PREGHIERA
PER CAPODANNO
O Maria, Regina della pace, rivolgi il tuo sguardo di bontà ai tormentati popoli della terra e ottieni da Dio il dono della pace per il nostro mondo, dove continuano ad esserci focolai di guerra. Si plachi il delirio dell’odio che funesta popoli e nazioni, e torni una nuova primavera di speranza e progresso per tutti.
Regina della pace, libera l’umanità del nostro tempo dalla paura e dalla minaccia della guerra e del terrorismo. Fa’ che ogni persona elevi un’ardente preghiera a Dio, che solo può convertire le menti a pensieri e progetti di pace.
Invoca per noi, o Sede della Sapienza, il dono dello Spirito Santo che entri nelle case e nei cuori dove amarezza, odio e rancore dividono le famiglie e i popoli, perché ritrovino amore e fiducia e si aprano ancora alla speranza.
Ti imploriamo: assistici nell’ora della prova, quando incombono il dolore e la paura non ci lasciare soli nell’oscurità, ma intercedi per noi la forza e il coraggio dell’amore e del perdono.
Donaci, o Regina della Pace, il tuo conforto e sostegno materno per incamminarci con Te, in questo nuovo anno, verso un futuro migliore
PENSIERO
DI FINE ANNO:
SEI IMPORTANTE
PER ME
Vado a trovare un ammalato ultranovantenne, Beppino. Lo trovo in pigiama, seduto sulla poltrona della sua camera da letto. Lo saluto e mi esprime, con un bel sorriso, tutta la sua riconoscenza.
Mentre parliamo noi due, la cognata ci tiene a confidarmi ad alta voce che Beppino quand'era più giovane, era un personaggio molto importante, con incarichi così delicati da riscuotere da tutti grande stima. Beppino è stato proprio un grande uomo.
A queste parole, Beppino subito ribadisce quasi lamentandosene con forte rammarico che ormai, da anni non è più capace di far niente e che più nessuna sua azione può più riscuotere stima da qualcuno.
Me lo diceva con una faccia piena di sconforto e di delusione.
Subito tenni a precisare che anche il bambino, almeno a parere di tanti adulti, non fa nessuna azione importante, nessun gesto degno di stima; anzi il suo comportamento è spesso negativo perché spacca, rompe, sporca, danneggia la casa e insudicia i vestiti e combina mille altri guai. Eppure, incapace di fare qualcosa di buono, e, vorrei dire, grazie a questa sua incapacità, ha una mamma che gli ripete in continuazione: “T u sei il mio tesoro”.
Questa mamma è Dio; per Lui ognuno di noi è importante non per quello che ha, né per quel che sa fare, ma per quello che è: figlio di Dio. Per me, per te, non c'è ambizione più grande, non c'è diritto più legittimo che si possa avere o motivo più glorioso di cui vantarsi sulla terra.
Ricordo il ritornello d'una vecchia canzone che diceva di una innamorata da cui si era allontanato il fidanzato: era andato lontano per diventare qualcuno; era andato a cercare motivo di maggior considerazione dagli amici e conoscenti; sperava tanto ma non gli riuscì.
Rimase talmente deluso che non aveva più il coraggio di tornare a casa,né pensava di aver ragioni sufficienti per presentarsi dignitosamente dalla fidanzata.
Con una lettera scrisse che non se la sentiva di tornare perché aveva tradito le aspettative di tutti e non voleva sottoporsi ad ulteriori umiliazioni nel dover raccontare il suo fallimento.
Ma da lontano l'innamorata gli fece arrivare questo messaggio: “Amore ritorna... non importa, non fa niente se non sei riuscito a diventare quello che sognavi... Non fa niente se non sei diventato importante di fronte ai tuoi amici; non importa se con tutto il tuo studio non sei riuscito a fare carriera; non importa se hai fallito su tutta la linea... Amore ritorna! Sappi che ciò che unicamente vale, è che sei importante per me; sei tutto per me”.
Dio, per me e per te, usa le stesse parole, e senza dubbio con maggiore verità e con tutta credibilità: “Sei importante per me”.
Preghiera di Affidamento alla S. Famiglia
GESÙ, MARIA E GIUSEPPE,
IN VOI CONTEMPLIAMO
LO SPLENDORE DEL VERO AMORE,
A VOI, FIDUCIOSI, CI AFFIDIAMO.
SANTA FAMIGLIA DI NAZARET,
RENDI ANCHE LE NOSTRE FAMIGLIE
LUOGHI DI COMUNIONE E CENACOLI DI PREGHIERA,
AUTENTICHE SCUOLE DI VANGELO
E PICCOLE CHIESE DOMESTICHE.
SANTA FAMIGLIA DI NAZARET,
MAI PIÙ CI SIANO NELLE FAMIGLIE
EPISODI DI VIOLENZA, DI CHIUSURA E DI DIVISIONE;
CHE CHIUNQUE SIA STATO FERITO O SCANDALIZZATO
VENGA PRONTAMENTE CONFORTATO E GUARITO.
SANTA FAMIGLIA DI NAZARET,
FA’ CHE TUTTI CI RENDIAMO CONSAPEVOLI
DEL CARATTERE SACRO E INVIOLABILE DELLA FAMIGLIA,
DELLA SUA BELLEZZA NEL PROGETTO DI DIO.
GESÙ, MARIA E GIUSEPPE,
ASCOLTATECI E ACCOGLIETE LA NOSTRA SUPPLICA.
AMEN.
ROSARIO EUCARISTICO
PER LA SANTIFICAZIONE
DI TUTTI I SACERDOTI
(OGGI IN MODO PARTICOLARE
PER PAPA BENEDETTO)
(Si recita con la classica corona del Rosario)
+ Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen.
Gloria al Padre
Credo
PRIMO MISTERO EUCARISTICO
Si contempla come Gesù Cristo abbia istituito il Santissimo Sacramento per ricordarci la sua passione e morte. Preghiamo per tutti i sacerdoti che, con la celebrazione della santa Messa, ci permettono di comunicare alla passione e alla morte del Signore.
Sui grani grandi: Padre nostro
Sui grani piccoli dell'ave Maria si recita per 10 volte:
Sia lodato e ringraziato ogni momento, Gesù nel Santissimo Sacramento.
Gloria al Padre
SECONDO MISTERO EUCARISTICO
Si contempla come Gesù Cristo abbia istituito il Santissimo Sacramento per rimanere con noi tutto il tempo della nostra vita. Preghiamo per tutti i Sacerdoti che adorano con devozione il Santissimo Sacramento e promuovono l’adorazione perpetua nelle loro parrocchie.
Sui grani grandi: Padre nostro
Sui grani piccoli dell'ave Maria si recita per 10 volte:
Sia lodato e ringraziato ogni momento, Gesù nel Santissimo Sacramento.
