Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore.

Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. 21Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi». (Lc 4, 16-21)

"Gesù, terminata la lettura, in un silenzio carico di attenzione, disse: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ora ascoltato» (Lc 4,21). San Cirillo d’Alessandria afferma che l’«oggi», posto tra la prima e l’ultima venuta di Cristo, è legato alla capacità del credente di ascoltare e ravvedersi. Ma, in un senso ancora più radicale, è Gesù stesso «l’oggi» della salvezza nella storia, perché porta a compimento la pienezza della redenzione. Il termine «oggi», molto caro a san Luca, ci riporta al titolo cristologico preferito dallo stesso Evangelista, cioè «salvatore». Già nei racconti dell’infanzia, esso è presentato nelle parole dell’angelo ai pastori: «Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, Cristo Signore».

Cari amici, questo brano interpella «oggi» anche noi. Anzitutto ci fa pensare al nostro modo di vivere la domenica: giorno del riposo e della famiglia, ma prima ancora giorno da dedicare al Signore, partecipando all’Eucaristia, nella quale ci nutriamo del Corpo e Sangue di Cristo e della sua Parola di vita.

In secondo luogo, nel nostro tempo dispersivo e distratto, questo Vangelo ci invita ad interrogarci sulla nostra capacità di ascolto. Prima di poter parlare di Dio e con Dio, occorre ascoltarlo, e la liturgia della Chiesa è la “scuola” di questo ascolto del Signore che ci parla. Infine, ci dice che ogni momento può divenire un «oggi» propizio per la nostra conversione. Ogni giorno può diventare l’oggi salvifico, perché la salvezza è storia che continua per la Chiesa e per ciascun discepolo di Cristo. Questo è il senso cristiano del «carpe diem»: cogli l’oggi in cui Dio ti chiama per donarti la salvezza!" 

Benedetto XVI

MATERNITÀ SPIRITUALE

PER I SACERDOTI

La vocazione ad essere madre spirituale per i sacerdoti è troppo poco conosciuta, scarsamente compresa e perciò poco vissuta, nonostante la sua vitale e fondamentale importanza. Questa vocazione è spesso nascosta, invisibile all’occhio umano, ma volta a trasmettere vita spirituale. Di questo era convinto Papa Giovanni Paolo II: perciò volle in Vaticano un monastero di clausura dove si potesse pregare per le sue intenzioni come sommo Pontefice.

“CIÒ CHE SONO DIVENUTO E IN CHE MODO, LO DEVO A MIA MADRE!” (S. Agostino)

Indipendentemente dall’età e dallo stato civile, tutte le donne possono diventare madre spirituale per un sacerdote e non soltanto le madri di famiglia. È possibile anche per una ammalata, per una ragazza nubile o per una vedova. In maniera particolare questo vale per le missionarie e le religiose che offrono tutta la loro vita a Dio per la santificazione dell’umanità. Giovanni Paolo II ringraziò perfino una bambina per il suo aiuto materno: “Esprimo la mia riconoscenza anche alla beata Giacinta di Fatima per i sacrifici e le preghiere fatte per il Santo Padre, che ella aveva visto tanto soffrire” (13 maggio 2000).

Ogni sacerdote è preceduto da una madre, che non di rado è anche una madre di vita spirituale per i suoi figli. Giuseppe Sarto, per esempio, il futuro Papa Pio X, appena consacrato vescovo, andò a trovare la mamma settantenne. Lei baciò con rispetto l’anello del figlio e all’improvviso, facendosi meditativa, indicò la propria povera fede nuziale d’argento: “Sì, Peppo, però tu adesso non lo porteresti, se io prima non avessi portato questo anello nuziale”. Giustamente S. Pio X confermava dalla sua esperienza: “Ogni vocazione sacerdotale viene dal cuore di Dio, ma passa attraverso il cuore di una madre!”.

Ce lo dimostra particolarmente bene la vita di S. Monica. Sant’Agostino, suo figlio, che all’età di diciannove anni come studente a Cartagine, aveva perduto la fede, ha scritto nelle sue ‘Confessioni’: “... Tu hai steso la tua mano dall’alto e hai tratto la mia anima da queste dense tenebre, poiché mia madre, tua fedele, piangeva su di me più che non piangano le madri la morte fisica dei figli … eppure quella vedova casta, devota, morigerata, di quelle che tu prediligi, fatta ormai più animosa per la speranza, ma non per questo meno facile al pianto, non cessava di piangere dinanzi a te, in tutte le ore di preghiera”.

Dopo la conversione, egli ha detto con gratitudine: “La mia santa madre, tua serva, non mi ha mai abbandonato. Ella mi partorì con la carne a questa vita temporale e col cuore alla vita eterna. Ciò che sono divenuto e in che modo, lo devo a mia Madre!”. Durante le sue discussioni filosofiche, S. Agostino voleva sempre con sé sua madre; ella ascoltava attentamente, qualche volta interveniva con un parere delicato o, con meraviglia degli esperti presenti, dava anche risposte a questioni aperte.

Perciò non stupisce che S. Agostino si dichiarasse il suo ‘discepolo in filosofia’!

INVOCAZIONE ALL'ETERNO PADRE

 Eterno Padre,

ti offriamo

il Sangue ed il Cuore Sacratissimo di Gesù Cristo,

in espiazione dei nostri peccati,

per i bisogni della santa Chiesa,

per le vocazioni sacerdotali,

per la santificazione del clero,

per l'unione delle Chiese.

Signore insegnaci a fare la Tua volontà.

Beata Teresa Casini

Sia lodato e ringraziato ogni momento

il Santissimo e Divinissimo Sacramento!

TI ADORIAMO, O SIGNORE

Vero Dio e vero uomo, realmente presente in questo Santo Sacramento Ti adoriamo, Signore

Nostro Salvatore, Dio-con-noi, fedele e ricco di misericordia Ti adoriamo, Signore

Re e Signore del creato e della storia Ti adoriamo, Signore

Vincitore del peccato e della morte Ti adoriamo, Signore

Amico dell’uomo, risorto e vivo alla destra del Padre Ti adoriamo, Signore

CREDIAMO IN TE, O SIGNORE

Figlio unigenito del Padre, disceso dal Cielo per la nostra salvezza Crediamo in te, o Signore

Medico celeste, che ti chini sulla nostra miseria Crediamo in te, o Signore

Agnello immolato, che ti offri per riscattarci dal male Crediamo in te, o Signore

Buon Pastore, che doni la vita per il gregge che ami Crediamo in te, o Signore

Pane vivo e farmaco di immortalità, che ci doni la Vita eterna Crediamo in te, o Signore

LIBERACI, O SIGNORE

Dal potere di Satana e dalle seduzioni del mondo Liberaci, o Signore

Dall’orgoglio e dalla presunzione di poter fare a meno di te Liberaci, o Signore

Dagli inganni della paura e dell’angoscia Liberaci, o Signore

Dall’incredulità e dalla disperazione Liberaci, o Signore

Dalla durezza di cuore e dall’incapacità di amare Liberaci, o Signore

SALVACI, O SIGNORE

Da tutti i mali che affliggono l’umanità Salvaci, o Signore

Dalla fame, dalla carestia e dall’egoismo Salvaci, o Signore

Dalle malattie, dalle epidemie e dalla paura del fratello Salvaci, o Signore

Dalla follia devastatrice, dagli interessi spietati e dalla violenza Salvaci, o Signore

Dagli inganni, dalla cattiva informazione e dalla manipolazione delle coscienze Salvaci, o Signore

CONSOLACI, O SIGNORE

Guarda la tua Chiesa, che attraversa il deserto Consolaci, o Signore

Guarda l’umanità, atterrita dalla paura e dall’angoscia  Consolaci, o Signore

Guarda gli ammalati e i moribondi, oppressi dalla solitudine Consolaci, o Signore

Guarda i medici e gli operatori sanitari, stremati dalla fatica Consolaci, o Signore

Guarda i politici e gli amministratori, che portano il peso delle scelte Consolaci, o Signore

DONACI IL TUO SPIRITO, O SIGNORE

Nell’ora della prova e dello smarrimento Donaci il tuo Spirito, Signore

Nella tentazione e nella fragilità Donaci il tuo Spirito, Signore

Nel combattimento contro il male e il peccato Donaci il tuo Spirito, Signore

Nella ricerca del vero bene e dalla vera gioia Donaci il tuo Spirito, Signore

Nella decisione di rimanere in Te e nella tua amicizia Donaci il tuo Spirito, Signore

Perché i sacerdoti siano santi, Donaci il tuo Spirito, Signore

Perché nella Chiesa nascano numerose e sante vocazioni al sacerdozio, Donaci il tuo Spirito, Signore

Papa Francesco

“Pregate il padrone della messe che mandi operai!”

