, fiamma ardente di amore nella profondità del nostro essere.
Se ogni cristiano è chiamato a vivere la Pasqua annunciando che Cristo è risorto, il Sacerdote, l’uomo che appartiene al Signore in modo particolare, è chiamato a vivere questo annuncio con il desiderio di offrire al mondo intero quella gioia e quello stupore che le donne hanno provato all’annuncio dell’angelo perché, come diceva Benedetto XVI: “Appartenere al Signore vuol dire essere bruciati dal suo amore incandescente, essere trasformati dallo splendore della sua bellezza…
Essere totalmente di Cristo in modo da diventare una permanente confessione di fede, una inequivocabile proclamazione della verità che rende liberi di fronte alla seduzione dei falsi idoli da cui il mondo è abbagliato” (22 maggio 2006).
Il Sacerdote ha un unico mandato da compiere: essere oggi l’angelo che è presso ogni uomo, nel suo sepolcro e nella sua oscurità perché lasci le molte parole che gli vogliono dire che non c’è niente di nuovo sotto il sole e sappia che l’inverosimile, l’imprevedibile, il miracolo della Risurrezione c’è anche per lui.
Chiediamo al Signore tanti Sacerdoti che sappiano semplicemente manifestare il Risorto all’umanità smarrita e in cerca di luce e di senso.
Buona Pasqua a tutti!
PREGHIERA INIZIALE
Signore Gesù, che hai amato gli uomini fino alla morte in croce, voglio venire con Te, accompagnandoTi con la mente e col cuore sulla via del calvario. Voglio seguirTi per piangere i miei peccati, quelli dei tuoi sacerdoti e quelli di tutti gli uomini, miei fratelli, causa della Tua crocifissione e darTi prova del mio amore riconoscente. Illumina la mia mente, scuoti la mia indifferenza e insensibilità e fa' che nel dolore io sappia guardare al tuo dolore e in esso trovare consolazione. AMEN
Prima stazione: Gesù è condannato a morte
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 15,12-15)
“Pilato replicò: «Che cosa farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo
gridarono: «Crocifiggilo!». Ma Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Allora essi gridarono più forte:
«Crocifiggilo!». E Pilato, volendo dare soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver
fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.”
Per tutti i sacerdoti disprezzati, calunniati, perseguitati, soprattutto per quelli il cui ministero incontra tanti ostacoli. Ti prego, o Gesù, affinché il loro zelo non si affievolisca, ma, attraverso la sofferenza, si accenda sempre di più.
Santa Madre deh! Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Seconda stazione: Gesù prende la Croce
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
dal Vangelo secondo Matteo (Mt 27,31)
“Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via
per crocifiggerlo.”
Penso alle molte croci dei sacerdoti: ai pericoli morali, alla solitudine in terra di missione o in piccole parrocchie sperdute; alla povertà, alla malattia. Penso soprattutto a chi porta la croce delle supreme responsabilità della Chiesa, al Papa e ai Vescovi: a tutti concedi, o Signore, di portare la loro croce dietro di te e insieme con te.
Santa Madre deh! Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Terza stazione: Gesù cade la prima volta
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
Libro del Profeta Isaia (Is 53,1-5)
“...Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori... Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità.”
Penso soprattutto ai sacerdoti novelli: preghiamo affinché le prime difficoltà del ministero non li facciano cadere nello scoraggiamento e nel pessimismo. Fa', o Signore, che essi, dopo ogni prova, riprendano il cammino più fiduciosi in te, contando meno sulle proprie forze.
Santa Madre deh! Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Quarta stazione: Gesù incontra sua Madre
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2, 34-35)
“Simone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima».”
Per quel doloroso incontro concedi, o Gesù, alle madri dei sacerdoti di sapere incoraggiare, sostenere i loro figli nel proseguire la loro missione e di cooperare ad essa, come Maria, con le loro preghiere e le loro sofferenze.
Santa Madre deh! Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Quinta stazione: Gesù aiutato da Simone di Cirene
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 23,26)
“Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù.”
II sacerdote è il Cireneo che tu, o Signore, hai dato alle anime. Fa' che egli sappia consumarsi per esse senza risparmiarsi, trovando nell'esercizio del ministero la via per la propria santificazione. Ti prego specialmente per i direttori spirituali.
Santa Madre deh! Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Sesta stazione: La Veronica asciuga il volto di Gesù
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
Dal Libro del Profeta Isaia (Is 52, 2-3)
“Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi... Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia.”
Ti prego, o Gesù, che nessuna delle donne che il sacerdote incontra sul suo cammino gli sia pietra d'inciampo. Moltiplica invece il numero delle anime sacerdotali e verginali, che sappiano andare incontro al sacerdote con coraggio, prudenza e rettitudine d'intenzione, per essere collaboratrici del suo ministero.