Gloria al Padre
TERZO MISTERO EUCARISTICO
Si contempla come Gesù Cristo abbia istituito il Santissimo Sacramento per perpetuare il suo Sacrificio sugli altari per noi, sino alla fine del mondo. Preghiamo per tutti i Sacerdoti perché la loro vita sia un sacrificio vivente, santo e gradito a Dio per la salvezza dei fratelli.
Sui grani grandi: Padre nostro
Sui grani piccoli dell'ave Maria si recita per 10 volte:Sia lodato e ringraziato ogni momento, Gesù nel Santissimo Sacramento.
Gloria al Padre
QUARTO MISTERO EUCARISTICO
Si contempla come Gesù Cristo abbia istituito il Santissimo Sacramento per farsi cibo e bevanda dell’anima nostra. Preghiamo per tutti i Sacerdoti perché non abbiano mai a mangiare indegnamente il Corpo del Signore e insegnino ai fedeli a ricevere l’Eucaristia soltanto se sono in grazia di Dio.
Sui grani grandi: Padre nostro
Sui grani piccoli dell'ave Maria si recita per 10 volte:Sia lodato e ringraziato ogni momento, Gesù nel Santissimo Sacramento.
Gloria al Padre
QUINTO MISTERO EUCARISTICO
Si contempla come Gesù Cristo abbia istituito il Santissimo Sacramento per visitarci nel momento della nostra morte e per portarci in Paradiso. Preghiamo per tutti i Sacerdoti che assistono i moribondi e li accompagnano incontro al Signore.
Sui grani grandi: Padre nostro
Sui grani piccoli dell'ave Maria si recita per 10 volte:Sia lodato e ringraziato ogni momento, Gesù nel Santissimo Sacramento.
Gloria al Padre
Salve Regina
Signore, pietà
Signore, pietà.
Cristo, pietà
Cristo pietà.
Signore, pietà
Signore, pietà.
Cristo, ascoltaci
Cristo, ascoltaci.
Cristo, esaudiscici
Cristo, esaudiscici.
Padre del cielo, che sei Dio
abbi pietà di noi.
Figlio, Redentore del mondo, che sei Dio
abbi pietà di noi.
Spirito Santo, che sei Dio
abbi pietà di noi.
Santa Trinità, unico Dio
abbi pietà di noi.
Santissima Eucaristia
noi ti adoriamo.
Dono ineffabile del Padre
noi ti adoriamo.
Segno dell'amore supremo del Figlio
noi ti adoriamo.
Prodigio di carità dello Spirito Santo
noi ti adoriamo.
Frutto benedetto della Vergine
noi ti adoriamo.
Sacramento del Corpo e del Sangue di Gesù
noi ti adoriamo.
Sacramento che perpetua il sacrificio della croce
noi ti adoriamo.
Sacramento della nuova ed eterna Alleanza
noi ti adoriamo.
Memoriale della morte e risurrezione del Signore
noi ti adoriamo.
Memoriale della nostra salvezza
noi ti adoriamo.
Sacrificio di lode e di ringraziamento
noi ti adoriamo.
Sacrificio d'espiazione e di conciliazione
noi ti adoriamo.
Dimora di Dio con gli uomini
noi ti adoriamo.
Banchetto di nozze dell'Agnello
noi ti adoriamo.
Pane vivo disceso dal cielo
noi ti adoriamo.
Manna piena di dolcezza
noi ti adoriamo.
Vero Agnello pasquale
noi ti adoriamo.
Viatico della Chiesa pellegrina nel mondo
noi ti adoriamo.
Rimedio della nostra quotidiana fatica
noi ti adoriamo.
Farmaco di immortalità
noi ti adoriamo.
Mistero della fede
noi ti adoriamo.
Sostegno della speranza
noi ti adoriamo.
Vincolo della carità Segno di unità e di pace
noi ti adoriamo.
Sorgente di gioia purissima
noi ti adoriamo.
Sacramento che germina i vergini
noi ti adoriamo.
Sacramento che dà forza e vigore
noi ti adoriamo.
Pregustazione del banchetto celeste
noi ti adoriamo.
Pegno della nostra risurrezione
noi ti adoriamo.
Pegno della gloria futura
noi ti adoriamo.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo
perdonaci Signore.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo
ascoltaci Signore.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo
abbi pietà di noi.
Hai dato loro il pane disceso dal cielo.
Che porta in sé ogni dolcezza.
PREGHIAMO
Signore Gesù Cristo, che nel mirabile Sacramento dell'Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della Tua Pasqua, fa' che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della Redenzione, Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
Amen.
SAN GIOVANNI APOSTOLO
ED EVANGELISTA MODELLO
PER I SACERDOTI
“Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo”. (1Giov 1,1-3)
Figlio di Zebedeo e Maria Salome e fratello di Giacomo il Minore, esercitava la professione dI pescatore nel lago di Tiberiade, quando Gesù lo chiamò all'apostolato.
Giovanni allora era nel fiore degli anni, purissimo, e per questa sua purità meritò singolari favori dal Signore; udita la voce di Dio, abbandonò le reti e assieme al fratello seguì Gesù.
I due fratelli ricevettero il nome di “figli del tuono” per la loro impetuosità.
Giovanni, assieme a Pietro e Giacomo, fu testimonio della trasfigurazione del Signore sul monte Tabor e, nell'ultima cena poté reclinare il capo sul petto adorabile del Salvatore.
Fu poi vicino a Gesù non solo nel tempo della letizia, ma anche in quello del dolore: nell'orto del Getsemani, e unico degli Apostoli, sul Calvario.
Ricevuto lo Spirito Santo nella Pentecoste, infiammato di ardente amore, annunziò il Vangelo ai Giudei, in compagnia del Principe degli Apostoli.
Fu messo in prigione, flagellato, ma tutto sopportò con allegrezza, contento di essere reputato degno di patire contumelie pel nome di Gesù Cristo.
Passò la maggior parte dei suoi anni in Efeso in compagnia della Madonna: quivi fondò una fiorente comunità religiosa e governò le Chiese circonvicine.
Chiamato dall'imperatore Domiziano, dovette recarsi a Roma, ove fu condannato alla immersione in una caldaia di olio bollente. Il Santo però non ne ricevette alcun danno, anzi usci dal supplizio più vegeto di quanto vi era entrato.
Allora gli fu commutata la pena di morte in quella dell'esilio nell'isola di Patmos, ove scrisse l'Apocalisse. Domiziano mori ed avendo Nerva, suo successore, annullato il di lui operato, Giovanni ritornò ad Efeso riprendendo il governo delle sue Chiese.
Sorsero in quel tempo eresiarchi che spargevano dottrine false contro i dogmi della fede e specie contro la divinità di Gesù Cristo.
Essendo l'unico Apostolo ancora vivente, fu pregato dai fedeli e dai vescovi di mettere per iscritto la dottrina che predicava: così scrisse il quarto Vangelo che suppone i primi tre e li completa. È il Vangelo della divinità di Cristo.