“Pregate il padrone della messe che mandi operai!” Ciò significa: la messe c’è, ma Dio vuole servirsi degli uomini, perché essa venga portata nel granaio. Dio ha bisogno di uomini. Ha bisogno di persone che dicano: Sì, io sono disposto a diventare il Tuo operaio per la messe, sono disposto ad aiutare affinché questa messe che sta maturando nei cuori degli uomini possa veramente entrare nei granai dell’eternità e diventare perenne comunione divina di gioia e di amore.

“Pregate il padrone della messe!” Questo vuol dire anche: non possiamo semplicemente “produrre” vocazioni, esse devono venire da Dio. Non possiamo, come forse in altre professioni, per mezzo di una propaganda ben mirata, mediante, per cosi dire, strategie adeguate, semplicemente reclutare delle persone. La chiamata, partendo dal cuore di Dio, deve sempre trovare la via al cuore dell’uomo. E tuttavia: proprio perché arrivi nei cuori degli uomini è necessaria anche la nostra collaborazione.

Chiederlo al padrone della messe significa certamente innanzitutto pregare per questo, scuotere il suo cuore e dire: “Fallo per favore! Risveglia gli uomini! Accendi in loro l’entusiasmo e la gioia per il Vangelo! Fa' loro capire che questo è il tesoro più prezioso di ogni altro tesoro e che colui che l’ha scoperto deve trasmetterlo!”

Noi scuotiamo il cuore di Dio. Ma il pregare Dio non si realizza soltanto mediante parole di preghiera; comporta anche un mutamento della parola in azione, affinché dal nostro cuore orante scocchi poi la scintilla della gioia in Dio, della gioia per il Vangelo, e susciti in altri cuori la disponibilità a dire un loro “sì”.

Come persone di preghiera, colme della Sua luce, raggiungiamo gli altri e, coinvolgendoli nella nostra preghiera, li facciamo entrare nel raggio della presenza di Dio, il quale farà poi la sua parte. In questo senso vogliamo sempre di nuovo pregare il Padrone della messe, scuotere il suo cuore, e con Dio toccare nella nostra preghiera anche i cuori degli uomini, perché Egli, secondo la sua volontà, vi faccia maturare il “sì”, la disponibilità; la costanza, attraverso tutte le confusioni del tempo, attraverso il calore della giornata ed anche attraverso il buio della notte, di perseverare fedelmente nel servizio, traendo proprio da esso continuamente la consapevolezza che – anche se faticoso – questo sforzo è bello, è utile, perché conduce all’essenziale, ad ottenere cioè che gli uomini ricevano ciò che attendono: la luce di Dio e l’amore di Dio.

Benedetto XVI Incontro con i Sacerdoti e i Diaconi a Freising, 14 settembre 2006

Il mio Sacerdozio

ed una sconosciuta

Il barone

Wilhelm Emmanuel Ketteler

(1811-1877)

Noi tutti dobbiamo quello che siamo e la nostra vocazione alle preghiere e ai sacrifici degli altri. Nel caso del noto vescovo Ketteler, un personaggio eccellente dell’episcopato tedesco dell’Ottocento e una delle figure di spicco fra i fondatori della sociologia cattolica, la benefattrice fu una religiosa conversa, l’ultima e la più povera suora del suo convento.

Nel 1869 si trovavano insieme un vescovo di una diocesi in Germania e un suo ospite, il vescovo Ketteler di Magonza.

Nel corso della conversazione, il vescovo diocesano sottolineava le molteplici opere benefiche del suo ospite. Ma il vescovo Ketteler spiegava al suo interlocutore: “Tutto ciò che con l’aiuto di Dio ho raggiunto, lo devo alla preghiera e al sacrificio di una persona che non conosco. Posso dire soltanto che qualcuno ha offerto a Dio la sua vita in sacrificio per me ed io lo devo a questo se sono diventato sacerdote”.

E continuava: “Dapprima non mi sentivo destinato al sacerdozio. Avevo sostenuto i miei esami di stato in giurisprudenza e miravo a far carriera quanto prima per ricoprire nel mondo un posto di rilievo ed avere onori, considerazione e soldi.

Un avvenimento straordinario però me lo impedì e indirizzò la mia vita in altre direzioni. Una sera, mentre mi trovavo da solo in camera, mi abbandonai ai miei sogni ambiziosi e ai piani per il futuro. Non so cosa mi sia successo, se fossi sveglio o addormentato: ciò che vedevo era la realtà o si trattava di un sogno? Una cosa so: vidi quello che fu poi la causa del rovesciamento della mia vita. Chiaro e netto, Cristo stava sopra di me in una nuvola di luce e mi mostrava il suo Sacro Cuore. Davanti a Lui si trovava in ginocchio una suora che alzava le mani in posizione d’implorazione. Dalla bocca di Gesù sentii le seguenti parole: «Ella prega ininterrottamente per te!». Vedevo chiaramente la figura dell’orante, la sua fisionomia mi si impresse talmente forte che ancora oggi l’ho davanti ai miei occhi. Ella mi sembrava una semplice suora conversa. La sua veste era misera e grossolana, le sue mani arrossate e callose per il lavoro pesante. Qualunque cosa sia stata, un sogno o no, per me fu straordinario, perché rimasi colpito nell’intimo e da quel momento decisi di consacrarmi completamente a Dio nel servizio sacerdotale. Mi ritirai in un monastero per gli esercizi spirituali e discussi di tutto con il mio confessore. Iniziai gli studi di teologia a trenta anni. Tutto il resto lei lo conosce.

Se ora lei pensa che qualche cosa di buono accada attraverso di me, sappia di chi è il vero merito: di quella suora che ha pregato per me, forse senza conoscermi. Sono convinto che per me si è pregato e si prega ancora nel segreto e che senza quella preghiera non potrei raggiungere la meta che Dio mi ha destinato”.

“Ha idea di chi sia che prega per lei e dove?”: chiese il vescovo diocesano. “No, posso soltanto quotidianamente pregare Dio che la benedica, se è ancora in vita, e che ricambi mille volte ciò che ha fatto per me”.

Il giorno successivo, il vescovo Ketteler si recò in visita in un convento di suore nella vicina città e celebrò per loro la S. Messa nella cappella. Giunto quasi alla fine della distribuzione della S. Comunione, arrivato all’ultima fila, il suo sguardo si fissò su una suora. Il suo volto impallidì, egli restò immobile, poi, ripresosi, diede la Comunione alla suora che non aveva notato nulla e stava devotamente in ginocchio. Quindi concluse serenamente la liturgia.

Per la prima colazione arrivò in convento anche il vescovo diocesano del giorno precedente. Il vescovo Ketteler chiese alla madre superiora di presentargli tutte le suore, le quali arrivarono in poco tempo.

I due vescovi si avvicinarono e Ketteler le salutava osservandole, ma sembrava chiaramente non trovare ciò che cercava. Sotto voce si rivolse alla madre superiora: “Sono tutte qui le suore?”. Ella guardando il gruppo, rispose: “Eccellenza, le ho fatte chiamare tutte, ma in effetti ne manca una!”. “Perché non è venuta?”. La madre rispose: “Ella si occupa della stalla, e in maniera talmente esemplare che nel suo zelo a volte dimentica le altre cose”. “Desidero conoscere questa suora”, disse il vescovo.

Dopo poco tempo, la suora arrivò. Egli impallidì nuovamente e dopo aver rivolto alcune parole a tutte le suore, chiese di restare solo con lei.