Santa Madre deh! Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Settima stazione: Gesù cade la seconda volta
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
Dalla prima lettera di San Pietro apostolo (2,22-24)
“Egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca, oltraggiato non rispondeva con oltraggi,
e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia.”
Per i sacerdoti vittime dell'imprudenza, della propria debolezza o delle insidie del mondo. Ti prego, rendili pronti ad accorgersi dei rischi che corrono, determinati nel dare gli strappi necessari per fuggirli, costanti nel dono di sé.
Santa Madre deh! Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Ottava stazione: Gesù incontra le donne di Gerusalemme
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 23,27-29)
“Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù voltandosi verso le donne, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi
stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato»”
Dalle pie donne Gesù esige la contrizione più perfetta, quale condizione per poter comprendere e piangere la sua Passione e così unirsi al suo sacrificio. A maggior ragione richiede tutto dai suoi sacerdoti, che celebrano ogni giorno l'Eucaristia. Ti prego, Signore, perché tu dia al sacerdote la fede, lo spirito di umiltà, il cuore contrito e il fervore necessario per una devota celebrazione della Messa.
Santa Madre deh! Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Nona stazione: Gesù cade la terza volta
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
Dal Libro del Profeta Isaia (Is 53,7-12)
"Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca.
Egli ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori.”
Signore, ti prego intensamente per i sacerdoti che sono nel peccato, chiusi in se stessi, che non si lasciano aiutare da nessuno e che rischiano di perdersi. Rialzali subito e sana le loro ferite. Ti prego ancora per i sacerdoti agonizzanti: che nessuno muoia separato da te.
Santa Madre deh! Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Decima stazione: Gesù è spogliato
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 19,23-24)
“I soldati poi..., Presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cucitura, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca.”
Ti prego, Gesù, che ogni sacerdote sappia spogliarsi dell'uomo vecchio e rivestirsi dell'uomo nuovo nella giustizia e nella santità vera. Le umiliazioni lo rendano sempre più disponibile a fare la tua santissima volontà.
Santa Madre deh! Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Undicesima stazione: Gesù è inchiodato sulla croce
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 23,33-34)
“Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra.
Gesù diceva: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno».”
Ti prego, Gesù, che il sacerdote, unito alla croce della tua volontà, accetti per te il martirio silenzioso del dovere quotidiano fatto bene e con amore. Unendosi a te, che sulla croce preghi il Padre, trovi nella preghiera la gioia e la forza per il dono totale di sé.
Santa Madre deh! Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Dodicesima stazione: Gesù muore in croce
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 19,26-30)
“Gesù vide sua madre e, accanto a lei il discepolo preferito. Allora disse a sua madre: «Donna, ecco tuo figlio». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre». Da quel momento il discepolo la prese a casa sua. Sapendo
che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse, per adempiere la scrittura: «Ho sete».
Vi era lì un vaso pieno d’aceto; posero perciò una spugna imbevuta d’aceto in cima ad una canna e gliela accostarono alla bocca. E, dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo,
emise lo spirito.”
Perché il sacerdote sia con te e come te 'sacerdote e vittima', anche quando ciò significa dolorosa e intima crocifissione. Ti prego soprattutto per i sacerdoti dei paesi in cui c'è la persecuzione: dona ad essi la forza di affrontare il martirio.
Santa Madre deh! Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Tredicesima stazione: Gesù e deposto dalla croce
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 15,43-46)
“Giuseppe di Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli, allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un
sepolcro scavato nella roccia.”
Ti prego, o Gesù, che tutti i sacerdoti vivano e muoiano tra le braccia materne di Maria. Nel momento della prova non cerchino tanto il sostegno e il conforto degli uomini, ma si rivolgano a Lei, con vera e filiale devozione.
Santa Madre deh! Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
Quattordicesima stazione: Gesù è posto nel sepolcro
Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo perché con la tua santa Croce hai redento il mondo.
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 19,41-42)
“Nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque deposero Gesù.”
Che tutti i sacerdoti vivano ogni giorno in quell'atteggiamento di umiltà, di raccoglimento e di preghiera che li aiuti a custodire gelosamente l'amicizia di Cristo, in modo da renderne partecipi anche gli altri fratelli. Solo così potranno vivere sin da ora la vita nuova dei risorti.
Santa Madre deh! Voi fate che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore.