Lasciò pure in dono alla Chiesa tre lettere canoniche, nelle quali trasfuse tutto l'amore di cui ardeva la sua grande anima.
Già cadente per gli anni, nè potendosi più reggere, si faceva portare in chiesa per predicare, ma non ripeteva che queste parole: « Figliolini miei, amatevi l'un l'altro ». Stanchi di udire sempre lo stesso ritornello i fedeli gli fecero rimostranze; ma egli rispose: « È questo il gran precetto del Signore, fate questo e avrete fatto abbastanza ».
Raggiunse l'età di 100 anni e fu l'unico fra gli Apostoli che non suggellò col sangue il suo apostolato.
San Giovanni è sempre raffigurato insieme ad un’aquila perché lui, rispetto agli altri tre evangelisti, nel vangelo ha parlato con una visione più alta e ampia verso l’assoluto.
PREGHIERA
O Apostolo prediletto, il tuo esempio aiuti i Sacerdoti a comprendere che potranno annunciare Gesù ai loro fratelli soltanto quando, come te, lo avranno “udito, veduto con i propri occhi, contemplato e toccato”. Insegna ad essi ad amare Gesù, come lo hai amato tu, e ad amar Maria colla purità della vita, con filiale dolcezza e con l'affetto del cuore. Amen
SANTO STEFANO PRIMO MARTIRE
E
PADRE VAN DER LUGT
MARTIRE
DEI NOSTRI GIORNI
Padre Frans van der Lugt, 76 anni, da quasi 50 in Siria, è stato assassinato il 7 aprile 2014. Nato in una ricca famiglia di banchieri, da giovane esercitò la professione di psicoterapeuta prima di lasciare l'Olanda nella prima metà degli anni Sessanta, emigrando in Medio Oriente e unendosi ai Gesuiti. Nel 1966, dopo aver studiato l'arabo per due anni in Libano, si recò in Siria, dove sarebbe vissuto sino alla morte; a partire dal 1980 visse in una comunità agricola, dove si occupò dei "giovani con problemi di salute mentale".
Trascorse i suoi ultimi anni a Homs, dove lavorò nel monastero locale curando i malati e gli affamati. Viveva nella città vecchia di Homs, sconvolta dalla guerra e in mano ai ribelli. Nonostante i consigli dei superiori, non aveva mai voluto lasciare il suo popolo da solo. «Sono l’unico sacerdote rimasto. Qui c’erano decine di migliaia di cristiani, ora appena 66. Come potevo lasciarli soli? Il popolo siriano mi ha dato così tanto, tutto quello che aveva. E se ora la gente soffre, io voglio condividere il loro dolore e le loro difficoltà».
Era rispettato sia dai cristiani che dai musulmani, perché aiutava tutti. Quando la crisi è cominciata, «cinque famiglie musulmane si sono trasferite nel suo monastero e lui si è preso cura di loro», ricordano i suoi amici. «Diceva sempre: “Io non vedo cristiani o musulmani, ma esseri umani”». Ma ai terroristi islamici, padre Frans non andava a genio: «Diceva sempre che era padre sia dei cristiani sia dei musulmani. Molte volte i ribelli lo hanno condotto davanti alla corte della sharia per discutere delle sue credenze, ma lui si rifiutava. Diceva: “Non parlerò con voi di politica o religione. Siamo tutti esseri umani. Parlerò solo di umanità”».
Il 7 aprile, due uomini armati e mascherati sono entrati nel monastero dove viveva, dopo aver sopraffatto la resistenza del guardiano. Non hanno fatto fatica, perché il missionario diceva sempre: «Accolgo tutti. Chiunque entri dalla mia porta è il benvenuto». Lo hanno trascinato fuori, lo hanno colpito al volto, gli hanno sparato due colpi alla testa e se ne sono andati. Oggi la sua tomba, nella città vecchia di Homs, «è diventata un santuario, meta di pellegrinaggio per i cristiani che sono tornati in questo quartiere devastato».
“Emmanuele, che significa Dio con noi”. Sì, Dio è con noi! Finora, egli era “Dio al di sopra di noi”, “Dio di fronte a noi”, ma oggi egli è “Emmanuele”. Oggi è Dio con noi nella nostra natura, con noi nella sua grazia; con noi nella nostra debolezza, con noi nella sua bontà; con noi nella nostra miseria, con noi nella sua misericordia; con noi per amore, con noi per legami di parentela, con noi per tenerezza, con noi per compassione.
Dio è con noi! Non avete potuto, voi figli di Adamo, salire in cielo per essere con Dio (cfr Dt 3,12); Dio scende dal cielo per essere Emmanuele, Dio con noi. Viene da noi per essere Emmanuele, Dio con noi, e noi ci dimentichiamo di andare a Dio per essere con lui! “Fino a quando, o uomini, sarete duri di cuore? Perché amate cose vane e cercate la menzogna?” (Sal 4,3). Ecco, è venuta la verità; “perché amate cose vane? ” Ecco, è venuta la parola vera e inalterabile: “perché cercate la menzogna?” Ecco il Dio con noi.
Come potrebbe esser con me più di così? Piccolo come me, debole come me, nudo come me, povero come me – in tutto è divenuto simile a me, prendendo ciò che è mio e donando ciò che è suo. Giacevo morto, senza voce, senza sensi; persino la luce dei miei occhi non era più con me. È sceso oggi, quest’uomo grandissimo, questo “profeta potente in opere e parole” (Lc 24,19). “Pose la faccia sulla mia faccia, la bocca sulla mia bocca, le mani sulle mie mani” (2 Re 4,34) e si è fatto Emmanuele, Dio con noi!
Sant'Aelredo di Rievaulx (1110-1167), monaco cistercense inglese
NOVENA DI NATALE
PER LA SANTIFICAZIONE DEI SACERDOTI
24 DICEMBRE
Venite adoriamo il Re Signore che sta per venire.
Quando sarà sorto il sole nel cielo vedrete il Re dei re, che procede dal Padre, come sposo che sorge dal suo riposo.
Venite adoriamo il Re Signore che sta per venire.
“Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia”. (Lc 2,16)
“Se Dio ci ha tanto amati da farsi uomo con noi come potremo non amarci a vicenda, fino a condividere con gli altri ciò che a ciascuno è dato per la gioia di tutti? Solo l’amore che si fa dono può trasformare la faccia del nostro pianeta, volgendo le menti e i cuori a pensieri di fraternità e di pace”. (San Giovanni Paolo II)
PREGHIAMO
Signore, “mettiti come sigillo” sul cuore dei tuoi sacerdoti, perché si mantengano fedeli alla loro vocazione e ti attendano con lo stesso amore di una sposa che attende lo sposo. Per questo ti preghiamo, ascoltaci.
Padre nostro * Ave Maria * Gloria al Padre
Ripeti 10 volte “Gesù Bambino, donaci numerosi e santi sacerdoti”.
NOVENA DI NATALE PER LA SANTIFICAZIONE DEI SACERDOTI
23 DICEMBRE
Venite adoriamo il Re Signore che sta per venire.
O Emmanuel, nostro re e legislatore,
speranza delle genti, e loro Salvatore:
vieni e salvaci, Signore, nostro Dio.
«Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (Mt 2,2)
“La cura che poniamo per rendere più splendenti le nostre strade e le nostre case ci spinga ancora di più a predisporre il nostro animo ad incontrare Colui che verrà a visitarci, che è la vera bellezza e la vera luce. Purifichiamo quindi la nostra coscienza e la nostra vita da ciò che è contrario a questa venuta: pensieri, parole, atteggiamenti e azioni, spronandoci a compiere il bene e a contribuire a realizzare in questo nostro mondo la pace e la giustizia per ogni uomo e a camminare così incontro al Signore.” (Benedetto XVI)
PREGHIAMO
Signore, tu sei l’Emmanuele, cioè il Dio con noi. Fa’ che i Tuoi sacerdoti ti sentano vicino nei giorni lieti e in quelli tristi e sappiano comunicare ai fedeli una grande fiducia nella tua premurosa e amorosa Presenza in tutte le vicende della loro vita. Amen
Padre nostro * Ave Maria * Gloria al Padre
Ripeti 10 volte “Gesù Bambino, donaci numerosi e santi sacerdoti”.
21 DICEMBRE
Venite adoriamo il Re Signore che sta per venire.
O Astro Sorgente, splendore di luce eterna,
e sole di giustizia: vieni ed illumina
chi è nelle tenebre e nell'ombra della morte.
Venite adoriamo il Re Signoreche sta per venire.
“«Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù”. (Mt 1,20-21)
“Ognuno di noi può darGli del tu; ognuno può chiamarLo. Il Signore si trova sempre a portata di voce. Possiamo allontanarci da Lui interiormente. Possiamo vivere voltandoGli le spalle. Ma Egli ci aspetta sempre, ed è sempre vicino a noi.” (Benedetto XVI)
PREGHIAMO
Salve, custode del Redentore e sposo della Vergine Maria. A te Dio affidò il suo Figlio; in te Maria ripose la sua fiducia; con te Cristo diventò uomo. O Beato Giuseppe, mostrati padre anche per i Sacerdoti e guidali nel cammino della vita. Ottieni loro grazia, misericordia e coraggio, e difendili da ogni male. Amen.
Padre nostro * Ave Maria * Gloria al Padre
Ripeti 10 volte “Gesù Bambino, donaci numerosi e santi sacerdoti”.
NOVENA DI NATALE PER LA SANTIFICAZIONE DEI SACERDOTI
20 DICEMBRE
Venite adoriamo il Re Signore che sta per venire.
O Chiave di David, e scettro della casa di Israele,
che apri e nessuno chiude, chiudi e nessuno apre:
vieni e libera lo schiavo dal carcere,
chi è nelle tenebre e nell'ombra della morte
Venite adoriamo il Re Signore che sta per venire.
“Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo»!” (Lc 1,42)
“La gloria di Dio non si manifesta nel trionfo e nel potere di un re, non risplende in una città famosa, in un sontuoso palazzo, ma prende dimora nel grembo di una vergine, si rivela nella povertà di un bambino. L’onnipotenza di Dio, anche nella nostra vita, agisce con la forza, spesso silenziosa, della verità e dell’amore. La fede ci dice, allora, che l’indifesa potenza di quel Bambino alla fine vince il rumore delle potenze del mondo.” (Benedetto XVI)
PREGHIAMO
O Gesù, Signore della Gloria, fatto uomo per noi,
noi ti preghiamo e supplichiamo di ravvivare nei tuoi Sacerdoti il fuoco del santo amore e di distaccare i loro affetti da ciò che è male ai tuoi occhi e dietro al quale si perde il loro debole cuore.
Vieni presto a salvarli e a salvarci, nascendo in noi spiritualmente e infiammandoci dell’amore che viene da Te. Amen
Padre nostro * Ave Maria * Gloria al Padre
Ripeti 10 volte “Gesù Bambino, donaci numerosi e santi sacerdoti”.
NOVENA DI NATALE
PER LA SANTIFICAZIONE
DEI SACERDOTI
19 DICEMBRE
Venite adoriamo il Re Signore che sta per venire.
O Radice di Jesse,che sei un segno per i popoli,
innanzi a te i re della terra non parlano,
e le nazioni ti acclamano:vieni e liberaci,non fare tardi.
Venite adoriamo il Re Signoreche sta per venire.
“Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei”. (Lc 1,38)
“La grazia che è apparsa nel mondo è Gesù, nato dalla Vergine Maria, vero uomo e vero Dio. Egli è venuto nella nostra storia, ha condiviso il nostro cammino. È venuto per liberarci dalle tenebre e donarci la luce. In Lui è apparsa la grazia, la misericordia, la tenerezza del Padre: Gesù è l’Amore fattosi carne”. (Papa Francesco)
O Gesù, Maestro Amabile Verità,noi ti supplichiamo di donarci Sacerdoti che, come Maria, sappiano fare la tua volontà e insegnino anche a noi a camminare nella via della salvezza,senza deviarne mai, formando in noi un cuore docile e operoso nel bene.
Amen
Padre nostro * Ave Maria * Gloria al Padre
Ripeti 10 volte “Gesù Bambino, donaci numerosi e santi sacerdoti”.
18 DICEMBRE
Venite adoriamo il Re Signore che sta per venire.
O Signore, guida della casa d’Israele,che sei apparso a Mosè nel fuoco del roveto,e sul monte Sinai gli hai dato la legge:
vieni a liberarci con braccio potente.
Venite adoriamo il Re Signore che sta per venire.
“L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”. (Lc 1,30-31)
“Lungo il cammino della storia, la luce che squarcia il buio ci rivela che Dio è Padre e che la sua paziente fedeltà è più forte delle tenebre e della corruzione. In questo consiste l’annuncio della notte di Natale”. (Papa Francesco)
Gesù, da oggi innanzi tu sarai l’unico nostro tesoro ed ogni nostro bene. Ti diremo con sant’Ignazio di Loyola: «Dammi l’amor tuo, dammi la tua grazia, e sono ricco abbastanza. Niente più voglio, niente desidero, tu solo mi basti, Gesù mio, vita mia, amore mio»
.
PREGHIAMO
O Gesù, vero Dio fatto uomo per amore nostro, noi ti preghiamo di infondere nel cuore dei nostri Sacerdoti una grande venerazione della divina maestà,affinché pieni di timor di Dio si guardino bene dall’offendere Colui che li ha creati e redenti e insegnino anche al popolo cristiano a fare altrettanto. Amen
Padre nostro * 10 Ave Maria * Gloria al Padre
Ripeti 10 volte “Gesù Bambino, donaci numerosi e santi sacerdoti”.
17 DICEMBRE
Venite adoriamo il Re Signore che sta per venire.
O Sapienza, che esci dalla bocca dell’Altissimo,
ti estendi ai confini del mondo,e tutto disponi con soavità’ e con forza:
vieni, insegnaci la via della saggezza.
Venite adoriamo il Re Signore che sta per venire.
“Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato; i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!” (Lc 4b-6)
”il Natale celebra come l’entrare di Dio nella storia facendosi uomo per riportare l’uomo a Dio: segna, per così dire, il momento iniziale, quando si intravede il chiarore dell’alba. Ma proprio come l’alba precede e fa già presagire la luce del giorno, così il Natale annuncia già la Croce e la gloria della Risurrezione.” (Benedetto XVI)
Sei venuto a cercare noi pecorelle perdute, affinché non fuggiamo più da te e ti amiamo. Ah Gesù, nostro tesoro, nostra vita, nostro amore, nostro tutto, solo te vogliamo amare.
PREGHIAMO
O Gesù, Sapienza Incarnata per amore nostro, noi ti preghiamo di illuminare la mente dei nostri sacerdoti e di sgomberare da loro quelle tenebre in cui le passioni e i peccati le tengono imprigionate. Vieni presto a salvarli e a salvarci rischiarando tutti con la tua luce divina. Amen.
Padre nostro * 10 Ave Maria * Gloria al Padre
Ripeti 10 volte “Gesù Bambino, donaci numerosi e santi sacerdoti”.
16 DICEMBRE
Venite adoriamo il Re Signore che sta per venire.
Godi, figlia di Sion, esulta figlia di Gerusalemme:
ecco il Signore verrà, ed in quel giorno vi sarà grande luce, i monti stilleranno dolcezza, e dai colli scorrerà latte e miele, perché verrà un gran profeta, e rinnoverà Gerusalemme.
Venite adoriamo il Re Signoreche sta per venire
“Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”. (Is 7,14)
“Nel Natale noi incontriamo la tenerezza e l’amore di Dio che si china sui nostri limiti, sulle nostre debolezze, sui nostri peccati e si abbassa fino a noi.”( Benedetto XVI)
O Figlio di Dio, ti sei fatto uomo per farti amare dagli uomini, ma dov’è l’amore che gli uomini ti portano? Tu hai dato il Sangue e la Vita per salvare le anime nostre, e noi siamo così irriconoscenti che, invece di amarti, ti disprezziamo con tanta ingratitudine.
PREGHIAMO
Padre, siamo in attesa del Natale ma anche di Sacerdoti santi che ci guidino con fede e amore ad incontrare il Tuo figlio Gesù, che Tu hai mandato nel mondo perché ognuno si salvi. C’è tanta confusione intorno a noi e pertanto abbiamo bisogno di guide sicure che illuminino il nostro cammino. Ti preghiamo, ascoltaci e chiama tanti giovani al ministero sacerdotale.
Padre nostro * 10 Ave Maria * Gloria al Padre
Ripeti 10 volte “Gesù Bambino, donaci numerosi e santi sacerdoti”.
Domani 16 dicembre 2022 avrà inizio la Novena di Natale: un percorso fatto di preghiera che accompagna i fedeli nei nove giorni che precedono la solennità del Natale ovvero dal 16 al 24 dicembre ed è composta da diversi testi che aiutano i fedeli a prepararsi spiritualmente alla nascita di Gesù.
Questa pia pratica quest’anno compie 302 anni. Infatti essa venne eseguita per la prima volta nel 1720 dai missionari vincenziani di Torino nella Chiesa dell’Immacolata.
Da allora ogni anno i fedeli si riuniscono per condividere questo momento di grande attesa. La tradizione attribuisce a padre Carlo Antonio Vacchetta la redazione dei testi e della musica.
Grazie alle missioni popolari portate avanti dai vincenziani, la Novena fu diffusa in Piemonte, e da qui in tutta Italia. La diffusione fu facilitata dal fascino del suo canto e dalla semplicità della melodia.
A favorirne la devozione e la diffusione fu Gabriella Marolles delle Lanze, marchesa di Caluso. Questa, rimasta vedova, era venuta ad abitare nei pressi della casa dei vincenziani di Torino e, frequentando la chiesa dell'Immacolata, restò particolarmente commossa dalle funzioni di preparazione al Natale, per cui stabilì nel suo testamento che si facesse "ogni anno et in perpetuo la suddetta Novena".
Pur non essendo "preghiera ufficiale" della Chiesa, essa costituisce un momento molto significativo nella vita delle comunità cristiane e proprio perché non è una preghiera ufficiale può essere realizzata secondo diverse usanze. La più famosa è la novena tradizionale nella notissima melodia gregoriana nata sul testo latino ma diffusa anche nella versione italiana.
Lo scopo di essa è suscitare nei fedeli un atteggiamento di interesse, di fervore, di entusiasmo, di attesa fervorosa di Colui che è l’eterno Veniente e il desiderio di adorarlo.
Viviamo questi giorni con grande fervore.
SAN GIOVANNI DELLA CROCE
SACERDOTE E DOTTORE DELLA CHIESA, DEFINITO DA SANTA TERESA:
"IL MIO PICCOLO SENECA"
Nell’immaginario collettivo la grandezza di un uomo viene misurata e ammirata non solo per come ha saputo vivere la propria avventura umana, ma anche per il modo in cui ha affrontato le ore del supremo transito dagli affanni della vita mortale “all’altra riva” quella di Dio.
Il momento della propria morte: quello delle scelte definitive, cioè della “crisi” finale, che fa paura a tutti. Giovanni della Croce sul letto di morte, ai suoi confratelli che gli leggevano le preghiere dei moribondi, chiese qualcosa di più “allegro”: domandò espressamente qualche versetto del Cantico dei Cantici, un bellissimo e travolgente poema d’amore dell’Antico Testamento (che lui ben conosceva). Non andava forse incontro all’Amore?
Allora ci voleva qualcosa di più appropriato. Dopo la lettura Giovanni finì il cammino terreno pregando le parole “Nelle tue mani, Signore, affido, il mio spirito”. Cioè nelle mani di Dio Amore, per il quale era vissuto, aveva lavorato e sofferto, per quel Dio che lui aveva amato, predicato e cantato. Alcuni anni prima aveva scritto la poesia “Rompi la tela ormai al dolce incontro”. Ecco che cosa era la morte per lui: un “dolce incontro” con Dio Amore. Aveva 49 anni tutti spesi per Dio.
Numerosi sono i riconoscimenti avuti dai posteri. Prima cosa, e non è poco, è un Santo. Ma non solo: è Dottore della Chiesa (Dottore Mistico), cioè Maestro riconosciuto nelle cose di Dio. È un grande maestro di spiritualità valido ancora oggi. Ha anche il merito di essere stato un valido collaboratore di Teresa d’Avila (anch’essa Santa e Dottore della Chiesa) nella Riforma Carmelitana. Ma non basta. Per le sue poesie si è guadagnato un posto nella letteratura spagnola. È stato riconosciuto come “il più santo dei poeti spagnoli, e il più poeta dei Santi”.