“Lei mi conosce?”: domandò. “Eccellenza, io non l’ho mai vista!”. “Ma lei ha pregato e offerto buone opere per me?”: voleva sapere Ketteler. “Non ne sono consapevole, perché non sapevo dell’esistenza di Vostra Grazia”. Il vescovo rimase alcuni istanti immobile e in silenzio, poi continuò con altre domande. “Quali devozioni ama di più e pratica più frequentemente?”. “La venerazione al Sacro Cuore”, rispose la suora. “Sembra che lei abbia il lavoro più pesante in convento!”: proseguì. “Oh no, Vostra Grazia! Certo non posso disconoscere che a volte mi ripugna”. “Allora cosa fa quando viene assalita dalla tentazione?”. “Ho preso l’abitudine di affrontare per amore di Dio con gioia e zelo tutte le faccende che mi costano molto e poi di offrirle per un’anima al mondo. Sarà il buon Dio che sceglierà a chi dare la Sua grazia, io non lo voglio sapere. Offro anche l’ora di adorazione della sera, dalle venti alle ventuno, per questa intenzione”. “Come le è venuta l’idea di offrire tutto questo per un’anima?”. “E’ un’abitudine che avevo già quando vivevo ancora nel mondo. A scuola il parroco ci insegnò che si dovrebbe pregare per gli altri come si fa per i propri parenti. Inoltre aggiungeva: ‘Bisognerebbe pregare molto per coloro che sono nel pericolo di perdersi per l’eternità. Ma siccome solo Dio sa chi ne ha maggiormente bisogno, la cosa migliore sarebbe offrire le preghiere al Sacro Cuore di Gesù, fiduciosi nella Sua sapienza e onniscienza’. Così ho fatto, e ho sempre pensato che Iddio trova l’anima giusta”. “Quanti anni ha?”: chiese Ketteler. “Trentatré anni, Eccellenza”. Il vescovo, turbato, si interruppe per un attimo, poi domandò: “Quando è nata?”. La suora riferì il giorno della sua nascita. Il vescovo allora fece un’esclamazione: si trattava proprio del giorno della sua conversione! Egli l’aveva vista esattamente così, davanti a sé come si trovava in quel momento. “Lei non sa se le sue preghiere e i suoi sacrifici hanno avuto successo?”. “No, Vostra Grazia”. “E non lo vuole sapere?”. “Il buon Dio sa quando si fa qualche cosa di buono, questo basta”, fu la semplice risposta. Il vescovo era sconvolto: “Per amor di Dio, allora continui con questa opera!”. La suora gli si inginocchiò davanti e chiese la benedizione.

Il vescovo alzò solennemente le mani e con profonda commozione disse: “Con i miei poteri episcopali, benedico la sua anima, le sue mani e il lavoro che compiono, benedico le sue preghiere e i suoi sacrifici, il suo dominio di sé e la sua obbedienza. La benedico specialmente per la sua ultima ora e prego Dio che l’assista con la Sua consolazione”. “Amen”, rispose serena la suora e si allontanò.

Il vescovo si sentiva scosso nel suo intimo, si accostò alla finestra per guardare fuori, cercando di riacquistare il suo equilibrio. Più tardi si congedò dalla madre superiora per tornare a casa del suo amico e confratello.

A lui confidò: “Ora ho trovato colei alla quale devo la mia vocazione. E’ l’ultima e la più povera conversa del convento. Non potrò mai ringraziare abbastanza Dio per la Sua misericordia, perché quella suora prega per me da quasi venti anni. Dio però già in anticipo aveva accolto la sua preghiera e aveva previsto anche che il giorno della sua nascita coincidesse con quello della mia conversione; in seguito Dio ha accolto le preghiere e le opere buone di quella suora. Quale insegnamento e ammonimento per me! Semmai dovessi essere tentato di vantarmi per eventuali successi e per le mie opere davanti agli uomini, dovrei tener presente che tutto mi proviene dalla grazia della preghiera e del sacrificio di una povera serva nella stalla di un convento. E se un lavoro insignificante mi sembra di poco valore, devo riflettere che ciò che quella serva, con obbedienza umile verso Dio, fa e offre in sacrificio con dominio di sé ha un tale valore davanti a Dio, tanto che le sue opere hanno creato un vescovo per la Chiesa!

Abitare la volontà di Dio

Viaggiavo in treno e avevo tanta fretta di arrivare a destinazione che non mi riusciva né di leggere, né di dormire... Quasi a sollecitare la corsa del treno, guardavo in continuazione l'orologio e fissavo lo sguardo fuori del finestrino e calcolavo i chilometri percorsi e quelli che ancora mancavano all'arrivo.

Ad ogni fermata aumentava il mio nervosismo per l'ulteriore ritardo che quell'accelerato sembrava via, via accumulare. Ad una delle tante stazioni, salì una signora. Aveva un'aria tranquilla, serena, di persona dotata di equilibrio. Con la calma di chi non desidera niente, se non di salutare i presenti, disse un buon giorno così pacato che mi riscossi dalla mia strana fretta, dal mio nervosismo e misi il cuore in pace.

Quello scompartimento divenne salotto.

Ella ci disse che prendeva volentieri quel treno, anche se lento, perché aveva il vantaggio di passare in mezzo alla campagna e ammirare i campi, le più svariate piantagioni, paesi e monumenti che diversamente non avrebbe potuto contemplare e gustare; inoltre non era mai affollato e si era certi di trovare il posto. Ma soprattutto perché si fermava ad una stazione a pochi passi da casa sua.

Avrebbe potuto fare il tragitto anche in macchina, ma, secondo lei, la comodità del treno è impagabile: non ci si stanca, anzi ci si riposa perché non c'è da guidare, né da soffrire per la difficoltà del traffico. In treno si può star seduti, camminare, salutare persone, leggere e conversare, scrivere, sferruzzare e perfino dormire.

Il treno è, sì, un mezzo di trasporto, ma, a guardar bene, è anche una casa dove abitare; e abitandola bene, si viaggia bene.

Così è per chiunque sta nella volontà di Dio e la vive con solennità nel momento presente.

Domenica delle nozze di Cana

“Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Servire il Signore significa ascoltare e mettere in pratica la sua parola. È la raccomandazione semplice, essenziale della Madre di Gesù, è il programma di vita del cristiano.

Quando siamo in situazioni difficili, quando avvengono problemi che noi non sappiamo come risolvere, quando sentiamo tante volte ansia e angoscia, quando ci manca la gioia, andare dalla Madonna e dire: “Non abbiamo vino. E’ finito il vino: guarda come sto, guarda il mio cuore, guarda la mia anima”.

Dirlo alla Madre. E lei andrà da Gesù a dire: “Guarda questo, guarda questa: non ha vino”. E poi, tornerà da noi e ci dirà: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”».

Papa Francesco Angelus 20 gennaio 2019

Una perla

del Sacerdozio italiano:

don Giuseppe De Luca

La storia di don Giuseppe inizia in provincia di Potenza, a Sasso di Castalda, dove nacque il 15 settembre 1898. La madre, Raffaella Viscardi, colpita da febbri, morì presto e il padre, Vincenzo, lo affidò alla nonna materna in un villaggio vicino. Il piccolo Giuseppe crebbe in un ambiente povero ed isolato, circondato da contadini parsimoniosi e di fede grande e semplice. Di quella prima stagione della sua vita conservò l’amore per il suo Mezzogiorno e la spinta ad indagare la «pietà».

A 11 anni si trasferì al Seminario di Ferentino e due anni dopo, nel 1911, approdò a Roma, prima al Seminario Minore, all’epoca situato nell’edificio di Sant’Apollinare, fucina di un clero «romano» intriso – come scriveva Ernesto Bonaiuti – di «senso universalistico della fraternità umana nei vincoli spirituali e carismatici della Chiesa, fatto di bonomia leggermente ironica e di comprensione sconfinatamente caritatevole».

Alla vigilia della prima guerra mondiale Giuseppe entrò nel Seminario Maggiore del Laterano, dove apprese l’amore per la ricerca storica dal suo professore don Pio Paschini. Ma la stagione in cui si innamorò della storia religiosa era anche una delle meno favorevoli per la disciplina in campo ecclesiastico, dove il vento dell’antimodernismo aveva piegato con rigido controllo gli aneliti di rinnovamento della ricerca. Don De Luca venne ordinato il 30 ottobre 1921 ma intanto l’anno precedente si era iscritto al corso di Paleografia e diplomatica del Vaticano e alla facoltà di Lettere di Roma, allacciando rapporti di lavoro e amicizia con alcune delle intelligenze più vive del tempo. Per certi versi il giovane cercò maestri anche fuori dal Seminario per rendere più solida la sua preparazione.

Nel 1923 divenne cappellano degli anziani romani indigenti, raccolti ed ospitati dalle Piccole Sorelle dei Poveri nella casa di piazza San Pietro in Vincoli. La famiglia religiosa, fondata da Giovanna Jugan, poi beatificata da Giovanni Paolo II nel 1982 e canonizzata da Benedetto XVI nel 2009, viveva di elemosina e aveva aperto una casa a Roma grazie al sostegno di Leone XIII. In quella sede don De Luca avrebbe operato fino al 1948, unendo la cura spirituale dei poveri alla raccolta di una ricca biblioteca di testi antichi e moderni di Roma con titoli sulla storia religiosa e della spiritualità.

Nonostante la passione per lo studio, per una serie di vicende, non giunse mai alla laurea in Lettere ma per tutta la vita frequentò assiduamente biblioteche e archivi. Dalla metà degli anni Venti alla metà dei Trenta, pur non dimettendo la ricerca, fu molto attivo in campo giornalistico nelle testate cattoliche. Il suo scopo, definito all’indomani dell’istaurazione della dittatura fascista, era quello di cercare di fare «a Roma qualcosa di buono e di serio, per la cultura». Il suo obiettivo era quello di agire su porzioni ristrette della gioventù cattolica per costruire una élite intellettuale che si proponesse come parte di una borghesia capace di coniugare cultura e politica.

Bisognava far recuperare ad un cattolicesimo che intellettualmente gli pareva smorto, influenza sull’opinione pubblica. Un suo articolo del 1924 su una rivista giovanile dell’Azione cattolica del Lazio si intitolava Formare una classe dirigente. Ma quel progetto, proprio per il carattere elitario, non si conciliava con l’esigenza di Giovanni Battista Montini, allora assistente ecclesiastico della Fuci, per una formazione che raggiungesse una dimensione popolare, come si confaceva in una stagione in cui cedere culturalmente al totalitarismo avrebbe voluto dire condannarsi ad essere minoranza.

Don De Luca, attraverso l’amicizia con Papini, avrebbe collaborato alla rivista, diretta da Bargellini, Il Frontespizio. E negli stessi anni la sua firma era presente su L’Osservatore Romano e L’Avvenire con interventi di carattere letterario o con recensioni. Maturò in lui, con la lezione di Lucien Febvre e della storiografia francese, l’esigenza di indagare la “pietà vissuta”, che dimostrava il legame col divino. Intanto nel 1942 diede vita con Alfredo Schiaffini alle Edizioni di storia e letteratura e dopo la guerra avviò altre collane che dal campo della erudizione arrivavano alla storia moderna e contemporanea, con l’obiettivo di promuovere anche le ricerche di giovani autori. E in quella stagione gradualmente si legò in amicizia ad alcune delle figure che avrebbero segnato la storiografia italiana, da Cantimori a Chabod, da Saitta a De Felice.

Fu vicino, anche non condividendone le idee, ad alcuni dei giovani intellettuali che formarono nel 1944 il partito della Sinistra cristiana, e per loro rappresentò sempre un punto di riferimento sacerdotale, pure a seguito della condanna che li colpì. Ed ebbe rapporti con esponenti del mondo politico che avevano costruito la Repubblica (da Togliatti a De Gasperi, da Segni a Colombo) chiedendo loro sostegno per realizzare le sue opere editoriali.

Ma la stagione più densa fu quella vicino a Giovanni XXIII, che con la ricerca storica aveva grande dimestichezza. Roncalli già da Patriarca di Venezia lo aveva coinvolto sul tema della storia della pietà veneta. Da Papa lo nominò prima consultore, e poi membro della Pontificia Commissione preparatoria degli studi e dei seminari. Il “Papa buono” era convinto che la cultura storica dovesse essere bagaglio indispensabile per il buon sacerdote e per il cristiano.

Quando ormai, vicino alla fine, fu ricoverato al Fatebenefratelli sull’Isola Tiberina, don De Luca ricevette la visita del Papa che gli regalò un’ultima grande gioia. Don Giuseppe si spense in quell’ospedale il 19 marzo 1962

 Augusto D'Angelo

GESU',

SANTIFICA I TUOI SACERDOTI.

Grande festa per le nostre comunità dell'India: l'otto gennaio 2022 Akhil B T, nostro ex alunno e "Piccolo Amico di Gesù", è stato ordinato Sacerdote dal Reverendo Vincent Samuel, Vescovo della Diocesi di Neyyatinkara.

Ha celebrato la sua prima Messa nella parrocchia di Fathima Mata Church e poi nella cappella della nostra casa di Thevanpara.

Ringraziamo Dio per averlo chiamato al Sacerdozio e chiediamoGli di custodirlo da ogni male e di donargli la santa perseveranza.

‎Meditazioni

sul sacerdozio

di autori vari

Io sono il Sommo Sacerdote e tu sei sacerdote solo per partecipazione e per prolungamento del mio sacerdozio.

Incarnandomi nel seno di mia Madre, la mia Persona divina ha assunto la natura umana ed ho così ricapitolato in me tutti i bisogni spirituali dell'umanità.

In tal modo tutti gli uomini possono e debbono essere inseriti in questo movimento di sacralizzazione; ma il sacerdote è lo specialista, il professionista del sacro.

Anche quando lavora, sia pure manualmente, nulla è profano in lui. Ma se lavora con lucida coscienza della sua appartenenza a me, se almeno virtualmente egli lavora per me e in unione con me, allora io sono in lui, lavoro con lui alla gloria del Padre mio, al servizio dei suoi fratelli.

Egli diventa il mio posseduto, il mio alter ego e in lui io stesso attiro verso il Padre mio gli uomini che egli avvicina.

E se il Signore

chiedesse anche a te?

 Se il Signore chiedesse anche a te, Sacerdote,: "E tu chi dici che io sia?" rispondi con l'impeto dell'amore: - Tu sei la Verità, la Sapienza, l'Amore per essenza... - Tu sei l'Eterno, l'Infinito, l'Onnipotente Padre, Figliuolo e Spirito Santo...

- Cosa dice di te il mio intelletto? Ti credo !

- Cosa dice di te la mia volontà? Ti obbedisco!

- Cosa dice di te il mio cuore? Ti amo!

- E nelle oscurità della vita, cosa dico? Ti adoro!

- E nei dolori, cosa dico? Ti ringrazio e ti amo!

- E nelle tenebre, e nelle angustie, cosa dico? Confido in te, mio Dio!

Don Dolindo Ruotolo

PICCOLA FESTA IN ONORE DI DON VINCENT SABU, PER IL CONSEGUIMENTO DEL DOTTORATO IN DIRITTO CANONICO, PRESSO LA PONTIFICIA UNIVERSITA' DELLA SANTA CROCE.

Don Luigi Castano :

Sacerdote santo

Era nato a Somma Lombardo (Varese) il 18 maggio 1909, da umile famiglia. Ancora ragazzo, rimane orfano dei genitori. È buono e pio e il suo parroco lo indirizza all’Oratorio salesiano di Valdocco (Torino) per i suoi studi e la formazione.

Luigi vi entra il 17 settembre 1920: "Dire che mi trovai bene, a mio agio, è semplice verità. Maria Ausiliatrice mi vide ai suoi piedi e io respirai il fascino della pietà che subito mi portò alla Comunione quotidiana e alle visite frequenti in Basilica. Ricordo l’esile figura di don Albera e quella più robusta di don Rinaldi. Tutto mi faceva capire di trovarmi in una grande famiglia, anche se ero un povero e sconosciuto ragazzo.

Maturava in me il proposito di restarvi per tutta la vita". Ascoltando le avventure dei missionari salesiani, Luigi sente una spinta soave: "Sarò salesiano e missionario. Essere tutto di Dio e stare con don Bosco, guardando lontano, fu tutto per me". Decide: "Troncai il ginnasio a metà e, benedicendo don Rinaldi, con don Pedemonte, a 13 anni, partii per la Patagonia". Nel dicembre 1924, è novizio a Fortin Mercedes (Patagonia) e vi fa la prima professione nel 1925. Negli studi, si distingue per intelligenza e profitto. Intanto acquista, sul posto, le conoscenze che più tardi gli sarebbero servite per redigere importanti studi agiografici su due adolescenti delle Missioni salesiane, il Ven. Zefirino Namuncurà e la beata Laura Vicuna.

Per le sue doti eccellenti, viene mandato a frequentare Teologia in Italia, accolto in festa a Roma da don Giuseppe Cognata, direttore dell’Istituto S. Cuore. Da allora, avrà sempre per don Cognata, diventato in seguito Vescovo a Bova, un legame di venerazione assai stretto. Il 9 luglio 1933, è ordinato sacerdote nella Basilica dell’Ausiliatrice a Torino, dal Card. Maurilio Fossati. Nell’immagine-ricordo scrive il detto di S. Paolo: "Chi mi separerà dall’amore di Cristo?", e prega: "Signore, fa di me uno strumento della tua pace e del tuo amore".

Si laurea in Storia ecclesiastica alla Pontificia Università Gregoriana, con una tesi sul Card. Nicolò Sfrondati, nativo di Somma Lombardo, Vescovo al Concilio di Trento e futuro Papa Gregorio XIV. Appena trentenne e già ricco di preparazione teologica, storica e spirituale, don Luigi Castano, risiedendo a Roma per circa un quarantennio, riceve prestigiosi incarichi.

Consultore per più di 30 anni della Congregazione delle Cause dei Santi, lavora con impegno ad avviare la trattazione delle "Cause" su di un piano storico oltre che giuridico, discutendo decine e decine delle medesime, tra cui quelle di Pio X e di Pio IX. Compie viaggi nel vicino Oriente, in Spagna e in Colombia per alcune "Cause" di Servi di Dio, favorito dalla perfetta conoscenza dello spagnolo e del francese.

Dal 1955, per 18 anni, è Procuratore generale della Congregazione presso la S. Sede, senza mai perdere di vista i suoi santi e beati, scrivendo numerosi libri, soprattutto: "S. Ambrogio", "Le Crociate", "Santità di don Bosco", "Il Calvario di un Vescovo, Mons. Cognata", "S. Domenico Savio", "Un grande cuore, don Luigi Variara", e ancora "Tredicenne sugli altari, Laura Vicuna". Sono soltanto alcuni titoli.

Nel frattempo, tiene regolari corsi di religione presso le scuole e un’intensa opera di direzione spirituale, da cui usciranno ottimi cristiani e numerose vocazioni alla vita religiosa. Gode della stima di illustri Prelati e degli stessi Pontefici, da Pio XII a Paolo VI. I suoi prediletti sono i poveri ai quali non fa mai mancare la sua carità. Tra le sue più grandi gioie, le canonizzazioni di S. Pio X e di S. Domenico Savio, nella primavera del 1954, e in seguito le beatificazioni di don Rua e di don Rinaldi, successori di S. Giovanni Bosco, quindi di Laura Vicuna, di Pio IX, di don Variara e di don Czartoryski.

Nel XVII capitolo generale dei Salesiani (1958), cui prende parte come Procuratore generale, compone la preghiera ufficiale a S. Domenico Savio, introducendo la dicitura "santità giovanile", molto discussa e infine approvata. Sarà come il suo fiore all’occhiello e sull’argomento scriverà nel 1989, uno dei suoi capolavori, appunto dal titolo "Santità giovanile. Criteri-Magistero-Modelli" (LDC, Torino, 1989) in cui indica da vero maestro come un ragazzo può farsi davvero santo e essere dichiarato santo dalla Chiesa. Proprio per questa sua altissima competenza, nel 1995, sarà richiesto dalla Curia metropolitana di Torino, del suo parere per avviare la Causa del giovanissimo Servo di Dio Silvio Dissegna (1967-1979) di soli 12 anni. Riceve singolari consensi per la sua opera, da autorevoli e esemplari Personalità della Chiesa, tra cui P. Pio da Pietrelcina (oggi santo) che nel 1960, gli scrive: "Stia sereno! Le croci le dobbiamo avere tutti e sono tanti regali che ci vengono dati dalla bontà di Dio per essere simili al Figlio suo. Un fiume di benedizioni per lei e per chi le sta a cuore".

Nel 1972, è destinato cappellano delle Figlie di Maria Ausiliatrice nella Casa ispettoriale di Varese. Un passaggio molto duro, dall’Urbe a una città di provincia, ma don Castano esprime il vertice della sua paternità nella guida delle anime, specialmente dei consacrati, e ancora nella redazione di biografie dei Servi di Dio, Salesiani e altri. La sua corrispondenza si fa singolarmente fitta. La sua porta è sempre aperta per accogliere chiunque. È consultato dai Vescovi e dalle Congregazioni romane. Predica ritiri e esercizi spirituali, in primo luogo a sacerdoti e religiose. Ormai carico di anni e di meriti (e di acciacchi alla sua salute), nel 1997 è ospitato nella casa salesiana di Arese, dove offre la sua vecchiaia e la sua vita a Dio, continuando a lavorare, per quanto può, con una lucidità eccezionale, edificando tutti per il suo abbandono in Dio e la sua serenità.

Nel 2003, celebra nella gioia i 70 anni di sacerdozio. Nel Giubileo del 2000, aveva ancora pubblicato un aureo volumetto "Portare la Croce con Cristo" (LDC, Torino), in cui, mentre oggi si fugge l’immagine del Crocifisso, egli chiama ad avvicinarsi a Gesù unico Salvatore del mondo, proprio mediante il suo Sacrificio redentore.

Proprio qui sta il cuore di don Luigi Castano. La sua attività di storico e di agiografo, la sua conoscenza delle vite dei santi, lo hanno portato, dall’inizio al termine della sua lunga vita, proprio a Gesù. Rivedendo la sua esistenza, poteva scrivere: "L’inizio del mio cammino non è stato facile: ostacoli da molte parti. Maria Ausiliatrice mi aveva preso fortemente per mano e non mi abbandonò mai. La bontà misericordiosa del Padre e la constante premurosa assistenza di Maria, nelle ore e nei passaggi oscuri e difficili, spianarono sempre la via, finché il cammino si fece più soave e percorribile a lunga distanza". Ha l’impressione che la sua vita si sia svolta nel sempre più chiaro compimento della volontà di Dio, ricercato e amato in abbandono fiducioso alla sua volontà. In lui, si sentiva così la sapienza del maestro e la tenerezza del padre, ma soprattutto l’uomo di Dio. La sua guida delicata e esigente, soave e vigorosa, richiamava in maniera singolare S. Francesco di Sales e S. Giovanni Bosco. Anche la sua predicazione era quella dell’uomo di Dio, preoccupato della salvezza delle anime. Tutto in lui, proveniva dall’altare, così che può affermare con piena sincerità: "L’altare è stato il centro vitale per i miei lunghi decenni di sacerdozio.

All’altare - con Gesù - le intimità più dolci della vita. È l’altare che fa il prete e gli dà il volto che deve avere tra i fratelli". "Puntualità al servizio, gravità e compostezza liturgica, sollecitudine senza fretta, devozione semplice disinvolta, contegno dignitoso e opportunità di parola, a edificazione del popolo cristiano". Il suo ideale è l’oblazione con Cristo: "Mai solo offerente, ma anche offerta, muta ma reale, nascosta ma efficace per la santificazione di ogni giorno. Nel trionfo, quieto e elevante, dell’amore di carità". Così con piena verità, può pregare: "Mi sono sempre piegato al tuo volere, anche quando ho dovuto scegliere. Il tuo amore, Signore, mi ha guidato e sorretto. E mi è bastato anche quando la sofferenza fu grande, pungente e prolungata. Tu amavi in me, o Gesù, e davi forza alla mia debolezza".

Ed ecco il più intimo del suo cuore, come scrive alle anime che dirige, in primo luogo ai consacrati: "Programmi? Uno solo: seguire Gesù con fedeltà, con serenità, con sicurezza e pace. La sua grazia farà il resto e sarà - lo vedrai - meraviglioso. Purché il tuo occhio non si stacchi mai da Lui e dalla sua croce". Tutto deve diventare configurazione a Gesù Cristo: "Bisogna che dell’amore di Cristo tu faccia il perno insostituibile della tua vocazione e consacrazione". "Maria, non lo scordare, è parte della nostra vita spirituale, e tutto per la vita salesiana". Infine, in una mirabile sintesi: "Gesù non dev’essere solo l’amore della tua vita, ma il segreto e il modello di ogni tua virtù cristiana e tanto più religiosa. Non si è perfetti a modo nostro: lo si è sempre e solo sullo stampo di Gesù. È Lui il punto di riferimento, il polo di attrazione, la luce che illumina, la stessa vita della nostra vita".

Chi gli è stato vicino, oggi afferma: "Il passare del tempo maturava sempre più nel suo cuore sacerdotale l’offerta della sua vita come olocausto. Il dolore e la sofferenza hanno affinato il suo spirito, rendendo gradita a Dio la sua offerta. Mentre il male fisico lo purificava, l’uniformità al volere del Signore dava luce alla sua anima, ormai pronta per il Cielo". Fino all’ultimo, la S. Messa, l’Ufficio divino e il Rosario intero ogni giorno. Accoglie l’offerta suprema in semplicità e letizia, come i santi, ripetendo: "È dono di Dio. Soffrire, tacere e offrire". Quindi l’incontro definitivo con Dio: "Gesù! Il grande giorno da anni preparato. Grazie, grazie, grazie! Gloria eterna alla SS.ma Trinità, a Maria, a S. Giuseppe, a don Bosco e a tutto il Paradiso! Amen. Gesù: amore mio! Gesù, Vita mia!

Meditazioni sul sacerdozio

di autori vari

Gesù al Sacerdote

Chiedimi di suscitare nel mondo delle anime contemplative che, dotate di spirito universale, assumano la parte di preghiera e di espiazione di molti, attualmente chiusi ai richiami della mia grazia. Ricordati: Teresa d'Avila ha contribuito alla salvezza di tante anime quanto Francesco Saverio con le sue corse apostoliche; Teresa di Lisieux ha meritato di essere chiamata Patrona delle Missioni. A salvare il mondo non sono quelli che si agitano, né quelli che architettano teorie; sono quelli che, vivendo intensamente del mio Amore, lo propagano misteriosamente sulla terra.

DOMENICA

DEL BATTESIMO DI GESU'

O Padre, che nel battesimo del Giordano

con l’autorità della tua voce

e la discesa dello Spirito

ci hai presentato solennemente

il Signore Gesù come l’Unigenito che tu ami,

dona a chi, rigenerato dall’acqua e dallo Spirito,

è diventato tuo figlio

di vivere senza smarrimenti

secondo il tuo disegno di amore.

Amen.

vita per Vita

Berthe Petit era nata in Belgio nel 1870, al tempo della guerra tra Francia e Prussia e dello scatenamento delle forze massoniche in Europa. Ella intuiva e sapeva, fin dai primi anni della sua vita, che ad essere attaccato prima di tutto era il Sacerdozio cattolico che le “sette” miravano a corrompere a ogni costo.

Fin da quando aveva 15 anni, e già andava a Messa e alla Comunione tutti i giorni, ella pregava a ogni Messa per il celebrante: «Mio Gesù, fa’ che il tuo sacerdote non ti rechi mai dispiacere». Nel 1887, appena 17enne, i suoi genitori benestanti persero tutto il loro patrimonio, proprio quando ella aveva deciso di entrare in monastero, per essere tutta di Gesù e offrirsi a Dio per la santificazione dei sacerdoti.

L’8 dicembre 1888, solennità dell’Immacolata, il suo direttore spirituale le disse che la sua vocazione non era di farsi monaca, ma di restare a casa e occuparsi dei suoi genitori molto poveri e afflitti. A malincuore, tuttavia certa di compiere la Volontà di Dio, Berta accettò, ma chiese alla Madonna di chiamare al suo posto un sacerdote zelante e santo.

Il direttore spirituale, al quale aveva confidato la sua richiesta, la rassicurò: «Lei sarà esaudita. La Madonna le darà questo sacerdote».

Il 25 dicembre 1888, solennità di Natale, sedici giorni dopo la richiesta di Berta, senza che ella lo potesse sapere, un giovane brillante avvocato di 22 anni, il dottor Louis Decorsant, pregava davanti all’immagine della Madonna e le chiedeva luce per il suo futuro.

All’improvviso, Louis ebbe la certezza mai avuta prima che la via da seguire nella vita non era quella di esercitare la professione di notaio cui aspirava, né di sposare la ragazza che già amava. Una Voce interiore gli diceva in modo chiaro, insistente, perentorio: «Tu sarai sacerdote, e lo sarai presto!».

Con l’anima inondata di luce, ma sconvolta da questa inattesa illuminazione, Louis non indugiò neppure un attimo. Lasciò tutto, entrò in Seminario a Roma, conseguì il dottorato in Teologia, e nel giugno 1893 fu ordinato sacerdote. Berta Petit aveva 22 anni e che cosa c’entrava lei? Sì, lei c’entrava, anche se per il momento non ne sapeva nulla. Solo continuava a offrire se stessa e a pregare.

Il 25 dicembre 1893, di nuovo Natale del Signore, Don Louis Decorsant celebrava la Messa solenne di mezzanotte in un’altra chiesa della capitale francese. Ricevuta la Comunione, ella promise solennemente: «Gesù, voglio essere un olocausto per i tuoi sacerdoti, per tutti i sacerdoti, ma in special modo per il sacerdote che ti ho chiesto, quando ho capito che non potevo entrare in monastero».

Al termine della Messa, fu esposto solennemente Gesù Eucaristico e molti si fermarono ad adorarlo. All’improvviso Berta vide una grande Croce e sopra Gesù inchiodato e ai suoi piedi la Madonna e l’Apostolo San Giovanni, il prediletto. Berta sentì le parole della Madonna: «Il tuo sacrificio è stato accettato, la tua supplica è stata esaudita. Ecco il tuo sacerdote... Un giorno lo conoscerai».

In quel momento, il volto dell’apostolo Giovanni si trasformò nel volto di un sacerdote a lei sconosciuto: era appunto Don Louis Decorsant. Ma lo avrebbe incontrato solo 15 anni dopo, nel 1908, e di lui avrebbe così riconosciuto il volto. Passeranno gli anni, carichi di preghiera e di sacrificio per Berta; ferventi di apostolato per Don Decorsant.

Nel 1908, ella andò in pellegrinaggio a Lourdes, dove era solita recarsi spesso. Quella volta la Madonna le confermò: «Tra pochi giorni, vedrai il sacerdote che hai chiesto 20 anni fa. Accadrà tra poco». Qualche tempo dopo, ella si trovava in treno alla stazione di Austerlitz presso Parigi, quando un sacerdote di mezza età salì nello scompartimento alla ricerca di un posto per un’ammalata.

Berta si rese conto che quello era il prete che ella aveva visto ai piedi della Croce, quando Giovanni, l’apostolo prediletto di Gesù, aveva preso proprio i suoi lineamenti. Seguì lo scambio di qualche parola tra Berta e Don Louis e nulla d’altro: ognuno si tenne per sé le Voci interiori che pure venivano loro dall’Alto.

Un mese dopo, Don Decorsant, andato a Lourdes per affidare alla Madonna ancora una volta la sua vocazione-missione sacerdotale, rivide Berta e la invitò alla sua Messa. Berta ci andò; all’elevazione dell’Ostia santa, Gesù le disse: «Non temere più. Questo è il sacerdote per il quale io ho accettato il tuo sacrificio».

Alla fine della Santa Messa, saputo che Don Decorsant alloggiava nella stessa pensione per il pellegrinaggio a Lourdes, Berta gli rivelò la sua vita spirituale, dal giorno della sua offerta a Dio fino a quei giorni, in cui molto le era stato aperto. Don Decorsant comprese che aveva ricevuto grazie su grazie da Dio per la preghiera e la silenziosa immolazione a Dio da parte di quell’anima che non aveva mai conosciuto e che ora Dio stesso le affidava.

L’obbedienza ai suoi superiori lo portò inaspettatamente in Belgio dove diventò la guida spirituale di tante anime belle – anche di Berta Petit – e il sostegno infaticabile per la realizzazione della sua missione rivolta alla santificazione dei sacerdoti.

Fino a quando Berta morì nel 1940, anche e soprattutto nelle ore del dolore, immancabili a chi si offre vittima con Gesù crocifisso per una grande singolare missione, Don Louis Decorsant la condusse alla vetta dell’olocausto e della santità.

Solo Dio sa quante anime – quanti sacerdoti – Berta Petit abbia salvato e condotto soltanto con l’offerta di se stessa, che però è tutto, all’intimità con Dio. Pagine che solo Dio conosce ma che testimoniano la solidarietà, la socialità, anzi la carità più alta, la carità più sublime di chi si offre anche nel silenzio e nel nascondimento, spesso nel dolore, per la più alta missione.

di Paolo Risso

Il bambino

e

l'amore vero

 A volte non importa saper correre ma capire...  Un ragazzino vide scritto alla porta d’un negozio: "si vendono cuccioli". Si presentò chiedendo: "quanto costano i cagnolini?" Il padrone rispose: "tra 30 e 50 euro”. Il bambino mise la mano in tasca e ne estrasse alcune monete: "ho solo 2,37 euro … Posso vederli?".

Ad un fischio, dal retrobottega entrò correndo il suo cane seguito da cinque cuccioli. Uno di questi però era rimasto molto indietro rispetto agli altri. "Cosa gli è successo?" – chiese il bambino. L’uomo gli spiegò: “è rimasto zoppo per sempre perché è nato con un’anca difettosa. Il bambino si commosse a quelle parole ed esclamò: "questo è il cagnolino che voglio comprare!". E l’uomo gli rispose: "no, non dovrai comprarlo! Se lo vuoi veramente te lo regalerò!".