PREGHIERA FINALE
II Tuo sepolcro è troppo freddo, Gesù, e non è Tuo! Vieni nel mio cuore; è Tuo e Ti ama. lo so, Gesù che Tu sei seme di Risurrezione. Resta con me, fino all'ora in cui potrò vederTì nel gaudio del Cielo, dove Tu sei sempre il Risorto e anch'io sarò con Te. Amen
Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». Mt 26, 36-39
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po' innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell'ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu» Mc 14, 32-36
Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. Lc 22, 39-44
“Il Getsemani è uno dei luoghi più venerabili della cristianità. Qui Gesù ha sperimentato l’ultima solitudine, tutta la tribolazione dell’essere uomo. Qui l’abisso del peccato e di tutto il male gli è penetrato nel più profondo dell’anima. Qui è stato toccato dallo sconvolgimento della morte imminente. Qui il traditore lo ha baciato. Qui tutti i discepoli lo hanno lasciato. Qui Egli ha lottato anche per me. Al Getsemani Gesù sperimenta lo sconvolgimento particolare di Colui che è la Vita stessa davanti all’abisso di tutto il potere della distruzione, del male, di ciò che si oppone a Dio, e che ora gli crolla direttamente addosso, che Egli in modo immediato deve prendere su di sé, anzi, deve accogliere dentro di sé fino al punto di essere personalmente << fatto peccato>>. Proprio perché è il Figlio, Egli vede con estrema chiarezza l’intera marea sporca del male, tutto il potere della menzogna e della superbia, tutta l’astuzia e l’atrocità del male. Proprio perché è il Figlio, Egli sente profondamente l’orrore, tutta la sporcizia e la perfidia che deve bere in quel calice a Lui destinato. Anche il mio peccato era presente in quel calice spaventoso”. ( tratto liberamente da: Gesù di Nazareth di Joseph Ratzinger)
Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l'ora è vicina e il Figlio dell'uomo viene consegnato in mano ai peccatori. 46Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino». Mt 26, 40-46
Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? 38Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 39Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. 40Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. 41Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. 42Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino». Mc 14, 37-42
Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. 46E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione» Lc 22, 45-46
“ La sonnolenza dei discepoli rimane lungo i secoli l’occasione favorevole per il potere del male. Questa sonnolenza è un intorpidimento dell’anima, che non si lascia scuotere dal potere del male nel mondo, da tutta l’ingiustizia e da tutta la sofferenza che devastano la terra. E’ un’insensibilità che preferisce non percepire tutto ciò; si tranquillizza col pensiero che tutto, in fondo, non è poi tanto grave, per poter così continuare nell’autocompiacimento della propria esistenza. Ma questa insensibilità delle anime, questa mancanza di vigilanza sia per la vicinanza di Dio che per la potenza incombente del male conferisce al maligno un potere nel mondo. Di fronte ai discepoli assonnati e non disposti ad allarmarsi il Signore dice di se stesso: ” La mia anima è triste fino alla morte”. Nella sonnolenza dei discepoli, nel tradimento di Giuda, nel rinnegamento di Pietro incontriamo il pericolo che pervade tutti i tempi, il pericolo cioè che chi è stato una volta illuminato, ha gustato il dono celeste ed è diventato partecipe dello Spirito Santo, attraverso una serie di forme apparentemente minute di infedeltà, decada spiritualmente e così alla fine, uscendo alla luce entri nella notte”. ( tratto liberamente da: Gesù di Nazareth di Joseph Ratzinger)
PREGHIAMO
Signore, tu sei il Padre della sapienza e sei mio Padre.
Lasciami seguire ciecamente i tuoi sentieri senza cercare di capire:
tu mi guiderai anche nel buio per portarmi fino a te.
Signore, sia fatta la tua volontà: sono pronta!
Tu sei il Signore del tempo e anche questo momento
ti appartiene.
Realizza in me ciò che nella tua Sapienza hai già previsto.
Se mi chiami all'offerta del silenzio, aiutami a rispondere.
Fa' che chiuda gli occhi su tutto ciò che sono perché
morta a me stessa viva solo per te. (Santa Teresa Benedetta della Croce)
Signore Gesù, soltanto l'amore poteva spingerti ad inventare una presenza così umile, così vicina e così quotidiana come la Santa Eucaristia!
Fa' che l'incontro con Te nel Mistero silenzioso della Tua vicinanza ci entri nella profondità del cuore e brilli nei nostri occhi diventati finestra della Tua bontà.
Fa', o Signore, che la forza dell'Eucaristia non si spenga con le candele della Chiesa ma continui nella nostra vita quotidiana diventando onestà, lealtà, generosità, attenzione premurosa a chiunque ci vive accanto.
O Signore, Tu solo hai parole di vita eterna, che diventano luce per il nostro cammino. Rendici amabili con tutti, in modo particolare con i Sacerdoti, capaci di accoglierli con amicizia vera e sincera per sostenerli nella fede e nella dedizione a Te.