I primi anni
Giovanni nacque a Fontiveros non lontano da Avila nel 1542 in una famiglia ricca di amore ma povera di mezzi materiali. È interessante notare il perché di tutto questo. Il padre, Gonzalo de Yepes, apparteneva ad una nobile e ricca famiglia di Toledo. Nei suoi viaggi d’affari incontrò Caterina, una tessitrice, orfana, povera e bella. Innamoratosi di lei, la sposò, per amore e contro la dura volontà dei parenti, ricchi, che per questo lo diseredarono. Gonzalo così diventò poverissimo, tanto che è Caterina stessa ad accoglierlo nella sua casetta, e ad insegnargli il mestiere di tessitore. Il loro matrimonio d’amore fu allietato dalla nascita di tre figli.
L’amore tra loro era grande, ma anche la povertà. Giovanni, il terzogenito, rimase presto orfano: Caterina dopo aver ricevuto uno sdegnoso rifiuto di aiuto dai parenti del marito, cercò lavoro a Medina del Campo, importante centro commerciale. Qui Giovanni fece i suoi primi studi e nello stesso tempo accettò di fare dei piccoli lavori: fu così apprendista sarto, falegname, intagliatore e pittore. Fece anche l’infermiere, sempre amorevole con i malati: in questo modo si pagava gli studi che contemporaneamente faceva nel collegio dei Gesuiti. Terminati brillantemente questi, nel 1563 entrò nell’Ordine Carmelitano: era ormai Fra Giovanni di San Mattia.
L’incontro con Teresa
Proprio per la sua intelligenza e la serietà di vita, i superiori lo inviarono a Salamanca, nella famosa Università. Qui Giovanni non solo crebbe nella conoscenza della filosofia e teologia, ma intensificò anche la propria vita spirituale, fatta di preghiera, di lunghe ore di contemplazione davanti al tabernacolo e di ascesi pratica. Si sentiva portato alla vita contemplativa ed è per questo che stava meditando di cambiare Ordine ed entrare tra i Certosini.
Ma poco prima di essere ordinato sacerdote, ecco l’incontro provvidenziale con una affascinante monaca carmelitana di nome Teresa di Gesù, di quasi trent’anni più di lui. Questa era una donna dalla forte personalità arrivata ormai alla piena maturità spirituale. Vi era giunta attraverso un lungo travaglio vocazionale e spirituale e proprio in quegli anni stava lavorando con successo alla riforma delle Carmelitane. In quel periodo stava anche pensando di estendere la riforma al ramo maschile dell’Ordine. Questo era molto importante per Teresa, perché gli uomini potevano legare la contemplazione del mistero di Dio alla missione. Potevano lavorare cioè non solo alla propria santificazione nel chiuso del convento ma anche per quella degli altri. Teresa espose a Giovanni il proprio progetto di riforma e gli chiese nello stesso tempo di soprassedere alla decisione di cambiare ordine. E questi accettò.
Nel 1568, Teresa finalmente riuscì a fondare il primo convento maschile, a Duruelo, presso Avila. Giovanni (che da questo momento si chiamerà Giovanni della Croce) iniziava così una forma di vita religiosa, condividendo con Teresa l’ideale di riforma della vita carmelitana. Anzi fu lei stessa a cucirgli il primo saio di lana grezza. Nascevano così i Carmelitani Scalzi.
In prigione a pane e acqua
Nel 1572, Teresa venne nominata priora del grande convento di Avila (non riformato), con 130 monache, alcune delle quali erano poco sante e molto turbolente. E volle accanto a sé per la loro rieducazione spirituale proprio Giovanni della Croce: confessore e direttore spirituale delle monache. I risultati spirituali furono brillanti grazie all’opera congiunta dei due santi riformatori. Ma nello stesso tempo, erano cresciuti anche i rancori e l’opposizione di alcuni carmelitani non riformati, che remavano contro questa riforma. E ben presto si fecero sentire, duramente e dolorosamente, attraverso un tragico intreccio fatto di incomprensioni, giochi di potere, dispute sulla giurisdizione religiosa, ambizioni personali mascherate da argomenti teologici e difficoltà di comunicazione (lettere in ritardo).
Ma mentre Teresa (che aveva protettori molto in alto, addirittura in Filippo II) non venne toccata, la cattiveria umana si scatenò contro il povero Giovanni. Per ordine superiore, sotto l’accusa di essere un frate ribelle e disobbediente, fu arrestato e incarcerato in un convento a Toledo. Gli lasciarono in mano solo il breviario. Fu maltrattato, umiliato e segregato in un’angusta prigione, con poca luce e molto freddo. Nove mesi di prigione: a pane e acqua (e qualche sardina), con una sola tonaca che gli marciva addosso, con il supplemento di sofferenza (flagellazione) ogni venerdì nel refettorio davanti a tutti.
Divorato dalla fame e dai pidocchi, consumato dalla febbre e dalla debolezza, dimenticato da tutti. Ma non da Teresa (che protestò vigorosamente anche in alto, ma invano) e tanto meno da Dio. Sì Dio non solo non lo aveva dimenticato, anzi era sempre stato con lui, con la sua grazia. Giovanni sapeva che anche nella notte della prigione Dio era nel suo cuore, presentissimo in ogni istante.
E il miracolo avvenne. In una situazione che per molti versi e per molte persone poteva essere di collasso psico fisico e di naufragio spirituale, Giovanni della Croce (possiamo immaginare per un “input” dall’alto) compose, con materiale biblico, le più calde e trascinanti poesie d’amore, ricche di sentimenti, di immagini e di simboli. Vivendo in Dio e di Dio anche in quelle circostanze, egli attingeva così a Lui, fonte perenne di ogni novità e creatività, “anche se attorno era notte”.
Maestro di vita spirituale
Alla vigilia dell’Assunta del 1578, fuggì coraggiosamente dal carcere, rischiando seriamente la vita, qualora fosse stato preso.
Le sofferenze inaudite di 9 mesi di carcere non furono vane. Infatti, due anni dopo, i Carmelitani Scalzi ottennero il riconoscimento da Roma, che significava autonomia. Giovanni della Croce era finalmente libero di espletare il suo ministero con tutte le sue qualità di cui era dotato, influendo positivamente tutti: confratelli e monache Carmelitane (e molti laici) che lo conobbero o che lo ebbero come superiore o come confessore e direttore spirituale, negli anni seguenti fino alla morte.
Fu inviato anche al sud della Spagna, in Andalusia, dove il clima, la natura, l’assenza di contrasti e il successo della riforma di Teresa di Gesù (e sua) gli diedero il tempo e l’ispirazione per comporre la maggior parte delle opere di spiritualità, tanto da farne uno dei grandi maestri nella Chiesa.
Tra i suoi scritti ricordiamo, oltre il già citato Cantico Spirituale in poesia, la Salita al Monte Carmelo e la Notte Oscura. Pur avendo una solida formazione filosofica e teologica (il che lo aiutava certamente), ciò che Giovanni ha scritto non è tanto il risultato di sistematiche ricerche in biblioteca quanto il frutto della propria esperienza ascetica e spirituale.
Due tappe per crescere
È stato ed è un maestro di mistica perché fu lui stesso, nelle vicende gioiose e tristi della sua vita, un mistico. La fatica della salita del monte del Signore e la notte oscura delle difficoltà spirituali in questa aspra ascesa Giovanni le conosceva per esperienza. Ora, da essa arricchito e maturato, la proponeva agli altri, a noi.
Per Giovanni della Croce l’uomo è essenzialmente un essere in cammino, in perenne ricerca: di Dio naturalmente, essendo stato fatto da Lui e per Lui. Questo ritorno verso Dio egli lo immagina come la salita di una montagna, il Monte Carmelo, che rappresenta simbolicamente la vetta mistica, cioè Dio stesso nel suo amore e nella sua gloria. Per arrivare alla meta che è l’unione d’amore trasformante con Dio (o santità cristiana) l’uomo deve affrontare con coraggio e pazienza le due fasi o tappe, della educazione dei sensi (notte dei sensi) e del rinnovamento del proprio spirito (notte dello spirito) ambedue esperienze misteriose e dolorose di spoliazione interiore.
Con la notte dei sensi (attraverso un duro ed esigente impegno ascetico) l’anima si libera dall’attaccamento disordinato catturante e spiritualmente paralizzante delle cose sensibili, dal modo di giudicare e di scegliere basati sul proprio egoismo e sul proprio interesse immediato, sull’utilitarismo quotidiano nei rapporti interpersonali, sulle comodità di ogni genere e sull’abbondanza superba e gaudente. L’uomo dei sensi e quello totalmente prigioniero di un’unica prospettiva, quella terrena, difficilmente capirà le esigenze di Dio e del Vangelo.
Con la notte dello spirito invece ci si affranca dalle false certezze e dai falsi assoluti della propria intelligenza, affidandosi così totalmente e liberamente a Dio, attraverso l’esercizio delle virtù teologali, quali la fede e la speranza in Cristo, e la carità verso Dio e il prossimo. Si tratta del passaggio doloroso e lungo tanto che può durare tutta la vita dall’uomo “vecchio” all’uomo “nuovo”, da quello “terreno” a quello “spirituale”, da quello mosso dall’egoismo (la carne) a quello sospinto e motivato dallo Spirito, di cui parla San Paolo: un morire per rinascere in Cristo.
Farsi nulla per Dio per essere tutto in Lui
Giovanni della Croce parla di rinunce, di lasciare tutto, di nulla (quali sono le cose rispetto a Dio), di salita, di notte oscura, tutta una terminologia che caratterizza la vita spirituale secondo lui come un lavoro (di auto correzione e autocontrollo nelle proprie azioni e decisioni), un impegno serio, una fatica dura, una ascesi costosa, graduale e continua... che non si può realizzare dall’oggi al domani. Giovanni della Croce non comprende (e scoraggia) quelli che “scalpitano tanto... che vorrebbero essere santi in un giorno”. Non è possibile. Allora come oggi. Egli afferma che se l’anima vuole il Tutto (Dio), deve impegnarsi a lasciare tutto e a voler essere niente:
“Per giungere dove non sei, devi passare per dove non sei. Per giungere a possedere tutto, non volere possedere niente. Per giungere ad essere tutto, non volere che essere niente”.
Naturalmente per Giovanni la parola più importante in questo discorso spirituale non è rinuncia ma amore. Per lui non si tratta tanto di lasciare o rinunciare a qualcosa ma di amare Qualcuno. Egli invita a lasciare amori piccoli per un amore più grande anzi per l’Amore Totale che è Dio Trinità. Amore è la parola decisiva: amore di Dio per noi, amore della creatura per Dio, visto come risposta alla nostra ricerca di amore, fino a consumarsi nel Dio Amore (unione sponsale o mistica). E Giovanni della Croce si è consumato nell’amore per Dio Amore fino alla fine che arrivò il 14 dicembre 1591 in Andalusia, a Ubeda.
Ad una monaca che gli aveva scritto accennando alle difficoltà che egli aveva sofferto rispose:
“Non pensi ad altro se non che tutto è disposto da Dio. E dove non c’è amore, metta amore e ne riceverà amore”.
Un consiglio decisamente valido ancora oggi, per tutti.
Autore:Mario Scudu sdb
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La Vergine sceglie come suo interlocutore un "povero indio", Juan Diego, nato verso il 1474 e morto nel 1548 a Guadalupe, che prima di convertirsi al cattolicesimo portava un affascinante nome azteco, Cuauhtlotatzin, che sta a significare "colui che grida come un’aquila".
Varie fonti ci tramandano i dati biografici del veggente del Tepeyac: egli è un macehual, cioè un uomo del popolo, piccolo coltivatore diretto in un modesto villaggio.
La mattina del 9 dicembre 1531, mentre sta attraversando la collina del Tepeyac per raggiungere la città, l’indio e’ attratto da un canto armonioso di uccelli e dalla visione dolcissima di una Donna che lo chiama per nome con tenerezza. La Signora gli dice di essere "la Perfetta Sempre Vergine Maria, la Madre del verissimo ed unico Dio" e gli ordina di recarsi dal vescovo a riferirgli che desidera le si eriga un tempio ai piedi del colle. Juan Diego corre subito dal vescovo, ma non viene creduto.
Tornando a casa la sera, incontra nuovamente sul Tepeyac la Vergine Maria, a cui riferisce il suo insuccesso e chiede di essere esonerato dal compito affidatogli, dichiarandosene indegno.
La Vergine gli ordina di tornare il giorno seguente dal vescovo, che, dopo avergli rivolto molte domande sul luogo e sulle circostanze dell’apparizione, gli chiede un segno. La Vergine promette di darglielo l'indomani. Ma il giorno seguente Juan Diego non può tornare: un suo zio, Juan Bernardino, è gravemente ammalato e lui viene inviato di buon mattino a Tlatelolco a cercare un sacerdote che confessi il moribondo; giunto in vista del Tepeyac decide perciò di cambiare strada per evitare l’incontro con la Signora.
Ma la Signora è là, davanti a lui, e gli domanda il perchè di tanta fretta. Juan Diego si prostra ai suoi piedi e le chiede perdono per non poter compiere l’incarico affidatogli presso il vescovo, a causa della malattia mortale dello zio. La Signora lo rassicura, suo zio è già guarito, e lo invita a salire sulla sommità del colle per cogliervi i fiori. Juan Diego sale e con grande meraviglia trova sulla cima del colle dei bellissimi "fiori di Castiglia": è il 12 dicembre, il solstizio d’inverno secondo il calendario giuliano allora vigente, e né la stagione né il luogo, una desolata pietraia, sono adatti alla crescita di fiori del genere. Juan Diego ne raccoglie un mazzo che porta alla Vergine, la quale però gli ordina di presentarli al vescovo come prova della verità delle apparizioni. Juan Diego ubbidisce e giunto al cospetto del presule, apre il suo mantello e all’istante sulla tilma si imprime e rende manifesta alla vista di tutti l'immagine della S. Vergine. Di fronte a tale prodigio, il vescovo cade in ginocchio, e con lui tutti i presenti. La mattina dopo Juan Diego accompagna il presule al Tepeyac per indicargli il luogo in cui la Madonna ha chiesto le sia innalzato un tempio. Nel frattempo l'immagine, collocata nella cattedrale, diventa presto oggetto di una devozione popolare che si è conservata ininterrotta fino ai nostri giorni. La Dolce Signora che si manifestò sul Tepeyac non vi apparve come una straniera. Ella infatti si presenta come una meticcia o morenita, indossa una tunica con dei fiocchi neri all’altezza del ventre, che nella cultura india denotavano le donne incinte. E’ una Madonna dal volto nobile, di colore bruno, mani giunte, vestito roseo, bordato di fiori. Un manto azzurro mare, trapuntato di stelle dorate, copre il suo capo e le scende fino ai piedi, che poggiano sulla luna. Alle sue spalle il sole risplende sul fondo con i suoi cento raggi. L'attenzione si concentra tutta sulla straordinaria e bellissima icona guadalupana, rimasta inspiegabilmente intatta nonostante il trascorrere dei secoli: questa immagine, che non è una pittura, né un disegno, né è fatta da mani umane, suscita la devozione dei fedeli di ogni parte del mondo e pone non pochi interrogativi alla scienza, un po’ come succede ormai da anni col mistero della Sacra Sindone.
La scoperta più sconvolgente al riguardo è quella fatta, con l'ausilio di sofisticate apparecchiature elettroniche, da una commissione di scienziati, che ha evidenziato la presenza di un gruppo di 13 persone riflesse nelle pupille della S. Vergine: sarebbero lo stesso Juan Diego, con il vescovo e altri ignoti personaggi, presenti quel giorno al prodigioso evento in casa del presule. Un vero rompicapo per gli studiosi, un fenomeno scientificamente inspiegabile, che rivela l'origine miracolosa dell'immagine e comunica al mondo intero un grande messaggio di speranza. Nostra Signora di Guadalupe, che appare a Juan Diego in piedi, vestita di sole, non solo gli annuncia che è nostra madre spirituale, ma lo invita – come invita ciascuno di noi - ad aprire il proprio cuore all'opera di Cristo che ci ama e ci salva.
Preghiera alla Madonna
di Loreto
Accendi, o Maria, la lampada della fede
in ogni casa d'Italia e del mondo.
Dona ad ogni mamma e ad ogni padre
il tuo limpido cuore,
affinché riempiano la casa della luce
e dell'amore di Dio.
Aiutaci, o Madre del sì,
a trasmettere alle nuove generazioni
la Buona Notizia che Dio ci salva in Gesù,
donaci il Suo Spirito d'Amore.
Fa' che in Italia e nel mondo
non si spenga mai il canto del Magnificat,
ma continui di generazione in generazione
attraverso i piccoli e gli umili,
i miti, i misericordiosi e i puri di cuore
che fiduciosamente attendono il ritorno di Gesù,
frutto benedetto del tuo seno.
O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria!
Amen.
RIFLESSIONE DI DICEMBRE 2022
L’AVVENTO E IL SACERDOTE
La parola d’ordine per il tempo dell’Avvento è: “Vegliate!”.
«Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo». (Lc 21,25-28,34-36)
“Vegliate!”. È una raccomandazione che Gesù rivolge ai suoi discepoli di ogni tempo e di ogni luogo, ma in modo particolare la rivolge al Sacerdote. Vegliare, sorvegliare, stare in guardia, tenere d’occhio: questo verbo occupa tutta intera l’esistenza del prete, il quale non può mai permettersi di abbassare la guardia, perché è l’uomo della vigilanza.
Vigilare sul gregge è il compito proprio del pastore, ma prima che sul gregge il pastore deve vigilare su se stesso, come raccomanda san Paolo ai presbiteri di Efeso: «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio… Vigilate!» (At 20,28.31).
Vigilare su se stesso, per il pastore, significa “ravvivare” il fuoco del dono di Dio che è in lui «mediante l’imposizione delle mani» (2Tm 1,6). Deve cioè riattizzare il fuoco sepolto sotto la cenere, la cenere dell’assuefazione, dell’abitudine che rischia di far andare il pastore “in automatico”. Un rischio che può essere superato solo se il pastore vigila costantemente sul fuoco acceso nel suo cuore il giorno dell’ordinazione.
Ed ecco allora per lui il bisogno di porsi le domande decisive della vita: “Quali sono i miei desideri più profondi? Quali attese orientano e determinano le mie scelte quotidiane? Chi e cosa attendo? E se non aspetto Colui che deve venire, se la mia vita non è protesa all’incontro con il Signore, che non tarderà, vuol dire che il fuoco della mia identità di prete è spento e va necessariamente riattizzato”.
Il Signore vuole sacerdoti innamorati, non funzionari; non cerca impiegati, ma discepoli infuocati e ardenti.
Purtroppo, spesso il Sacerdote deve constatare che, nonostante gli sforzi, ha ancora tanto cammino da fare e può dire con San Paolo: «Non ho certo raggiunto la meta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la meta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù» (Fil 3,12-14).
Vigilare sì, su stessi ma anche sul gregge. «Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce». (Pt 5, 2-4)
«I pastori – diceva s. Agostino – devono essere messi in guardia dalle parole che Cristo ripete con insistenza: Mi ami tu? Pasci le mie pecore (cf. Gv 21,17); che significano: Se mi ami, non pensare a pascere te stesso, ma pasci le mie pecore, e pascile come mie, non come tue; cerca in esse la mia gloria non la tua, il mio dominio non il tuo, il mio guadagno non il tuo» (Tratt. 123,5).
Come il Battista, il sacerdote dovrebbe sempre ricordare a se stesso: “Io sono soltanto una voce che grida”, perché l’evangelizzatore proclama soltanto ciò che lui per primo ha ricevuto, di cui resta sempre servo e da cui dipende la sua stessa vita.
Chiediamo al Signore di rinnovare nei Sacerdoti l’amore per la Chiesa e per il deposito della fede che essa custodisce, di renderli responsabili nella custodia del gregge e da parte nostra sosteniamoli con la preghiera perché manifestino la fermezza e la tenerezza del Buon Pastore.