Il bambino rimase attonito e guardando l’uomo diritto negli occhi, gli disse: "non voglio che lei me lo regali: vale tanto quanto gli altri cagnolini e io le pagherò il prezzo intero." L’uomo rispose: "Ma non sarà mai in grado di correre come gli altri cagnolini!".

Allora il bambino mostrò all’uomo la sua gamba sinistra, malformata ed imprigionata in un pesante apparecchio metallico e gli disse: "questo non importa, anch’io non posso correre e il cagnolino avrà bisogno di qualcuno che lo capisca!".

Gli occhi del negoziante si riempirono di lacrime… e, sorridendo, disse: "ragazzo, mi auguro e spero davvero che ciascuno di questi cuccioli trovi un padrone come te."

Padre Andrea Panont O.C.D.

e vocazioni

Adorazione Eucaristica

sacerdotali e religiose

Dalla famiglia dei Rolls – quella che in seguito fonderà la famosa industria automobilistica delle auto Rolls-Royce, di religione protestante, all’inizio del secolo XIX, nacque Eliza. La piccola, vivace, intelligentissima e brillante, venne mandata in Francia per la sua istruzione. Lì scoprì la Chiesa Cattolica, luminosa della pienezza della verità e della carità verso i poveri e gli infelici, soprattutto forte nella sua santa Tradizione che risale al suo divino Maestro e Fondatore Gesù Cristo.

Eliza ne rimase profondamente segnata dentro, così da avvicinarsi sempre di più al Cattolicesimo apostolico e romano.

Nell’estate del 1830 sposò il Colonnello John Vaughan, entrando a far parte di un’illustre famiglia cattolica: i Vaughan, anche durante la persecuzione degli anglicani contro i Cattolici inglesi, scatenata dal Re Enrico VIII, adultero e omicida, poi su ampia scala, dalla sua erede al trono Elisabetta I (1558-1603), erano rimasti fedeli a Gesù e al suo Vicario, il Papa di Roma, accettando il carcere e la confisca dei beni, piuttosto che rinunciare alla loro Fede.

Al tempo della persecuzione, Courtfield, la residenza originaria dei Vaughan, era diventata un centro di rifugio ai perseguitati, un luogo dove veniva celebrata in segreto la Messa cattolica, che l’Arcivescovo apostata Cranmer (1489-1556) aveva cercato di distruggere. Da allora, Courtfield significò protezione per i Cattolici dal terrore diffuso da Elisabetta I contro di loro.

Eliza seppe che, sposandosi con il Colonnello Vaughan, era entrata in una famiglia i cui antenati avevano sofferto e patito per Gesù e per la sua unica vera Chiesa Cattolica. E che i carnefici erano stati quei protestanti, dai quali ella discendeva. Già inclinava al Cattolicesimo, ma ora, sposa di un illustre Cattolico, Eliza con convinzione e fierezza, si fece Cattolica, provandone un’immensa gioia.

Eliza diventò un’ardente innamorata di Gesù, insieme al marito che già lo era. Al marito fece presto una proposta: «Noi doneremo i nostri figli a Gesù». E la proposta fu accettata. E Dio la gradì al massimo.

Da quel giorno, Eliza, donna brillante e di elevate virtù umane e soprannaturali, pur tra i suoi doveri di sposa e di madre e nella società, pregava ogni sera almeno un’ora davanti a Gesù Eucaristico, nella loro cappella di Courtfield, chiedendo a Dio una famiglia numerosa e molte vocazioni sacerdotali e religiose tra i suoi figli. Quasi sempre il marito, pur nel suo alto rango di Ufficiale, si univa alla preghiera della sposa. La loro preghiera fu esaudita. Negli anni felici del loro Matrimonio, ebbero 14 figli, dei quali 13 vissero a lungo con opere singolari.

Nel clima privilegiato dalla loro famiglia, tutti i figli ebbero un’infanzia felice. La loro santa mamma provvedeva a donare loro Gesù con il suo stile e la sua parola luminosa, ma univa l’intimità con Gesù insieme con la gioia, il divertimento bello e arricchente di valori alla luce del Vangelo. Ella era il principio di tutto. Per le sue scelte sagge e avvedute, i figli crebbero con la Messa quotidiana, la Confessione e la Comunione frequenti e regolari, insieme alla musica, allo sport, al teatro, all’equitazione e ai giochi più belli e appassionanti. I ragazzi ascoltavano attentissimi quando la loro mamma raccontava le vite dei Santi, che diventavano i loro modelli e i loro amici.

Insomma, a casa Vaughan, tra vita spirituale intensa e giovinezza, vi era armonia. Uscivano con lei quando li portava a interessanti escursioni, ma anche a visitare poveri e sofferenti, per i quali impararono a rinunciare ai loro risparmi e ai giocattoli.

Nel 1847, Eliza ebbe una gioia senza limiti. Il figlio maggiore Herbert, 16 anni, disse ai genitori che voleva diventare Prete. La mamma, che di continuo aveva pregato per ottenere da Dio quella vocazione, gli rispose: «Figlio mio, lo sapevo da tempo». Papà Vaughan ebbe necessità di un po’ di tempo per accogliere la decisione del figlio primogenito per il quale aveva pensato una brillante carriera militare. Ma poi anche lui che pure pregava per le vocazioni, si persuase: «Se Dio vuole Herbert per sé, può avere anche tutti gli altri figli». E Gesù, da quell’anno, cominciò a passare per quella famiglia a chiamare, chiamare senza tregua.

Nell’estate 1853, nacque il 14° figlio, ma poco dopo, la mamma morì lasciando a Gesù, alla Chiesa e all’Inghilterra una preziosissima eredità. Due mesi dopo la sua morte, il Colonnello Vaughan in una sua lettera scrisse: «Oggi, durante l’adorazione a Gesù Eucaristico, ho ringraziato il Signore per avermi dato la mia amata moglie, Gli ho aperto il cuore con gratitudine per avermela donata come modello e guida; a lei sono legato per sempre con un vincolo spirituale inseparabile. Quale consolazione e quale grazia mi trasmette! Ancora la vedo, come l’ho sempre vista davanti al Santissimo Sacramento con quella sua pura e umana gentilezza che le illuminava il volto sempre, ma soprattutto durante la preghiera».

Con l’ingresso di Herbert in Seminario, in casa Vaughan cominciava una vera epopea di vocazioni e di consacrati al Signore. In principio di quella storia meravigliosa, c’era stata soprattutto mamma Eliza che fin dall’inizio della sua vita familiare aveva chiesto di donare tutti i figli a Dio.

Compiuti gli studi, Herbert, a 22 anni, fu ordinato Sacerdote a Roma e, alcuni anni dopo diventò Vescovo di Salford in Inghilterra e Padre Fondatore dei Missionari di Millhill. Infine diventò Cardinale e terzo Arcivescovo cattolico di Westminster, dopo la restaurazione della Gerarchia cattolica in Inghilterra. Sul suo stemma, ispirato allo stile della sua santa mamma, aveva voluto scrivere: «Amare et servire», e il suo programma lo aveva espresso con le parole che soleva citare come un’antifona: «Gesù – il suo amore – dev’essere radice da cui spunta tutto il mio servizio».

Dopo di lui, Reginaldo Vaughan si sposò, come farà anche Francis, che erediterà la proprietà della famiglia e porterà avanti il loro casato. Ma Dio chiamò a servirlo nella Consacrazione totale a Lui altri nove figli dei Vaughan. Roger divenne Priore dei Benedettini e più tardi Arcivescovo di Sydney in Australia, dove farà costruire la Cattedrale. Keneln diventò Cistercense e più tardi passò al Clero diocesano. Giuseppe fu Benedettino e fondatore di un nuovo Monastero.

Il più vivace di tutti, Bernardo, che amava la danza e lo sport e ogni lecito divertimento, lasciò tutto e diventò Gesuita. Quando diede l’addio alla sua fidanzata ed essa le domandò: «Ma perché?», lui le rispose: «Perché è più bello consacrarsi a Cristo che sposare te!». John, il più giovane, l’ultimo nato, che non aveva conosciuto la mamma, ma ne aveva sperimentato l’intercessione in Cielo, fu ordinato Sacerdote dal fratello Mons. Herbert, già Vescovo, e più tardi gli succedette come Vescovo di Salford.

Delle cinque figlie della famiglia Vaughan quattro diventarono Religiose: Gladis alla Visitazione, Teresa fu Suora della Misericordia; Clara si fece Clarissa e Mary agostiniana. Margherita, la quinta figlia dei Vaughan, avrebbe voluto diventare Suora, ma non fu accettata per la sua fragile salute; visse però in casa come una consacrata e concluse la sua vita in Monastero.

Davvero Gesù era passato con tutto il suo fascino in casa Vaughan e aveva chiamato tutti, e tutti lo avevano seguito sino al culmine, fino a lasciarsi “cristificare” da Lui.

Tutto era cominciato dalla loro mamma, Eliza Rolls-Vaughan, la quale, convinta della potenza della preghiera, ogni giorno faceva Adorazione Eucaristica nella Cappella di casa pregando per le vocazioni nella sua famiglia e nella Chiesa. Diventò così madre di sei Sacerdoti e quattro Religiose; davvero abbondantemente esaudita. Alla sua morte ancora in giovane età, era stata sepolta nella Cappella di Courtfield da lei tanto amata, nella Diocesi inglese di Cardiff. Prendendo spunto dalla esemplare vita di Eliza, la cappella della casa, a cento anni dalla sua morte, venne consacrata come Santuario di Nostra Signora delle Vocazioni, titolo confermato nel 2000.

Sì, «in principio – al principio di tutto – c’era il Verbo», comincia san Giovanni nel suo Vangelo (1,1), ma all’inizio di ogni vita che nasce, della fede che sboccia e matura, e spesso di mirabili vocazioni sacerdotali e religiose, c’è la mamma.

Autore: Paolo Risso

Da un niente,

in mani esperte,

nasce la meraviglia

Finita la cena in casa di Tilde, prima dei saluti, la zia lancia a tutti l’invito a non uscire prima di aver assaggiato un “canarino”. Bisognava fermarci ancora perché il suo invito era perentorio come un comando. Il “canarino” lei ce lo voleva offrire come una sua specialità. Ci ha trattenuti la curiosità.

Ancora due chiacchiere per vederci servire su tazze appropriate ed eleganti una bevanda ancora fumante e dal colore del canarino, appunto: “Bevè che la ve fa ben!”.

Non mancarono complimenti prima e dopo l’assaggio. Ma, a scatenare il suo orgoglio di casalinga pura, è stata la mia domanda: “Ma cos’è e come si prepara il canarino?” Fu come l’avessi invitata a nozze.

Ha sfoderato una risposta da esperta in materia che non ammette rivali; fa l’elenco di tutte le proprietà terapeutiche della bevanda e termina esemplificando con un limone in mano.

E qui, la mia meraviglia arriva alle stelle: “Non ci si serve del limone o della scorza che si butta via, ma soltanto della sottile pellicina che riveste di giallo l’esterno della buccia”. Da un niente, in mani esperte, nasce la meraviglia: il prezioso medicinale, il “canarino”.

Non meravigliarti se ti buttano via, limone spremuto, scorza o pellicina esterna che tu sia: lasciati raccogliere e curare dalle mani dell’Esperto. Sarai spettatore di meraviglie, come dal niente di Maria, affidata all’Esperto, sono scaturite “grandi cose” per noi.

Padre Andrea Panont O.C.D

MEDITAZIONI

SUL SACERDOZIO

DI AUTORI VARI

Gesù al Sacerdote: "Non dimenticarlo. La redenzione è anzitutto un'opera d'amore prima che un'opera di organizzazione. Ah! se tutti i tuoi fratelli sacerdoti si decidessero a credere che li amo; che senza di me non possono fare niente, eppure che ho bisogno di essi per potermi manifestare nella misura che il mio cuore desidera!

Io sono in ciascuna di quelle vergini consacrate che hanno offerto la loro giovinezza e la loro vita al servizio delle Missioni, al servizio della mia Chiesa. Sono presente: carità dei loro cuori, energia delle loro volontà, testimone dei loro sforzi, dei loro sacrifici, e passo attraverso di esse per raggiungere le anime.

Offrimi queste ostie viventi nelle quali mi nascondo, nelle quali lavoro, prego, desidero.

Pensa alle migliaia di donne che si sono consacrate a me e che hanno ricevuto la missione insostituibile di continuare l'azione di mia Madre nella Chiesa, a condizione di lasciarsi invadere da me nella contemplazione.

Ciò che manca attualmente alla mia Chiesa non sono le dedizioni, le iniziative, le attività, ma la dose proporzionata di autentica vita contemplativa.

L'ideale è che vi sia, in un'anima consacrata, molta scienza insieme a molto amore e a molta umiltà. Ma vale di più un po' meno scienza con molto amore e umiltà, che non molta scienza con un po' meno amore e umiltà.

O ammirabile Nome di Dio!

Preghiamo

Dio onnipotente ed eterno che ci hai voluto salvare nel nome del tuo figlio Gesù, poiché in questo Nome è riposta la nostra salvezza, fa' che in ogni circostanza sia per noi segno di vittoria.

Per Gesù Cristo, nostro Signore.

Amen.

IL NOME DI GESÙ

E IL SACERDOTE

RIFLESSIONE DI GENNAIO 2022

 Il terzo giorno del mese di gennaio si festeggia il Santissimo Nome di Gesù.

Il Vangelo di san Matteo narra che l’angelo di Dio apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché ciò che in lei è stato concepito è opera dello Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt.1, 21-25). Quindi il significato del nome Gesù è quello di Salvatore.

Nella cultura del popolo ebraico il nome, oltre a indicare la persona, corrispondeva anche alla forza, alla potenza che il nome rappresentava e che in qualche modo includeva. Dove c’è il nome c’è la persona, con la sua forza, pronta a manifestarsi.

Nel corso della vita pubblica di Gesù, i suoi discepoli, appellandosi al suo nome, guariscono i malati, cacciano i demoni e compiono ogni sorta di prodigi. San Luca racconta: “E i settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome” (Luca, 10, 17); e san Matteo mette in bocca al Signore stesso queste parole: “Molti mi diranno in quel giorno: Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti prodigi nel tuo nome?”.

Negli atti degli Apostoli san Pietro, parlando al popolo dice: “In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (Atti 4, 12). E san Paolo nella Lettera ai Filippesi ricorda che Dio, risuscitando Gesù dai morti “gli ha donato il nome che è sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,10).

I cristiani sono coloro che riconoscono Gesù come Signore e si designano come coloro che invocano il suo nome, si riuniscono nel nome di Gesù, accolgono chiunque si presenti nel suo nome e rendono grazie a Dio Padre nel nome di Gesù.

Il SS.mo Nome di Gesù fu sempre onorato e venerato nella Chiesa fin dai primi tempi, ma solo nel XIV secolo cominciò ad avere culto liturgico. Grande predicatore e propagatore del culto al Nome di Gesù, fu il francescano san Bernardino da Siena, il quale con profondo intuito psicologico inventò e disegnò un simbolo dai colori vivaci, che chiamò “TRIGRAMMA” e che faceva porre in tutti i locali pubblici e privati dei luoghi dove si sarebbe recato a predicare. Questo simbolo consiste in un sole raggiante in campo azzurro, che reca le lettere IHS corrispondenti a “Iesus Hominum Salvator”, Gesù Salvatore degli uomini. Quando arrivava in una nuova città a predicare, il santo francescano portava con sé la tavoletta di legno su cui era disegnato il simbolo, la poggiava sull’altare, dove celebrava la Messa, durante la quale teneva una infocata omelia, e al termine benediceva i fedeli con questa tavoletta.

“Questa è la mia intenzione – egli diceva – di rinnovare e chiarificare il nome di Gesù, come fu nella primitiva Chiesa”, spiegando che, mentre la croce evocava la Passione di Cristo, il suo Nome rammentava ogni aspetto della sua vita, la povertà del presepio, la modesta bottega di falegname, la penitenza nel deserto, i miracoli della carità divina, la sofferenza sul Calvario, il trionfo della Resurrezione e dell’Ascensione. Questo modo di predicare e far amare il nome di Gesù ottenne numerose conversioni.

Nel Libro del profeta Isaia troviamo questa bellissima espressione: “Signore, noi speriamo in te; al tuo nome e al tuo ricordo si volge tutto il nostro desiderio” (Is 26,8).

Per un Sacerdote può esserci qualcosa di più caro, di più prezioso, di più potente del nome di Gesù, cui rivolgere il proprio ricordo e il proprio desiderio?

Signore, mandaci numerosi e santi Sacerdoti che come san Bernardino da Siena portino impresso nel proprio cuore il nome di Gesù e lo facciano conoscere e amare dai fedeli loro affidati.

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