Grazie, Signore, per il dono immeritato della Santa Eucaristia!
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d'argento. Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnare Gesù.
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: "Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli"». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito! Meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l'hai detto».
Dall’autobiografia della Beata Madre Teresa Casini scritta per ordine del Rev. P. Gallois
“Il Sacerdote è parte delle mie viscere, pupilla dei miei occhi; il carattere sacerdotale è al di sopra di qualunque dignità. Io ho chiamato queste anime al mio servizio, dando loro una vocazione sublime, le ho circondate di lumi e grazie dello Spirito Santo e le ho messe in mezzo alla società, affinché, trattando continuamente con essa, mi fossero come tanti canali in cui le anime passassero per venire al mio Cuore. Ma - aggiunse con espressione di dolore - non tutte corrispondono alla loro vocazione e con le loro infedeltà e ingratitudini trafiggono il mio cuore, conficcando una spina in esso”. Mi chiese poi di riparare e di consolarlo nel suo dolore.
Gesù si commosse profondamente e dichiarò: «In verità, in verità vi dico: «uno di voi mi tradirà». I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: «Dì, chi è colui a cui si riferisce?». Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose allora Gesù: «E' colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò». E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: «Quello che devi fare fallo al più presto». Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo; alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte.
Quand'egli fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma come ho gia detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire. Simon Pietro gli dice: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado per ora tu non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte».
(Gv 13)
LA SUA OFFERTA SUPREMA
«Cuore trafitto di Gesù, a cui tutto desidero immolare in me, e così attestarti il mio amore e consolare il tuo trafitto Cuore, ti prego nella bassezza del mio nulla, di voler distruggere in me ciò che vi ha di più nobile, quello che costituisce il fondo del mio cuore, cioè il desiderio della vita, per compiere i desideri del tuo trafitto Cuore, cioè l'Opera delle Oblate e delle Vocazioni al Sacerdozio .
Questo desiderio della vita ti usurpa la gloria che solo a Te è dovuta, perché occultamente appropria a me ciò che è tutta opera tua. Purifica, distruggi, annienta in me questa parte più eletta del mio cuore; ed il vuoto che questa immolazione lascia, sia dal tuo intimo dolore e dal tuo amore riempito ».
Preghiera a Maria
per i sacerdoti
Vergine Madre, figlia del tuo Figlio, donna dell'Ascolto e del Servizio, a te ci rivolgiamo per preparare con la nostra preghiera l'anno dedicato alla santificazione dei sacerdoti.
Ti affidiamo ciascuno di loro, come Gesù sulla croce ti ha affidato il discepolo Giovanni. Ti chiediamo di accompagnarli con la tua bontà materna, perché ogni giorno ripetano il loro "sì" a Dio, come tu stessa hai fatto a Nazaret e in tutta la tua vita, fin sotto la croce e oltre.
Tu eri presente con gli apostoli nel cenacolo e con loro hai invocato e poi accolto il dono dello Spirito, che li ha resi coraggiosi testimoni del tuo Figlio, crocifisso e risorto, e li ha sostenuti nell'annunciare il Vangelo ad ogni creatura. Tu stessa li hai accompagnati con la tua preghiera, e la tenerezza di Madre.
Accompagna anche i nostri sacerdoti, soprattutto quando intraprendono strade nuove e non facili per annunciare anche nel nostro tempo la bellezza dell'amore del Padre. Aiutali ad essere autentici e fedeli, generosi e misericordiosi, puri di cuore e solleciti verso ogni persona.
Sostienili nelle giornate difficili, e aiutali a rialzarsi quando sperimentano la debolezza della loro risposta.
Fa' che siano attenti ascoltatori della Parola del tuo Figlio e annunciatori instancabili di questo tesoro che il Cristo ha affidato alla Chiesa perché sia seme gettato nei solchi dell'umanità.
Sostieni chi fatica ad essere fedele, e dona la consolazione che aiuta a superare i momenti difficili. Invoca con loro e per loro lo Spirito perché siano servitori della comunità sull'esempio e con la forza del Figlio tuo, che si è fatto servo per amore e ha indicato nel servizio uno dei modi per renderlo presente e vivo in mezzo ai suoi.
Aiutali a spezzare per tutti il Pane della Parola e dell'Eucaristia e ad essere compagni di viaggio per tutti coloro che cercano nel Vangelo la risposta alle tante domande della vita, il sollievo alle tante sofferenze che spesso ci rendono tristi.
Accompagnali tutti con il tuo amore di Madre; o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria!